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Una nuotata a Tel Aviv

Tel Aviv, Israele, giugno 2018. (Amir Cohen, Reuters/Contrasto)

Sabato sera ho ricevuto una richiesta insolita da una sconosciuta: aveva appena trovato sulla spiaggia di Tel Aviv la carta magnetica di un palestinese di Nablus. Potevo trovarlo? Le scritte erano ancora chiare, quindi doveva averla persa da poco. La carta magnetica è un documento d’identità in più che i palestinesi sono invitati a portare con sé ed è emessa dalle autorità israeliane. La carta d’identità normale è stampata dall’Autorità palestinese, ma tutti i dettagli devono combaciare con quelli registrati dagli israeliani. La carta magnetica è stata “inventata” all’inizio della prima intifada, nel 1989, come autorizzazione per gli uomini che volevano uscire dalla Striscia di Gaza. Ora possono averla solo i palestinesi della Cisgiordania, per facilitarli nel lavoro e negli spostamenti.

Dodici ore dopo la sua prima email la donna mi ha chiesto se avevo trovato il ragazzo. “Nablus è grande”, le ho risposto, e poi ho chiamato il mio amico Jamil, un ex prigioniero politico, nato in un campo profughi e ora professore universitario. Dopo dieci minuti Jamil mi ha richiamato per dirmi che il ragazzo vive nel campo profughi di Balata. Un suo amico del ministero dell’interno stava facendo i controlli. “Dammi altri dieci minuti e trovo il suo numero di telefono”, mi ha assicurato Jamil.
La carta è ancora sulla mia scrivania. “Non è urgente”, mi ha detto il ragazzo, che ha 28 anni, piuttosto sorpreso. Il che mi fa pensare che non sta lavorando in Israele, era solo andato a farsi una nuotata.

(Traduzione di Francesca Gnetti)

Questa rubrica è uscita il 27 luglio 2018 nel numero 1266 di Internazionale, a pagina 21. Compra questo numero | Abbonati

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