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Hamas fa un passo verso la riconciliazione palestinese

Il primo ministro palestinese Rami Hamdallah a Gaza, 2 ottobre 2017. (Mohammed Salem, Reuters/Contrasto)

Era una condizione non sufficiente, ma essenziale. Per poter anche solo immaginare la riapertura di un negoziato di pace tra israeliani e palestinesi era indispensabile che le due grandi forze palestinesi, gli islamisti di Hamas e i moderati di Al Fatah, si riconciliassero. Ora questo scenario sembra diventato possibile.

Hamas, che ha assunto il controllo della Striscia di Gaza nel 2007 e la governa da allora, sembra aver accettato di farsi da parte e lasciare spazio al governo dell’Autorità Nazionale Palestinese, che ha sede a Ramallah, in Cisgiordania, ed è sotto la direzione di Al Fatah.

Il primo ministro palestinese, Rami Hamdallah, è stato ricevuto il 2 ottobre a Gaza. I suoi servizi dovrebbero riprendere il controllo di questa striscia costiera che fa parte dei Territori palestinesi. La situazione cambia radicalmente ora che gli islamisti hanno scelto di rinunciare alle prerogative acquisite dieci anni fa. Ma perché lo fanno?

Un accordo inevitabile
La risposta è semplice: erano ormai allo stallo. Dal 2007 Israele mantiene un blocco parziale nei confronti di Gaza e alla frontiera meridionale (l’unica) che separa la Striscia dall’Egitto, dove il presidente Abdel Fattah Al Sisi ha chiuso la porta ai palestinesi.

Protagonista del colpo di stato che ha fatto uscire di scena il presidente islamista eletto sull’onda della primavera araba, il nuovo capo dello stato egiziano non ha simpatia per i Fratelli musulmani, l’organizzazione a cui apparteneva il suo predecessore, e a cui s’ispira anche Hamas.

L’ostilità di Al Sisi nei confronti di Hamas nasce anche dal fatto che la Fratellanza aveva cercato di opporsi alle sue manovre sostenendo i gruppi estremisti islamici nel Sinai.

Questo non significa che andiamo spediti verso la ripresa dei negoziati di pace

Gaza era dunque stretta nella morsa israeloegiziana, a cui si aggiungevano le pressioni finanziarie dell’Autorità palestinese, che non voleva più pagare il conto della fornitura elettrica nella Striscia né i salari dei dipendenti pubblici. Gli islamisti dovevano per forza trovare un accordo. Avevano cominciato a farlo a maggio, scegliendo come capo un moderato, Ismail Haniyeh, e accettando (fatto senza precedenti) l’idea di uno stato palestinese all’interno delle frontiere del 1967 e non più esteso su tutta l’antica Palestina, Israele compreso.

Anche se non ha avuto conseguenze pratiche, questo cambio di orientamento è stato radicale, e ora Hamas ha deciso di lasciare spazio ad Al Fatah e di sostenere l’organizzazione che era stata guidata da Yasser Arafat e che intende porre le basi per la coesistenza con Israele.

Questo non significa che andiamo spediti verso la ripresa dei negoziati di pace. C’è ancora molta strada da fare. Prima di tutto sarà necessario capire se questa riconciliazione palestinese sarà confermata e soprattutto se il governo israeliano è disposto a sedersi al tavolo delle trattative. Ma resta il fatto che, quanto meno, è stato eliminato un ostacolo.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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