×

Fornisci il consenso ai cookie

Internazionale usa i cookie per mostrare alcuni contenuti esterni e proporti pubblicità in linea con le tue preferenze. Se vuoi saperne di più o negare il consenso, consulta questa pagina.

L’Ue deve aumentare il dialogo con i paesi dell’Europa orientale

Una manifestazione a Poznań, Polonia, il 23 luglio 2017. (Lukasz Cynalewski, Agencja Gazeta/Reuters/Contrasto)

Solo tre mesi fa la prima ministra polacca aveva parlato di “arroganza e inesperienza” dopo che Emmanuel Macron aveva dichiarato che la Polonia non merita di avere leader che rimettono in discussione lo stato di diritto spingendo il loro paese “ai margini della storia, del presente e del futuro dell’Europa”.

In quel momento era lecito preoccuparsi in vista dell’incontro in programma per il 23 novembre all’Eliseo, e invece la premier Beate Szydło è uscita sorridente dall’incontro, dichiarando che “non ci sono stati grandi screzi tra Francia e Polonia” e sottolineando che è perfettamente naturale che esistano “alcune divergenze.

In ogni caso l’evento suscita tre valutazioni. La prima è che esiste un metodo Macron, efficace tanto con Jean-Luc Mélenchon quanto con i nazionalisti polacchi. Questo metodo consiste nel dire pubblicamente e chiaramente quali sono i problemi, per poi passare, con estrema cortesia, a una manovra di riunificazione basata sugli interessi comuni. È un metodo apparentemente infallibile, perché non lascia spazio ai non detti, perché riserva sempre gradite sorprese e perché ci sono sempre interessi comuni capaci di unire.

Ritorno a vecchi splendori
La seconda lezione da trarre dall’incontro del 23 novembre è che paesi come la Polonia e l’Ungheria avrebbero troppo da perdere dall’uscita dall’Unione europea. Nazionalisti posizionati all’estrema destra, i governanti dei due paesi attaccano le istituzioni e le capitali europee, ma le loro economie hanno troppo bisogno dei fondi e del mercato comune per osare mettere davvero alla prova la pazienza dei loro partner.

La terza valutazione è che la Francia si trova oggi in una situazione che non viveva dagli anni del suo splendore. Certo, l’economia francese non ha superato quella tedesca, e Macron non ha gettato le basi di una federalizzazione del Medio Oriente. A prescindere dalla buona volontà del presidente, non siamo ancora arrivati a questo punto.

Tuttavia l’imprevedibilità di Donald Trump ha emarginato gli Stati Uniti, mentre la Brexit indebolisce sempre di più l’economia del Regno Unito (una delle tre potenze europee) e la Germania attraversa una crisi politica tipica dei tanto vituperati paesi del Mediterraneo. Dunque rimane la Francia, dove il presidente sta sfruttando questo momento di grande popolarità per affermarsi su tutti i fronti.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

pubblicità