×

Fornisci il consenso ai cookie

Internazionale usa i cookie per mostrare alcuni contenuti esterni e proporti pubblicità in linea con le tue preferenze. Se vuoi saperne di più o negare il consenso, consulta questa pagina.

Scompartimento n. 6, un road movie dolce e quasi sonnambulo

Scompartimento n. 6. (Juho Kuosmanen, Bim Distribuzione)

Un road movie dolce e quasi sonnambulo verso gli estremi dove alla fine si trova l’amore, quello più spirituale, e senza retorica. Arriva in sala Scompartimento n. 6, uno dei film più belli e piacevoli dell’ultimo festival di Cannes, presentato in concorso dove ha vinto il Gran premio speciale della giuria, terzo lungometraggio del finlandese Juho Kuosmanen e di cui la Movies Inspired aveva già portato in sala il bel La vera storia di Olli Mäki, anch’esso premiato a Cannes nella sezione Un certain regard.

Un road movie, abbiamo detto, ma che si svolge in gran parte in treno, nel freddo, verso il circolo polare artico, quindi anche un road movie artico, come sottolineato dalla produzione. Liberamente adattato dall’omonimo romanzo dell’autrice finlandese Rosa Liksom (edito da Iperborea), è ambientato negli anni novanta, con vecchi treni dai lunghi percorsi e vecchie auto. Laura, una giovane finlandese interpretata da Seidi Haarla, studente di archeologia in missione alla ricerca di petroglifi (disegni rupestri vecchi di diecimila anni), si ritrova nel vagone letto insieme a un giovane minatore russo, Ljoha, interpretato da Jurij Borisov. Il primo impatto non sarà dei più gradevoli, tanto da spingerla a tentare di cambiare scompartimento. Imprigionata nello scompartimento numero sei, per Laura, ma poi anche per Ljoha, sarà non solo un viaggio verso gli estremi ma anche di costante coabitazione con essi.

Il film è davvero un viaggio spazio-temporale: si transita verso il punto più estremo del freddo, verso la città russa di Murmansk, importante località portuale a poca distanza dal mare di Barents, ma in questo strano viaggio mobile e immobile insieme, il contrasto tra il movimento del treno e la semi-immobilità dei personaggi, alla quale si aggiunge quella delle numerose tappe, porta alla scoperta di altri mondi, di altre umanità, di un passato vicino e remoto.


Si pensa al Passaggio della linea (2007) di Pietro Marcello. Prima che il regista passasse a dirigere fiction e attori, con Martin Eden (e in attesa del suo musical francese con Louis Garrel), è stato autore di tanti documentari di poesia come questo. Il Passaggio della linea, che a suo tempo fu commercializzato da Internazionale in dvd, è un lungo viaggio notturno tra i vecchi treni espresso che ritrae un’umanità dimenticata, degli ultimi che il film rende primi. Ma il film, tra le altre cose impregnato della lezione più alta del cinema russo, sembrava anche un viaggio onirico nella memoria, nel tempo.

Questi ultimi due aspetti sono comuni a Scompartimento n. 6 che è anche un viaggio nella memoria e nel tempo di cui la macchina di teletrasporto è in qualche modo questo spazio angusto, lo scompartimento numero 6, che Laura a prima vista crede una prigione, e dove crede di essere stata messa in trappola.

Fin dall’inizio, con la questione archeologica, si evoca l’importanza della memoria come fondamentale questione identitaria, e una frase di Laura ne è il suggello: “Per conoscere te stesso, devi conoscere il tuo passato”.

Ma oltre al passato c’è il presente, magari quello a noi più lontano, l’uno e l’altro inscindibili. Il film è anche un piccolo viaggio di iniziazione alla vita e a mondi diversi, opposti. Lei, che tanto vorrebbe far parte del mondo colto e agiato degli archeologi, è espressione di cultura, sa disegnare, ritrarre; lui viene da ambienti umili, è un ragazzo semplice, con qualche evidente complesso d’inferiorità nei confronti delle classi sociali più abbienti, non sa assolutamente disegnare, e tuttavia, quando non beve e malgrado qualche volgarità, rivela presto un’anima buona e profonda che sa ascoltare. Lei ama ed è attratta dalle donne, lui è eterosessuale. Lungo il film succede l’imponderabile, quello che sembrava impossibile: Laura, che voleva cambiare scompartimento a ogni costo, non riesce più a fare a meno di quella compagnia rassicurante.

Il film ci invita a rovesciare le apparenze, perché chi sembra affidabile magari non lo è, e viceversa

Non diremo di più, fatto salvo che a ogni tappa è una scoperta di un’umanità povera ma degna, calda e generosa, e che ogni volta è poi bello ritornare a casa, cioè nello scompartimento numero sei. Il regista è di una rara bravura non solo nel costruire le situazioni giuste, supportato da dialoghi ottimi, essenziali e spesso diretti – e certo al riguardo è molto preferibile la versione originale tanto è intensa ed empatica la recitazione – ma anche nel captare momenti piccoli e nondimeno unici, rari: una vecchietta che vende cetrioli salati osservata dal vetro sporco, è un’inquadratura che, nella sua opacità, crea un effetto schermo-cinematografico da un lato, e un effetto fantomatico dall’altro. E che ritrae, incornicia qualcosa che non tornerà più ma di cui dobbiamo conservare la memoria perché essa crea consapevolezza. Si potrebbe quasi definire Scompartimento n. 6 un film in diretta dal passato. Siamo nel passato e tuttavia siamo lì, come se fosse il presente.

Presente a cui rimanda in modo costante ma non didascalico l’intero film, poiché le nostre società hanno l’assoluta necessità, per sopravvivere in modo pacifico vista l’importanza delle sfide globali che si profilano, non solo di accettare e tollerare ma anche di scoprire come veri tesori i tanti mondi opposti, lontani, che coabitano negli scompartimenti in cui viviamo nel quotidiano, più o meno grandi a seconda dei casi. Si tratti di famiglie eterogenee, condomini, quartieri, città. Il film ci invita per questo a rovesciare le apparenze, perché chi sembra affidabile magari non lo è, e viceversa. Del resto, i volti dei due attori protagonisti sono questo: lei e lui sono volti non appariscenti a prima vista, ma che rivelano la loro bellezza e il loro fascino gradualmente. Ci sono tesori apparenti e ingannevoli e tesori nascosti che bisogna saper trovare. O meglio, saper vedere, ascoltare. Prodotto con la partecipazione, tra gli altri, del ministero della cultura russo, senza farsi minimamente strumento di propaganda, il film in qualche modo parla dei popoli ai popoli e, in estensione, dell’altro.

Girato nella modalità apparentemente arcaica del 35 millimetri, psichedelico ma soffuso, espressione di un caldo interiore in opposizione al freddo esteriore, onirico ma impregnato di realtà, notturno ma luminoso come il chiarore dell’alba, capace di annullare i punti di riferimento paludati per crearne di nuovi ma conservando al contempo il meglio del passato, Scompartimento n. 6 è in buona parte riassumibile nei titoli di tre brani, tra i tanti dell’eterogenea, trascinante e mai invadente colonna sonora: dall’apertura con Love is the drug dei Roxy Music, passando per Love is all around cantato da Tomi Alatalo e fino alla chiusura con la francese Voyage, voyage interpretata da Desireless. Un vero, autentico film natalizio.

pubblicità