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Zackie Oh è stata uccisa perché lottava per i diritti lgbtq

Una protesta della comunità lgbtq dopo l’omicidio di Zak Kostopoulos ad Atene, il 22 settembre 2018. (Giorgos Georgiou, NurPhoto/Getty Images)

YouTube è una tomba senza lapide in cui alcuni nostri amici vivono e muoiono davanti ai nostri occhi. Se vi inginocchiate davanti alla tomba digitale di Zak Kostopoulos potete ancora vederlo in vita, nel 2013, mentre organizza una campagna per la lotta contro l’aids.

Zak racconta cosa significa sopravvivere per anni da sieropositivo in un paese dove il sistema sanitario pubblico lascia morire i malati cronici. La voce di Zak, che parla in inglese, è dolce, sembra accarezzare le ferite di chi lo ascolta. “Dovreste combattere contro la stigmatizzazione”, dice Zak. “Non lasciatevi distruggere, non avete nulla di cui vergognarvi. Troverete persone che vi sosterranno e vi ameranno per quello che siete. Vivi con l’hiv, ma sei sempre la stessa persona: sei un essere umano. Ama, è tutto lì il segreto”.

All’epoca Zak era presidente dell’Olke (un’associazione di omosessuali greci) e collaboratore volontario di Athens checkpoint, un centro per la prevenzione dell’aids e il sostegno alle persone sieropositive.

Se vi inginocchiate davanti alla tomba digitale di Zak, lo vedrete, nel 2014, trasformarsi in Zackie Oh, il suo alter ego drag queen che si esibiva al bar trans Koukles. Zackie, tutta leopardata, chioma corta e rossa e occhi truccati di blu, dichiara: “Atene è difficile se siete come me”.

Nel video “Notti delle drag queen ad Atene”, Zak racconta che si è sempre sentito più al sicuro nei quartieri dove vivono i migranti e i rifugiati che in quelli frequentati da “famiglie”. “Sono stato attaccato più spesso da uomini greci. Mai dai migranti. Quando parli in pubblico dell’omosessualità o dell’aids, camminando per strada come una queen o truccata, la situazione diventa pericolosa. Ho subìto diversi attacchi omofobi, insulti e anche violenza fisica”.

I dottori che lo hanno visto quando la polizia lo ha portato in ospedale hanno solo chiesto: “Perché avete ammanettato un morto?”

Parla mentre accarezza un piccolo bichon. A volte il cane gli lecca le guance. Dietro di loro, tra scarpe a tacco alto e parrucche rosa, una zebra di plastica dorme su una scatola su cui c’è scritto “I hate nazis”. “Finora ho sempre avuto fortuna”, ammette Zak. “Ho preso qualche calcio, ma niente di più. Ho avuto fortuna, soprattutto perché corro veloce e grido a squarciagola quando ho paura”.

Il 21 settembre 2018 Zak non ha avuto fortuna. Non ha corso abbastanza veloce. Ha gridato, ma nessuno è venuto ad aiutarlo. È stato picchiato a morte in pieno giorno, davanti a tante persone che filmavano la scena e osservavano, senza fare niente.

Il ruolo dei poliziotti
All’inizio i mezzi d’informazione hanno detto che Zak era un drogato morto mentre cercava di derubare una gioielleria con un coltello. Hanno detto che era un frocio con l’aids. I giornali di destra hanno esultato perché c’era “un tossicomane in meno, un malato di meno nelle strade di Atene”. Poi però alcune registrazioni anonime dei suoi ultimi tre minuti di vita sono apparse sulla sua tomba digitale.

Due video mostrano due uomini che impediscono a Zak di uscire dalla gioielleria, lo picchiano, lo prendono a calci in testa. Quando riesce a uscire dalla gioielleria, otto poliziotti lo aggrediscono, lo colpiscono con i manganelli e gli schiacciano il petto fino a soffocarlo. I dottori che lo hanno visto quando la polizia lo ha portato in ospedale hanno solo chiesto: “Perché avete ammanettato un morto?”. Pochi giorni dopo è stato pubblicato un terzo video girato da una delle telecamere di sorveglianza di una gioielleria vicina: si vedono due uomini che insultano e aggrediscono Zak prima che entri nella gioielleria.

Provando un mantello nero, da lutto, Zackie Oh racconta la sua storia: “Zackie era una donna dell’alta società sposata con un uomo ricco. Ma un giorno ha perso tutto: il suo denaro, suo marito, si è rifugiata nell’alcol, ha toccato il fondo. Poi si è rialzata, come una puttana. Vorrei aprire un locale, un locale senza identità, non per un gruppo specifico. Ci sono bar gay, bar per lesbiche, bar per migranti. Vorrei che il mio fosse un locale dove chiunque può sentirsi bene. La mia società ideale in miniatura. Non posso cambiare la società, ma almeno così avrei un posto che somiglia al mio mondo ideale”.

Mobilitiamoci adesso, fin quando è ancora possibile. Rialziamoci come Zak la puttana

Zak è stato brutalmente assassinato da due uomini, uno appartenente a un gruppo di estrema destra, e da otto poliziotti armati, davanti a decine di telecamere. Chi protegge gli agenti della sicurezza? Nelle nostre democrazie nazionaliste neoliberiste, la polizia è il braccio armato del necropatriarcato. Non esiste sicurezza, solo aggressioni razziste, sessiste e omofobe. La polizia mangia carne di drag queen. L’estrema destra esulta sul cadavere di un sieropositivo.

Zak era gay. Zak era una drag queen. Zak era questo e più di questo. Zak era sieropositivo. A volte Zak prendeva speed e mdma. Zak era un attivista. Zak era uno dei nostri. Ora dobbiamo controllare la nostra collera. Mobilitiamoci adesso, fin quando è ancora possibile. Rialziamoci come Zak la puttana. Mettiamo fuori legge i partiti di estrema destra. Depatriarcalizziamo la polizia. Decolonizziamo la legge. La voce dolce di Zak esce ancora dalla sua tomba digitale: “Penso che le persone che attaccano altre persone, i fascisti, provino piacere a vederci terrorizzati”. Zak va in bagno, si toglie la camicia, si rade le ascelle e le sopracciglia e si prepara a essere, per sempre, Zackie Oh, di Atene.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

Questo articolo è uscito sul quotidiano francese Libération.

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