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Il presidente brasiliano nella tempesta politica e sanitaria

Un sostenitore di Jair Bolsonaro indossa una maschera dell’ex ministro della giustizia Sergio Moro a Brasilia, 26 aprile 2020. (Adriano Machado, Reuters/Contrasto)

Quando Jair Bolsonaro è stato eletto presidente del Brasile, nel 2018, si è subito guadagnato il soprannome di “Trump brasiliano”. Proprio come il suo collega statunitense, oggi Bolsonaro sembra aver intrapreso una discesa negli inferi: dopo aver inizialmente sminuito la minaccia del virus, infatti, è stato travolto dalla pandemia, mentre gli scandali e le controversie continuano a caratterizzare il suo governo. Ora si è aggiunto anche il rischio di una procedura di impeachment.

Esattamente come Trump, Bolsonaro vive circondato da immancabili polemiche che mobilitano i suoi fedeli e disgustano il resto della società brasiliana, sempre più divisa. Il comportamento irresponsabile del presidente rispetto al virus è stato fortunatamente bilanciato dalla serietà dei governatori, che hanno imposto l’isolamento contro il parere del presidente.

Ora, però, Bolsonaro deve affrontare un’altra crisi, che lo coinvolge personalmente.

Il presidente brasiliano ha appena perso il suo ministro della giustizia, l’ex giudice anticorruzione Sérgio Moro, suo principale “bottino di guerra” durante la formazione del governo. Moro ha lasciato il governo sbattendo la porta dopo la nomina di un nuovo capo della polizia, incaricato d’informare direttamente Bolsonaro su alcune inchieste anticorruzione in corso, comprese quelle che riguardano gli amici del presidente.

La polizia sta indagando sulla possibilità che il figlio di Bolsonaro guidi una fabbrica di fake news

Per Bolsonaro si tratta di un duro colpo, perché Moro è un uomo politico in cui i brasiliani sembrano riporre grande fiducia nonostante alcune rivelazioni ne abbiano intaccato l’immagine di giudice coraggioso e capace di mandare in galera per corruzione l’ex presidente Lula. L’uscita di scena di Moro ha innescato la più grave crisi politica del mandato Bolsonaro, un biennio segnato dall’abbondanza di scandali.

Bolsonaro rischia davvero la destituzione? Gli appelli per l’avvio di una procedura di impeachment si moltiplicano, ma come nel caso di Trump è difficile che abbiano un effetto concreto. Bolsonaro, d’altronde, può contare su un parlamento frammentato, su un’opposizione divisa e sul sostegno di parte dell’opinione pubblica e dell’esercito.

Dibattito infuocato
Le brutte notizie, però, non arrivano mai da sole. Il figlio di Bolsonaro, Carlos, si trova a sua volta al centro di una vicenda che intacca l’immagine del presidente: la polizia sta indagando sulla possibilità che sia a capo di una fabbrica di fake news che moltiplica e diffonde manipolazioni, diffamazioni, e minacce online all’interno del panorama politico.

A tutto questo, come se non bastasse, si aggiunge il virus. L’atteggiamento del presidente di fronte alla pandemia alimenta un dibattito infuocato. Come Trump, anche Bolsonaro ha inizialmente paragonato il covid-19 a una semplice influenza, non risparmiando le strette di mano in pubblico e criticando i governatori che seguivano i consigli della comunità scientifica e decretavano l’isolamento. Bolsonaro ha addirittura rimosso il suo ministro della sanità perché tentava di convincerlo a cambiare rotta mentre l’epidemia dilagava in Brasile.

I passi falsi di Bolsonaro confermano la tendenza degli “uomini forti” del momento – Trump negli Stati Uniti, Erdoğan in Turchia e Putin in Russia – a minimizzare la minaccia del virus, prima di essere costretti ad affrontarla. Di sicuro questi leader non possono sostenere di essere stati più lungimiranti ed efficaci degli altri. Sopravvivono grazie all’autoritarismo, ma questo non cancella il bilancio negativo della loro attività. Forse, nel caso di Bolsonaro, questo accelererà la caduta di un uomo palesemente inadatto a guidare un grande paese come il Brasile.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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