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La lotta dei pastori sardi si combatte nei supermercati

Uno striscione di solidarietà con i pastori sardi a Roma, 14 febbraio 2019. (Angelo Carconi, Ansa)

La protesta dei pastori sardi, che da giorni rovesciano latte in strada, è emblematica dei sempre più frequenti conflitti tra i vari attori della filiera alimentare. Prima di arrivare in tavola, ogni cibo passa attraverso diverse fasi: ci sono i produttori di materia prima (nella fattispecie i pastori), i trasformatori industriali (che fanno i formaggi) e i punti vendita – oggi sempre più dominati dalla Grande distribuzione organizzata (Gdo).

I passaggi non sono noti al grande pubblico, che vede solo l’ultimo anello della catena e si stupisce delle proteste eclatanti periodicamente messe in campo dai produttori.

Nel caso del latte ovino e del pecorino, la mancata regolamentazione e l’inefficacia delle sanzioni in caso di sovrapproduzione hanno determinato un surplus di prodotto – e un conseguente crollo dei prezzi, che si è riversato a cascata sugli attori più deboli della filiera.

Soluzioni tampone
Esistono strumenti normativi per evitare situazioni simili: si possono aumentare le sanzioni, oggi pari ad appena 16 centesimi al chilo per gli industriali del pecorino che producono in eccesso. Si può applicare l’articolo 62 della legge del 2012, che vieta l’acquisto al di sotto del costo di produzione. Si possono prevedere aiuti pubblici compensativi quando il prezzo di mercato scende eccessivamente, come ha fatto il governo precedente e si appresta a fare quello in carica.

Per quanto necessarie e importanti, si tratta di soluzioni tampone: oggi la filiera alimentare sconta la sproporzione di forze tra un attore molto potente – le insegne della Gdo – e un mondo della produzione spesso poco organizzato, incapace di avere un reale peso contrattuale di fronte ai giganti del commercio.

Negli ultimi anni le insegne dei supermercati hanno incentrato il proprio marketing su una pura politica di prezzo: le campagne promozionali lanciate in modo ossessivo, i 3x2, il sottocosto, le scontistiche varie hanno trasmesso al pubblico la percezione che il cibo valga pochissimo. Anche se in questo particolare frangente le responsabilità della Gdo sono limitate, il ruolo di quest’ultima nello schiacciamento di diverse filiere produttive è indiscutibile.

Il cittadino consumatore, se informato, non baderà solo al prezzo di un prodotto, ma al suo valore d’insieme

La crisi attuale, con l’ampia ondata di solidarietà che ha raccolto in tutto il paese, può rappresentare un’occasione per invertire questa tendenza. Diverse insegne, tra cui Coop, Conad, gruppo Végé, gruppo Crai hanno dichiarato la propria solidarietà alla lotta dei pastori. Coop ha annunciato che, attraverso i trasformatori, comprerà il latte a un euro al litro (invece che all’attuale prezzo di mercato di 60 centesimi).

Oggi i supermercati possono dire a un pubblico solidale con le battaglie dei pastori che il pecorino è venduto a un prezzo più alto perché dietro ci sono dei produttori che faticano e il cui lavoro deve essere adeguatamente remunerato.

Hanno l’opportunità di raccontare la filiera, mostrare chi produce ciò che troviamo sullo scaffale, restituire identità al cibo. Lo possono fare per il pecorino, così come per migliaia di altri prodotti venduti oggi a prezzi eccessivamente bassi. Perché il cittadino consumatore, se informato, non baderà solo al prezzo, ma anche a tutti quegli aspetti che costituiscono l’insieme valoriale che intorno al cibo ruota, come i rapporti produttivi, il rispetto per l’ambiente, il sostegno a un’economia fatta di lavoratori e lavoratrici che tengono vive e attive le nostre campagne.

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