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Cinque giorni al più grande festival di lesbiche al mondo

Una festa in piscina al Dinah, Palms Springs, marzo 2016. (Molly Adams)

Ogni anno, alla fine di marzo, ventimila donne provenienti da tutto il mondo si recano nel deserto californiano per cinque giorni di sregolatezze. E io sono una di loro. È la mia seconda volta al Dinah, noto anche come il più grande festival al mondo per ragazze. Alloggio all’Hilton di Palm Springs, dove si svolgono le famose feste in piscina Dinah, e l’hotel sembra un harem omosessuale.

È un’esperienza surreale: per alcuni giorni il mondo è capovolto, e la minoranza diventa all’improvviso la maggioranza. Dovunque mi giri, vedo lesbiche che sorridono, bevono, ballano o si baciano. In giro ci sono alcuni uomini: il personale che lavora all’evento o alcuni tizi trascinati qui da amiche lesbiche, ma sono rari. In pratica ci sono tutte donne queer.

La festa prende il nome dal torneo di golf Dinah Shore, inaugurato nel 1972 dall’omonima cantante e attrice. Dinah Shore non era lesbica (e si rivolterebbe nella tomba se sapesse a cosa è associato il suo nome oggi), ma il golf sembra attirare un sacco di lesbiche. Intorno al torneo di gold è andata formandosi una scena lesbo, e così è nato il Dinah, giunto ormai alla sua 26ª edizione.

Oggi nessuna è qui per il golf. E neppure per le dj, le attrici comiche o le stelle di YouTube che si esibiscono. Sono qui per le ragazze. Maschiacce, femme, vecchie, giovani, gold star (mai state con un uomo), bisessuali, nere, bianche, hardcore o normcore. Si respira un senso di liberazione e un tacito patto che quanto accade al Dinah rimane al Dinah (a meno che non finisca su Facebook).

Non lo nascondo: è piacevole rimanere alcuni giorni in uno spazio dominato dalle donne

“L’esibizionismo è una cosa normale”, mi ha spiegato Charlotte, 24 anni. “Mi capita spesso che qualcuna si spogli davanti a me”. E abbastanza comune è anche il fatto che delle ragazze a caso ti trascinino nella loro camera d’albergo. Un anno c’è stato un piccolo terremoto a Palm Springs. Debbie, una veterana del Dinah che non si è persa un’edizione dal 1991, ricorda che metà dell’acqua era uscita dalla piscina. La maggior parte delle ragazze, però, era troppo ubriaca per rendersene conto o interessarsene.

La dj Romy durante un evento al Dinah, Palm Springs, marzo 2016.

Lo spirito di permissività si adatta bene allo scenario desertico: è come se ci fosse stata una sorta di apocalisse lesbica, e tutte le persone eterosessuali si fossero estinte.

Non lo nascondo: è piacevole rimanere alcuni giorni in uno spazio dominato dalle donne. Si respira un piacevole cameratismo oltre a sentirsi improvvisamente cittadine di prima classe. Ma mi sembra che questo venga più dalla dimensione queer che da quella femminile. Nessuna al Dinah vorrebbe che gli uomini scomparissero. Nonostante lo stereotipo delle lesbiche che odiano gli uomini, molte in realtà non hanno niente contro di loro (ne abbiamo bisogno per essere sicure di non avere troppe distrazioni). Il senso del Dinah non è il separatismo, ma la celebrazione.

Uno dei suoi pilastri è anche l’abbigliamento succinto. Forse l’apocalisse ha distrutto anche tutti i vestiti, perché tutte le presenti non hanno praticamente niente addosso. In molte scelgono di mettere degli adesivi o del nastro sui capezzoli invece del bikini, e non posso fare a meno di pensare che in seguito rimpiangeranno la decisione (pensate all’effetto di strappare via un cerotto). Lo stesso potrebbe accadere quando si entra in piscina. Ci sono ciglia false che galleggiano nell’acqua, e non oso immaginare quale tipo di liquidi corporei. Non si può prendere la sifilide nell’acqua di una piscina ma, per un attimo, me lo chiedo.

L’attenzione degli sponsor

La sifilide, a ogni modo, non è la cosa a cui pensa più spesso la maggior parte delle lesbiche che durante il Dinah fa incetta di compagnia (“mai accontentarsi degli incontri del primo giorno”, mi ha spiegato una ragazza, “il secondo giorno le ragazze sono sempre migliori”). Lo stesso vale, in generale, per le malattie sessualmente trasmissibili (mst). Una mia ipotesi non verificata è che il Dinah sia così dissoluto perché è piuttosto difficile rimanere incinta quando si va a letto con altre donne. Per non parlare del fatto che, tra molte donne, è opinione diffusa che non ci siano rischi di mst nei rapporti lesbici. Di certo non è qualcosa di cui si parli molto. Tanti dottori non ricevono alcuna formazione che gli permetta di parlare di salute sessuale alle donne omosessuali.

Nell’Hilton di Palm Springs, marzo 2016.

Un altro elemento che contribuisce alla dissolutezza, naturalmente, è il fatto che le lesbiche raramente hanno a disposizione così tante persone da rimorchiare. E come vi spiegherà qualsiasi economista, è più facile cadere in tentazione quando l’offerta è così ampia.

Parlando d’economia: le grandi aziende hanno finito per accorgersi dei margini di guadagno che possono ottenere in questo marginale segmento di popolazione, e il Dinah è diventato molto interessante per gli sponsor, che in alcuni casi hanno inviato a fare promozione dei gruppi di ragazze (perlopiù eterosessuali) che distribuiscono gadget, si mettono in posa per le fotografie e si comportano un po’ da gay-for-pay. Anche se normalmente sarebbe fastidioso essere costantemente oggetto di pubblicità, in questo caso è un segno di progresso. Negli Stati Uniti non sei un vero essere umano, infatti, finché non te lo riconoscono le grandi aziende.

Il Dinah Shore ha cominciato ad attirare anche artisti di alto profilo, come Kate Perry e le Pussycat Dolls che si sono esibite al festival. E quest’anno Lady Gaga ha fatto una rapida apparizione come ospite per il dj set della sua amica Katherine Moenning (nota alle lesbiche di tutto il mondo come Shane di The l world). La presenza di celebrità ha alzato il profilo del Dinah, portandolo all’attenzione mainstream.

Quest’anno è presente, per esempio, una troupe di Vice, che sta girando un documentario. La produttrice è omosessuale, ma è anche la sua prima volta al Dinah e appare leggermente sopraffatta.

“Che approccio pensate di adottare?”, le chiedo. “Be’, sai, faremo vedere tette e culi”, spiega, mentre il suo operatore filma esattamente questo. “E poi faremo vedere perché in realtà si tratta di qualcosa di molto importante”. Fa una breve pausa. “Finora però, siamo riusciti a riprendere solo tette e culi”.

Non bisogna sottovalutare l’importanza di tette e culi: a modo loro sono molto importanti. Come mi ha spiegato CeeCee, una ragazza di 26 anni alla sua prima esperienza al Dinah, un sacco di persone non pensano che le lesbiche (o meglio, le vere lesbiche in carne e ossa, non quelle che esistono nelle fantasie pornografiche degli uomini) possano davvero divertirsi. “La gente pensa che ce ne stiamo semplicemente sedute a casa, con delle scarpe comode, discutendo di teoria femminista insieme ai nostri gatti”, spiega. Potersi spogliare al Dinah, quindi, è un’esperienza importante per un sacco di donne, una possibilità di assumere pienamente e celebrare la propria sessualità in uno spazio protetto.

Durante una festa del Dinah, Palm Springs, marzo 2016.

Un debito di gratitudine

Se un sacco d’importanti aziende hanno cominciato solo da poco ad aprirsi al mercato lesbico, la città di Palm Springs ha invece capito da molto tempo il potenziale economico nell’accogliere la diversità. Si è costruita una fama negli anni trenta, quando stelle del cinema che nascondevano la loro omosessualità si rifugiavano nel deserto per sfuggire al controllo degli studios. Persone come Rock Hudson, Liberace, Greta Garbo, Joan Crawford e Marlene Dietrich hanno tutte passato un po’ di tempo da queste parti.

Oggi si calcola che quasi la metà della popolazione di Palm Springs sia omosessuale, e la città ha la più alta percentuale di omosessuali in tutti gli Stati Uniti e forse nel mondo. L’interesse nei confronti della città sta aumentando anche tra la popolazione eterosessuale di Hollywood. Leonardo DiCaprio ha recentemente acquistato una casa per le vacanze qui: la Dinah Shore Palm Springs estate.

Rob Moon, il sindaco gay di Palm Springs, mi ha detto che “oggi più che mai la città sta vivendo uno straordinario rinascimento e il Dinah Shore weekend è stato un grande incentivo economico. Abbiamo un debito di gratitudine verso la comunità lgbt per aver contribuito a far diventare Palm Springs la città ultracool, di classe e sofisticata che è oggi”.

La lotta perché potessimo divertirci è stata lunga, e non è ancora finita

Per quanto riguarda il futuro degli eventi a tema lesbico, ultimamente hanno chiuso molti locali per lesbiche. Qualcuno ha incolpato applicazioni come Tinder, che rendono l’incontro con altre persone omosessuali meno legato ai locali omosessuali. Un’altra causa possibile è la sempre più diffusa tolleranza: non c’è più bisogno di uno spazio dedicato se tutto lo spazio diventa più inclusivo per le persone gay.

E quindi anche la prossima generazione di donne gay avrà lo stesso bisogno di una enorme festa per ragazze come questa? Mariah Hanson, fondatrice del Dinah, pensa sicuramente di sì. “Le persone gay avranno sempre bisogno di ritrovarsi e radunarsi”, secondo lei. “La nostra cultura è unica… Non facciamo parte della cultura eterosessuale. Il Dinah è e sarà sempre, per cinque giorni, una celebrazione incredibilmente magica delle nostre vite. Se l’Onu prestasse attenzione a quel che accade al Dinah potrebbe cambiare il mondo in un modo straordinario. Qui la gente mette da parte le proprie differenze e torna a casa sentendosi cambiata”.

Non so se Ban Ki-moon dovrebbe effettivamente spingere il Consiglio di sicurezza a indossare il costume da bagno e cominciare a palpeggiarsi. Tuttavia c’è sicuramente qualcosa di costruttivo e catartico in quest’esperienza. Come mi ha detto Leah, una dj di Boston: “È l’esperienza che avremmo dovuto vivere all’università”.

Ma è anche un monito a non dimenticare quanto le persone gay di oggi debbano alle precedenti generazioni. La lotta perché potessimo divertirci è stata lunga, e non è ancora finita. Sono tornata dal Dinah martedì mattina. Lo stesso giorno il governatore del Mississippi ha firmato una legge che autorizza legalmente la discriminazione delle coppie gay. C’è ancora una lunga strada da percorrere prima che possiamo tutti e tutte festeggiare davvero.

(Traduzione di Federico Ferrone)

Questo articolo è stato pubblicato sul quotidiano britannico The Guardian.

Correzione, 21 aprile 2016
Nella versione precedente di questo articolo c’era scritto: “Un altro elemento che contribuisce alla dissolutezza, naturalmente, è il fatto che le lesbiche raramente hanno a disposizione una piscina così grande per i loro incontri”. Abbiamo cambiato la frase, la cui traduzione non era corretta.

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