04 maggio 2015 17:39
Nel nord della Striscia di Gaza, il 23 febbraio 2015. (Adel Hana, Ap/Ansa)

L’esercito israeliano nel 2014 ha colpito in modo indiscriminato alcune zone abitate dai civili palestinesi nella Striscia di Gaza, causando volutamente la morte di molti innocenti. Lo rivela un rapporto dell’organizzazione israeliana Breaking the silence, realizzato attraverso più di sessanta interviste ai militari israeliani.

L’indagine è stata condotta dopo la fine dell’operazione militare Margine protettivo, lanciata dall’esercito israeliano l’8 luglio 2014 nella Striscia di Gaza per fermare il lancio di razzi da parte di Hamas. Nei bombardamenti, durati sette settimane, sono morti 2.140 palestinesi, di cui 1.486 civili, e 73 israeliani (67 militari e sei civili).

Gli ufficiali israeliani hanno negato le accuse e hanno ribadito più volte che l’esercito ha sempre cercato di evitare vittime tra i civili e ha tentato di non colpire le già fragili infrastrutture di Gaza.

Sparare a vista. Secondo Breaking the silence in realtà i soldati israeliani ricevevano ordini molto diversi: ogni persona avvistata nelle zone del conflitto doveva essere considerata una potenziale minaccia. “Gli ufficiali dicevano ai soldati di sparare a tutti quelli che avvistavano, a patto che non fossero soldati israeliani”, si legge nel rapporto.

Un militare israeliano, che ha deciso di restare anonimo, ha raccontato: “L’esercito distribuiva dei volantini ai palestinesi per dichiarare che chiunque fosse rimasto nelle aree in cui entrava il nostro esercito avrebbe firmato la sua condanna a morte”.

Israele si è difesa dalle accuse ricordando inoltre che gli abitanti delle case prese di mira venivano “avvisati” in anticipo attraverso il roof knocking, il lancio di un missile senza carica esplosiva sui tetti dei palazzi, al quale seguiva l’arrivo dei missili veri e propri. Secondo testimonianze raccolte da Breaking the silence, tra i due lanci passavano tra i trenta e i sessanta secondi, un tempo troppo breve per permettere a tutti i civili di allontanarsi senza essere colpiti.

I tentativi di depistaggio. Breaking the silence ha anche condannato l’esercito per aver sparato contro centri abitati colpi di mortaio. In una zona densamente popolata come la Striscia di Gaza, che ospita circa 1,8 milioni di persone in una superficie di 360 chilometri quadrati, l’uso di armi così imprecise rende le morti tra i civili quasi inevitabili, sostiene l’organizzazione.

Breaking the silence ha dichiarato che le autorità israeliane hanno cercato di depistare l’indagine. Oren Hazan, un deputato del Likud, il partito del premier Benjamin Netanyahu, si è offerto di testimoniare, cercando di dare una falsa versione dei fatti per screditare così l’organizzazione.

L’uscita del rapporto di Breaking the silence segue la pubblicazione dell’inchiesta da parte dell’Onu, che ha accusato Israele di aver bombardato alcune scuole delle Nazioni unite a Gaza tra l’8 luglio e il 26 agosto, causando la morte di almeno 44 persone.

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