05 maggio 2015 18:18

Reporter sans frontières ha chiesto all’Unione europea di condizionare gli aiuti all’Eritrea, erogati dal Fondo europeo di sviluppo (Fes), a un significativo aumento delle libertà fondamentali, tra cui la libertà di informazione. Con l’undicesimo Fes l’Eritrea otterrà infatti 312 milioni di euro di aiuti da ora fino al 2020, anche se il paese del corno d’Africa continua a violare i diritti umani, la libertà di espressione e di informazione, e detiene arbitrariamente, spesso senza sottoporli ad alcun processo, decine di prigionieri politici tra cui molti giornalisti.

Era eritrea la maggior parte dei migranti vittime del naufragio dell’ottobre del 2013 al largo di Lampedusa, una delle più grandi catastrofi nel Mediterraneo. E dei migranti arrivati in Italia nel 2014, il 18 per cento è eritreo. Secondo i dati diffusi dall’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr), più di 305mila eritrei, circa il 5 per cento della popolazione, sono fuggiti dal paese negli ultimi dieci anni.

Anche le Nazioni Unite, in un rapporto della commissione di inchiesta sui diritti umani in Eritrea dello scorso marzo, hanno definito quella messa in atto dal regime di Asmara come una “repressione spietata”, dopo aver indagato per quattro mesi sulle violazioni dei diritti umani commesse dalle autorità del paese africano. “Sorprende che di fronte a tutto ciò migliaia di eritrei lascino il loro paese?”, si chiede il rapporto che evidenzia come pur di sfuggire alla situazione disastrosa in casa loro, gli eritrei siano disposti ad “affrontare la morte per attraversare confini, deserti e mari”, e molti nemmeno riescono ad arrivare “dall’altra parte”.

“È sbalorditivo che l’Unione europea sostenga il regime di Isaias Afewerki con tutti questi aiuti senza chiedere nulla in cambio in materia di diritti umani e libertà di espressione”, ha detto Cléa Kahn-Sriber responsabile di Reporter sans frontières Africa e ha aggiunto: “Chiediamo all’Unione europea di condizionare i suoi aiuti al governo eritreo alla garanzia di un maggior rispetto dei diritti umani, al rilascio dei giornalisti prigionieri e all’autorizzazione al pluralismo dei mezzi di informazione”.

Contrariamente alle promesse del governo di intraprendere riforme democratiche, il regime eritreo, il cui presidente è al potere dal 1991, è diventato più oppressivo e ha più giornalisti in carcere di qualsiasi altro paese africano. Fin dalla chiusura di tutti i mezzi di comunicazione privati, nel 2001, il governo ha esercitato il suo totale controllo sull’informazione, bloccando anche le trasmissioni radiofoniche indipendenti internazionali come quelle di Al Jazeera.

Le condizioni dei diritti umani in Eritrea sono definite “vergognose” nel rapporto di Human rights watch del 2014. “Il servizio militare illimitato, torture, detenzioni arbitrarie e dure restrizioni della libertà di espressione, associazione e religione causa la fuga di migliaia di eritrei dal paese ogni mese”, si legge ancora nel rapporto.

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