06 giugno 2015 18:22

Non sono tanto simpatici, forse, Jeroen Dijs­sel­bloem, Jean-Claude Junc­ker, Christine Lagarde e Mario Draghi, i rappresentanti dei “creditori” che cercano di far mandar giù alla Grecia una nuova massiccia dose dell’amarissima medicina dell’austerità.

Però non si può negare un po’ di comprensione umana nei loro confronti: anche se l’unico ad ammettere che i greci “hanno proprio rotto le palle” è stato il presidente del parlamento europeo Martin Schultz, si capisce che anche i rappresentanti delle istituzioni non ne possano proprio più dell’intera faccenda greca. Che per loro appare quasi incomprensibile: i greci si sono indebitati e hanno chiesto soldi per salvarsi, promettendo di fare delle cose (austere) e di rispettare certe regole (cioè che le “cose austere” da fare e il momento in cui farle lo decidono sempre e solo i creditori).

Il premier greco Alexis Tsipras durante il discorso di fronte al parlamento di Atene. (Alkis Konstantinidis, Reuters/Contrasto)

Invece ieri, parlando al suo parlamento, il premier greco Alexis Tsipras ha detto cose stranissime: che le cinque pagine di misure richieste dalle istituzioni per sbloccare altri prestiti per 10,9 miliardi di euro sono “assurde”, che sono solo un capitolo di una “brutta tattica negoziale” e vanno ritirate. Che l’accordo invece è vicinissimo e si troverà non appena “nell’eurozona pre­varranno le maggioritarie forze ragio­ne­voli che vogliono pre­servare e raf­for­zare la moneta comune” con­tro una “mino­ranza” che cerca di “umi­liare” e “sot­to­met­tere” il popolo greco.

Alexis Tsipras è matto a sfidare i rapporti di forza che lo stanno schiacciando? Ha qualche carta segreta nella manica? Non è matto, e (anche se dice o fa capire di averla dopo la chiacchierata telefonica con Vladimir Putin) non ha nessuna carta segreta da giocare. Semplicemente è un esemplare di negoziatore del tutto differente da quello a cui si sono abituati in questi anni i leader dell’eurozona e delle burocrazie europee ed internazionali. È un politico paziente. È uno che sa parlare all’opinione pubblica, sia quella nazionale che quella più ampia. È un leader che capisce bene cosa pensa la gente, e che ha presentato un programma di tagli e misure economiche che comunque prevedono significativi sacrifici. E poi, sa “leggere” il gioco della controparte: dopo il discorso di ieri, è ormai chiaro che in Grecia non c’è spazio politico per una nuova operazione tecnocratica, come la desiderata formazione di un governo “ragionevole” e disposto a firmare un’intesa all’insegna dell’austerità, eliminando l’ala sinistra di Syriza e trovando voti nell’opposizione.

Insomma, comunque la si pensi, Tsipras è un osso duro. E ha un piano. Ovvero, la consapevolezza che il possibile default e l’espulsione della Grecia dall’euro (la famosa Grexit) potrebbe nonostante le rassicurazioni creare fortissime tensioni nell’area euro. Non solo si dimostrerebbe plasticamente la falsità del dogma dell’irreversibilità dell’euro. Non solo rischierebbero di finire nel mirino della speculazione tutti i paesi dell’Europa finanziariamente più fragili. Si potrebbe anche bruciare sul nascere la nascente ripresa che si sta affacciando sull’economia del vecchio continente. E poi, agli statunitensi – sempre più interventisti nella gestione della crisi greca – piace pochissimo l’idea di turbolenze globali sui mercati finanziari. E ancor meno piace l’idea che Atene, dopo il default, possa doversi rivolgere alla Russia per chiedere aiuto.

Giustamente ci si può chiedere: ma i greci sono pronti all’eventualità della Grexit? La Grecia fuori dall’euro non sarebbe costretta, come dicono molti autorevoli osservatori, ad accettare identiche se non più aspre dosi di austerità e sacrifici, senza avere più nemmeno il parafulmine della moneta unica? I sondaggi di oggi dicono che per adesso in caso di elezioni Syriza prenderebbe il 45 per cento dei voti, e che circa un terzo della popolazione è per il “tanto peggio tanto meglio”. Potrebbero cambiare prestissimo idea, si sa. Ma ci si può chiedere se la “punizione esemplare” di un piccolo popolo mediterraneo e il disastro dell’euro siano un gioco che vale la candela. Spesso ci si dimentica quanto piccola sia la Grecia e la sua economia, e di quanti pochi soldi tutto sommato si stia parlando. Ha senso mandare tutto in malora?

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