24 agosto 2012 14:30

“Viaggiamo perché è una necessità, perché la distanza e la differenza sono la formula magica della creatività. Quando torniamo a casa, la casa è sempre uguale. Ma qualcosa nella nostra mente è cambiato. E questo cambia tutto”. Finiva così un articolo di Jonah Lehrer uscito esattamente un anno fa su Internazionale.

Lehrer ha 31 anni e fino a prima dell’estate era una star del giornalismo statunitense. Autore di tre best seller, columnist di Wired e del Wall Street Journal, collaboratore del Washington Post, di Nature, del Boston Globe. Era staff writer del New Yorker. Poi si è scoperto che in alcuni post usciti proprio sul sito del New Yorker, Lehrer aveva riutilizzato interi brani di suoi articoli scritti per altri giornali. Un caso di autoplagio. Non troppo grave per i lettori, più fastidioso per i suoi datori di lavoro.

Ma un altro giornalista ha cominciato a verificare le citazioni di Bob Dylan pubblicate in

Imagine, l’ultimo dei tre best seller scritti da Lehrer. E ha scoperto che erano state inventate. A quel punto l’editore ha deciso di ritirare tutte le copie del libro, Lehrer si è scusato pubblicamente, ha cancellato i suoi impegni e si è dimesso dal New Yorker. Fine della storia, e forse anche della prima parte della carriera di Lehrer.

Di giornalisti che copiano, inventano, non citano le fonti e distorcono la realtà è pieno il mondo. La differenza è che questo, negli Stati Uniti, è giustamente considerato scandaloso. Lehrer era davvero molto brillante, ma forse non abbastanza da capire che da quando c’è il web credere di poter copiare senza essere scoperti è da stupidi, oltre che sottilmente insultante per l’intelligenza dei lettori. E pensare che uno dei suoi ultimi articoli scritti per il New Yorker si intitolava proprio così: “Perché le persone in gamba sono stupide”.

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