16 ottobre 2014 17:05

Forse l’aspetto più grottesco della vicenda Mos maiorum è la premura con cui l’agenzia Frontex si è dissociata dall’operazione lanciata nel quadro della presidenza italiana del Consiglio dell’Unione europea.

Un’operazione congiunta di polizia contro l’immigrazione detta irregolare, come ce ne sono già state in passato, a volte coordinate da uno stato membro (il Belgio per l’operazione Hermes, Cipro per l’operazione Aphrodite, la Lituania per l’operazione Perkūnas, che ho scoperto essere il dio baltico del tuono), in altri casi da Europol, com’è stato per l’operazione Archimede che si è svolta il mese scorso.

In passato l’associazione Statewatch ha reso pubblici diversi documenti riservati del Consiglio relativi a operazioni simili, senza che questo suscitasse particolare scalpore.

L’Italia lo scalpore se l’è cercato: lanciare un’operazione contro i “migranti irregolari” proprio nel mese in cui commemorava le 368 vittime del naufragio di Lampedusa è stata una mossa poco furba.

La scelta del nome, invece, è coerente: sono vent’anni che chi non ha i documenti in regola è considerato un barbaro da cacciare fuori dallo spazio Schengen, come gli antichi romani respingevano tutto ciò che minacciava di corrompere i valori dei loro avi.

Di gran lunga più scandaloso era il nome scelto dal governo greco per un’operazione simile lanciata a livello nazionale nel 2013: Zeus Xenios, il dio dell’ospitalità, protettore dei forestieri.

Ma torniamo a Frontex. L’11 ottobre, due giorni prima dell’inizio di Mos maiorum, il direttore esecutivo Gil Arias-Fernández ha tenuto a precisare che l’agenzia “non ha avuto alcun ruolo nella pianificazione e nell’implementazione di questa operazione”, dato che non riguarda i controlli alle frontiere esterne dell’Unione europea. Eppure, il documento ufficiale del Consiglio afferma il contrario: sono previsti “controlli lungo le rotte principali dell’immigrazione illegale […] nell’area Schengen e alle frontiere esterne”.

Frontex ammette tuttavia di aver contribuito all’analisi dei rischi, fornendo “alla presidenza italiana statistiche e analisi di dati sui flussi migratori alle frontiere esterne dell’Unione Europea”. Come è già accaduto in passato, l’agenzia non accetta di essere considerata responsabile delle politiche migratorie europee.

È vero, il suo è “solo” un ruolo di coordinamento e sostegno, per esempio nell’organizzazione di espulsioni collettive di persone di una stessa nazionalità: si fanno arrivare da vari paesi europei in un dato aeroporto, si caricano su un volo coordinato da Frontex e via.

Ma è troppo facile dissociarsi. L’agenzia è uno degli strumenti di cui gli stati dell’Unione europea si sono dotati nella loro “guerra contro un nemico immaginario”, come riassume la campagna Frontexit. Ed è diventata un simbolo, come Mos maiorum, in grado di catalizzare rabbia e reazioni.

Il sito di crowdmapping Map Mos Maiorum permette di segnalare i controlli in tempo reale.

In un articolo intitolato “Cosa sappiamo sulle retate organizzate dall’Ue per interrogare i migranti”, il giornalista spagnolo Alberto Ortiz osserva che prima del 2014 lo scopo di queste operazioni congiunte era unicamente intercettare il maggior numero possibile di “migranti irregolari” e individuare le loro rotte.

A partire dal 2014, il Consiglio dell’Unione europea ha aggiunto un altro obiettivo, la lotta al traffico di migranti, forse per rafforzare la legittimità di queste operazioni, con il risultato invece di sembrare molto ipocrita o molto ottuso.

Il business del traffico dei migranti – “il cui fatturato mondiale è secondo solo a quello della droga”, come ricordano Andrea Di Nicola e Giampaolo Musumeci nella loro inchiesta Confessioni di un trafficante di uomini – è nato e prospera grazie all’assenza di canali legali di migrazione.

Un traffico contro cui né decine di migliaia di poliziotti né altre venti operazioni congiunte faranno nulla, e che continuerà a inghiottire soldi che potrebbero essere spesi diversamente: dai migranti per ricostruirsi una vita, invece di pagare i trafficanti; dai governi per favorire politiche migratorie più sensate e giuste, invece di finanziare controlli, muri, centri di identificazione ed espulsione (i Cie), rimpatri forzati e agenzie come Frontex.

Intanto si moltiplicano le azioni contro Mos maiorum e in difesa dello #iusmigrandi, per riprendere l’espressione usata da Alessandra Sciurba e Nicola Grigion su Melting Pot: “Numeri di allerta (come quello offerto da Watch the Med) per chi attraversa le frontiere, imponenti volantinaggi (in centinaia di città), una massiccia campagna in rete e nelle strade, animata da chi ogni giorno costruisce accoglienza, sportelli, battaglie, progetti, iniziative culturali, studi, mobilitazioni e tanto altro, sono già un’altra Europa che prende forma, da nord a sud, da ovest a est e oltre”.

A Bruxelles è previsto un raduno di protesta mercoledì 22 ottobre alle 16.00 davanti alla Gare centrale. Un’occasione anche per “festeggiare” con qualche giorno di anticipo i dieci anni di Frontex, creata il 26 ottobre 2004.

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it