La Transiberiana d’Italia alla stazione di Palena (Chieti), gennaio 2017. (Andrea Falcon)

Passeggiando tra i vicoli stretti, all’ombra della statua del poeta Ovidio, una caratteristica rende unica Sulmona: l’infinità di negozi di confetti. La cittadina stessa sembra una bomboniera: le facciate delle case sono color pastello e sulle vetrine dei negozi pendono insegne di tempi passati.

Immersa nel cuore dell’Abruzzo, in provincia dell’Aquila e a ridosso del parco nazionale della Majella, Sulmona ha un centro storico cinto dall’acquedotto medievale. È stato costruito nel 1256 e affaccia su piazza Garibaldi, dove dal 1995 l’ultimo fine settimana di luglio si tiene la giostra cavalleresca, una rievocazione storica di una manifestazione rinascimentale. Ma a influenzare in modo indelebile la storia di questo luogo è stato l’arrivo degli arabi in Europa nel 1400 e, insieme a loro, quello dello zucchero. Sulmona a quei tempi era un ricco borgo e il prodotto più importante della regione era il latte di pecora. Ben presto, però, fu sostituito dal confetto.

“Che la ricetta sia quella di un tempo ce lo scrive lo storico locale Panfilo Serafini in un suo trattato del 1830. Solo due ingredienti: zucchero e mandorle. Da allora è rimasto tutto invariato”, racconta Mario Pelino, a capo dell’omonima confetteria di famiglia che dal 1783 fa la storia dei confetti di Sulmona in Italia e all’estero.

Le testimonianze più antiche di lavorazione artigianale dello zucchero a Sulmona risalgono alle suore clarisse che nel quindicesimo secolo realizzavano composizioni decorative. Tra tutte, il rosario di confetti che fino agli anni settanta le nuore regalavano alle future suocere per Pasqua. Anni dopo, fu proprio la famiglia Pelino a dare vita all’industria del confetto, contribuendo alla fama della città.

Il segreto sta nella purezza dello zucchero che non viene “corrotto” con addensanti come farina o amido. La prova del nove? Basta sciogliere un confetto in un bicchiere d’acqua: se non rimangono residui farinosi sul fondo, vuol dire che tutto è realizzato a regola d’arte. Oggi la fabbrica ne ha modernizzato la lavorazione, ma il confetto perfettamente ricoperto e liscio si ottiene soltanto dalle bassine dell’ottocento, prodotte in Germania: grandi contenitori di rame, simili alle moderne betoniere che, girando continuamente, fanno sì che lo sciroppo di zucchero si distribuisca in modo uniforme.

In un’area accanto alla fabbrica ha sede il museo dell’arte e della tecnologia del confetto, a cui si accede gratuitamente. “Il museo è come fosse casa mia e della mia famiglia, non farei mai pagare per entrare. I visitatori sono miei ospiti e il museo è quanto di più bello ho nella mia vita”, racconta Mario Pelino, alla fine della visita guidata, tra cimeli e macchinari dell’antica confetteria.

Ma Sulmona, che fa del confetto il suo simbolo, da undici anni attrae anche un altro tipo di turismo: quello legato alla Transiberiana d’Italia. Si tratta della linea ferroviaria Sulmona-Isernia, che corre per circa 130 chilometri tra l’Abruzzo e il Molise con quattro stazioni intermedie. Dal 2011 la linea non ha più traffico ordinario ed è usata solo a scopo turistico.

Verso nuove mete

Dominando dall’alto la valle Peligna, sembra quasi di stare in aereo. Inizia così il viaggio lungo la Transiberiana d’Italia, a bordo di una locomotiva storica. La linea è stata inaugurata 125 anni fa, il 18 settembre 1897, e da quel giorno Sulmona è diventata un punto di partenza verso nuove mete. Gran parte dei sulmonesi venne impiegata nella ferrovia, tutti beneficiano del progresso che portava lavoro e commercio.

Il nome Transiberiana d’Italia risale al 1980: il giornalista Luciano Zeppegno intitola così il suo articolo per Gente Viaggi perché colpito dai panorami imbiancati tipici del posto, tanto da paragonarli a quelli delle steppe russe. Se dall’esterno il treno ha l’aspetto dell’Hogwarts Express, il treno della saga di Harry Potter, all’interno la tappezzeria, le sedute e l’illuminazione riportano indietro al 1920. Ci sono carrozze centoporte adatte a viaggi brevi, le Corbellini per spostamenti più lunghi e, infine, la prima classe con comodi sedili in velluto rosso.

A passo lento

Lasciandosi Sulmona alle spalle il convoglio si addentra nel parco della Majella e tra le alture si vede monte Morrone, sul quale papa Celestino V si rifugiò in eremitaggio. Si procede a passo lento, per consentire ai visitatori di godersi la vista su un paesaggio che cambia a ogni curva e galleria. Proseguendo nel tragitto si raggiungono le pinete di campo di Giove, piantate per stabilizzare i pendii lungo i binari.

Capita poi di scorgere qua e là i caselli ferroviari o gli ex alloggi del personale responsabile della manutenzione e del controllo della linea. “Entrando in quelle abitazioni troveremmo ancora le stoviglie in cucina, come se la famiglia fosse scappata di casa la sera prima”, racconta l’ingegnere Alessandro Margiotta, una delle guide volontarie dell’associazione Le rotaie presenti sulla Transiberiana.

L’itinerario continua e dalle pinete si passa ai faggeti di Quarto Santa Chiara; la zona è un paradiso per gli sport all’aperto e meta di escursionisti che vogliono percorrere i sentieri della Majella.

L’ultima tratta del “treno della neve”, che è il nome di questa particolare tratta stagionale della Transiberiana, porta a Roccaraso, la capitale degli sport invernali del centro-sud Italia. Questa località ha oltre 130 chilometri di piste da sci, cinquanta solo per lo sci alpino, e tra le altre attività che si possono svolgere nella stagione invernale ci sono le ciaspole, lo slittino e lo snowtubing, le discese su piste di neve su grosse ciambelle gonfiabili. Purtroppo il centro storico di Roccaraso è stato distrutto dalle truppe tedesche nella ritirata alla fine della seconda guerra mondiale.

Il tragitto di ritorno

Durante il tragitto in treno i visitatori possono scendere nelle quattro fermate intermedie in cui fa tappa il treno. Si può decidere di degustare i tanti prodotti locali e, in base alla stagione, partecipare ad attività nella natura e visite guidate nei borghi. E infine, nel tardo pomeriggio, il ritorno a Sulmona diventa l’occasione per riposarsi della lunga giornata facendosi cullare dal treno.

La Transiberiana d’Italia non ha viaggiato ininterrottamente da quel lontano settembre 1897. Negli anni ottanta questa linea fu inserita nei percorsi ferroviari italiani da dismettere, ma quella che sembrava essere la sua fine, il 10 dicembre 2011, giorno dell’ultima corsa ordinaria, è stato l’inizio di un processo che con la riapertura della tratta storica nel 2014 gli ha conferito una seconda giovinezza.

Oggi è la prima ferrovia turistica italiana per numero di passeggeri trasportati: nel 2019 ci hanno viaggiato 29mila persone e nel 2020, in solo un mese e mezzo di apertura per via della pandemia, sono state registrate comunque settemila presenze. La volontà di Alessandro Margiotta e la passione di tante persone che come lui quel dicembre di undici anni fa hanno deciso di mobilitarsi contro la chiusura, hanno salvato le sorti di una linea ferroviaria che oggi è diventata un patrimonio turistico.

Dove dormire

B&b L’annunziata
Un palazzetto a tre piani ospita sei mini appartamenti caldi e accoglienti con ingresso indipendente e arredati come le case di un tempo.

La dimora del falconiere
Camere comode ed eleganti in un edificio borbonico. Il nome è un omaggio a Federico II di Svevia e al figlio Manfredi, amanti della falconeria e di Sulmona.

Sei stelle
La struttura è attraversata dagli archi dell’acquedotto medievale e le camere richiamano gli stemmi dei borghi e dei sestieri della giostra cavalleresca di Sulmona.


Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it