Come rilevato dal rapporto Spiagge italiane di Legambiente, a maggio 2021, le concessioni sul demanio costiero sono più di 61mila, in aumento rispetto alle 53mila del 2018. Di queste 12.166 sono concessioni per stabilimenti, contro le quasi 11mila del 2018, con una crescita del 12,5 per cento. Si stima che dal 2000 al 2021 siano raddoppiate.

L’Emilia-Romagna è la regione con il maggior numero di stabilimenti balneari (1.063, circa il 10 per cento del totale nazionale), seguita dalla Toscana (914) e dalla Liguria (807).

Per visualizzare questo contenuto, accetta i cookie di tipo marketing.

Le spiagge libere sono regolamentate dalle normative regionali. Alcune regioni, come Puglia e Sardegna, destinano il 60 per cento delle spiagge per uso libero. In altre, come Toscana, Basilicata, Sicilia, Friuli Venezia Giulia e Veneto, non esiste una quota specifica per le spiagge libere.

La questione però non è legata solo ai numeri, ma anche alla qualità delle spiagge: “In molti comuni le uniche aree non in concessione sono quelle vicino allo scarico di fiumi, fossi o fognature e quindi dove ci si può sdraiare a prendere il sole ma la balneazione è vietata”, spiega Legambiente.

Per visualizzare questo contenuto, accetta i cookie di tipo marketing.

Sulla base dei dati del ministero delle infrastrutture e dei trasporti, elaborati da lavoce.info, su oltre 13mila concessioni balneari per uso turistico di cui sono disponibili i dati sul canone, solo 3.157 prevedono un canone annuo superiore a cinquemila euro, mentre più della metà ha canoni inferiori a duemila euro.

Secondo gli ultimi dati sulle entrate dello stato (2019), l’ammontare totale dei canoni è pari a 115 milioni di euro, di cui solo 83 sono stati riscossi. Inoltre ci sono 235 milioni di euro di canoni ancora da versare dal 2007. Il giro d’affari degli stabilimenti balneari è stato stimato da Nomisma, società che realizza ricerche di mercato, in circa 15 miliardi di euro annui.

Per visualizzare questo contenuto, accetta i cookie di tipo marketing.

La maggior parte delle spiagge italiane è toccata da acque balneabili di buona o ottima qualità. Ma il 7,2 per cento delle spiagge (72 chilometri) non è fruibile a causa dell’inquinamento (dal calcolo sono escluse le aree portuali, aeroportuali, industriali e le coste alte rocciose).

Le regioni dove la quantità di aree costiere interdette alla balneazione è più alta sono Sicilia e Campania, che hanno circa 29,7 e 14,9 chilometri di spiaggia inutilizzabili (pari rispettivamente al 17,2 e al 17,9 per cento delle coste sabbiose delle due regioni).

Per visualizzare questo contenuto, accetta i cookie di tipo marketing.

Secondo l’Osservatorio paesaggi costieri italiani di Legambiente, tra il 1970 e il 2020 i chilometri di costa in erosione sono triplicati, portando alla scomparsa di almeno 40 milioni di metri quadrati di spiagge.

Il fenomeno continuerà ad aggravarsi con la crisi climatica, favorendo le inondazioni e gli eventi meteorologici estremi. Le maggiori criticità emergono al centro-sud, come in Calabria dove sono a rischio di erosione 278 chilometri di coste.

Per visualizzare questo contenuto, accetta i cookie di tipo marketing.

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it