Mentre saliamo verso la terrazza dove si svolge l’aperitivo d’accoglienza di Ypsigrock, chiedo per curiosità a chi si occupa di rapporti con la stampa per il festival quanti altri colleghi italiani, oltre a me, sono in arrivo. Non tanti, mi fa capire. In compenso ce ne sono molti stranieri, soprattutto inglesi, tra cui uno dell’Independent e, forse, uno del Guardian. Non è una novità: il festival di rock alternativo che dal 1997 si svolge in piazza Castello a Castelbuono – novemila abitanti arroccati in collina nell’entroterra della Sicilia, a venti chilometri di curve dalla costa di Cefalù, Palermo – è il più internazionale dei nostri, quello che tiene a riferimento i grandi appuntamenti europei e, pur con numeri relativamente piccoli, da nicchia, gioca un campionato a parte rispetto agli altri italiani.

Lo si capisce per esempio dal suo sito web e dai materiali promozionali, entrambi in inglese, ma anche dalle indicazioni bilingue che compaiono nel paese nei giorni della manifestazione, per lo più cartoncini scritti a penna con indicazioni per pagare (”Cash here”, “Credit card here”) o frasi di benvenuto (”Benvenuti ypsini / Welcome ypsini”) appesi fuori ai tanti ristoranti e rosticcerie. Sono i primi contrasti, questi, che rendono unico il soggiorno – quest’anno dal 4 al 7 agosto – al festival.

Contrasti
Ypsigrock è un’istituzione, che da anni ospita il meglio del rock (e non solo) alternativo internazionale. Solo nel 2019, prima della pandemia, c’erano The National, Fontaines D.C. e Spiritualized. Del festival, dei suoi standard di qualità e della sua mitologia si scrive da anni: si sa che è un “boutique festival”, un festival a misura d’uomo, segnalato dal Guardian e rinomato all’estero; che chi ci suona una volta poi non potrà più farlo in seguito, a meno di presentarsi con un nuovo progetto artistico; che ha un legame stretto con il territorio; e che vanta un pubblico proveniente da tutta Europa fedele, attento ed educato, assimilabile a una grande famiglia. Ciò che stupisce però è come questi elementi s’incastrino ogni volta, compreso quest’anno in cui la macchina è tornata a pieno regime dopo due anni a trazione ridotta.

Ypsigrock, infatti, funziona perché tiene in equilibrio questi contrasti: in programma ci sono concerti di qualità, desiderati ed esclusivi, organizzati in una piazza piccola (poco più di duemila paganti) che sembra un’oasi, dove si sta larghi, non c’è l’ansia di dover stare in prima fila per vedere gli artisti sul palco e i prezzi dei drink sono popolari. I concerti avvengono in un paese in cui nel resto dell’anno la vita scorre lenta e lontana dalla musica, tra una raccolta differenziata fatta con gli asini, una cucina tradizionale invidiabile e una piazza principale colonizzata da circoli di pensionati.

Ma è proprio nell’incontro tra questi mondi che scatta la magia: nell’accoglienza affettuosa degli abitanti del posto, nel modo in cui un pubblico di solito proveniente dalle metropoli europee riesca a calarsi nei ritmi locali, che rendono il festival un’esperienza a tutto tondo. Si parte la mattina, colazione con granita siciliana e brioche; pranzo in uno dei locali tipici del posto o al campeggio, dove cominciano i primi concerti; poi dalle 18, al chiostro di San Francesco, aperitivo con set dal vivo (tra molto dream pop, hanno spiccato il rap intersezionalista di Denise Chalia e quello dell’ucraina Alyona Alyona); quindi, cena nei vicoli del paese e live in piazza Castello.

Nel clima disteso di quei giorni in giro s’incontrano artisti italiani in veste di pubblico (Colapesce, Dimartino, La Rappresentante di Lista, Dente) e i musicisti internazionali in cartellone, magari in un ristorante o in fila per un gelato.

“Il miglior posto in cui abbiamo suonato”
Non a caso chi sale sul palco quasi sempre si complimenta con il festival e gli spettatori, che sia per l’organizzazione puntuale (gli orari sono rispettati, tutti, al minuto), per il colpo d’occhio sul parterre o per l’esperienza di stare a Castelbuono. È successo anche quest’anno: per un gruppo storico come gli statunitensi Flaming lips, che esiste dal 1983 e ha girato il mondo, quello di venerdì 5 agosto è stato il concerto nel “miglior posto in cui abbiamo suonato”. E il loro show è stato il migliore del festival, con la messa in scena del solito circo di coriandoli, gonfiabili, video volutamente kitsch e la bolla dentro cui si muove il front man Wayne Coyne, per uno spettacolo tra glam rock e pop psichedelico che ha coinvolto tutti, compresi i curiosi sulle finestre.

La serata di sabato invece ha provato come Ypsigrock stia riuscendo a sdoganarsi dalla matrice esclusivamente alternative rock, mettendosi al passo dei suoni del tempo e allargando l’offerta d’intrattenimento. Prima, infatti, c’è stato il pop elegante e divistico della britannica Self Esteem, con coriste e corpo di ballo. Poi i belgi 2manydjs (il progetto di dj set dei Soulwax) hanno fatto ballare per un’ora e mezza con cassa dritta e visual, facendo a fette vent’anni di cultura pop partendo dai remix di Beatles e Stooges e arrivando a Rosalía.

L’unica episodio un po’ stonato, insieme all’esibizione algida della band post punk delle Goat Girl di domenica, è stato quello in quota italiana, cioè il concerto di Manuel Agnelli di giovedì. Al di là dei problemi d’audio è l’operazione in sé a lasciare perplessi: con un disco solista in uscita a settembre, il leader degli Afterhours ha suonato in solitaria i classici della band in un formato più distorto e fisico, in linea con l’immagine da rocker tradizionale che si è costruito negli ultimi anni in televisione. Nonostante fosse accompagnato dai Little Pieces of Marmelade e da Beatrice Antolini, lo show è sembrato abbastanza piatto, orfano della “tridimensionalità” che garantiscono gli originali Xabier Irondo, Rodrigo D’Erasmo, Roberto Dell’Era.

A rimettere le cose in sesto, comunque, ci hanno pensato gli statunitensi DIIV, domenica. E quando durante il loro set allucinato, che mischiava shoegaze e post punk, raffinatezza e attitudine garage, in piazza sono comparsi anche bambini affascinati e dei palloncini tipici delle sagre di paese, nessuno ha avuto niente da dire. Anzi è stato chiaro a tutti, ancora una volta, quale sia l’identità unica di Ypsigrock.

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it