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Perché i paesi africani bloccano l’esportazione degli asini in Cina

Asini trasportano della paglia a Niamey, in Niger, il 18 marzo 2016. (Issouf Sanogo, Afp)

Gli esseri umani devono molto agli umili asini. Questi animali, addomesticati più di cinquemila anni fa, sono stati usati un po’ per tutto, dall’agricoltura alla guerra. Tuttavia, a mano a mano che il mondo diventa sempre più industrializzato, solo le comunità più povere continuano a dipendere dagli asini per le necessità quotidiane. Questo è evidente soprattutto in Cina: dopo vent’anni di crescita economica, il numero degli asini cinesi si è quasi dimezzato.

Questo declino ha avuto un effetto indesiderato sulla medicina tradizionale. Quando viene bollita, la pelle dell’asino produce una sostanza gelatinosa, nota come ejiao, usata in tonici e medicinali diffusi in Cina. Tra le sue presunte proprietà, curare la tosse, alleviare l’insonnia e depurare il sangue. Attualmente non ci sono abbastanza asini in Cina per produrre una quantità sufficiente di ejiao, perciò i produttori si stanno rivolgendo all’Africa, dove la popolazione di asini gode ancora di ottima salute.

Quest’anno il Niger ha esportato in Cina circa ottantamila asini, rispetto ai 27mila del 2015. In Burkina Faso nel primo trimestre del 2016 ne sono stati venduti 18mila, rispetto ai mille dell’anno precedente. Ad aprile a Naivasha, in Kenya, è stato aperto un mattatoio per asini che rifornisce un mercato cinese in rapida espansione.

Inconvenienti per le comunità africane
Tuttavia questo fiorente mercato dell’esportazione causa anche grossi inconvenienti agli africani. In Niger il prezzo di un asino è aumentato da 34 a 147 dollari, una cifra spropositata per gli agricoltori e i mercanti che hanno bisogno di questi animali per mantenere le loro famiglie. Le autorità temono inoltre che le esportazioni finiranno per decimare la popolazione di asini locale. Il governo ha quindi deciso di vietare le esportazioni.

Il Burkina Faso ha preso un provvedimento simile ad agosto. A Ouagadougou la situazione è stata discussa dal governo due volte prima di annunciare ufficialmente il divieto di esportazione.

In Sudafrica l’aumento della domanda di asini ha causato un aumento dei furti e delle crudeltà inflitte a questi animali. Il National council of societies for the protection of animals (Nspca) “conferma con orrore che gli asini sono le ultime vittime del traffico di parti animali ‘per scopi medici’ verso l’estremo oriente. Gli asini vengono radunati, rubati, trasportati e infine macellati in modo brutale per le loro pelli”.

L’Nspca ha riferito inoltre il caso di settanta asini “malati, deboli ed emaciati” scoperti in una tenuta agricola vicino a Bloemfontein. Il proprietario ha confermato che voleva spedire le loro pelli in Cina.

(Traduzione di Giusy Muzzopappa)

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