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Il rapper Bobi Wine guida la rivolta democratica in Uganda

Robert Kyagulanyi, al centro, partecipa a una manifestazione a Kampala contro una tassa sull’uso dei social network, l’11 luglio 2018. (Isaac Kasamani, Afp)

Robert Kyagulanyi non riesce a ricordare il giorno in cui Yoweri Museveni è stato nominato per la prima volta presidente dell’Uganda. È successo 33 anni fa, e lui aveva solo tre anni. Da allora Museveni è diventato presidente altre quattro volte, l’ultima nel 2016. Nel frattempo Robert Kyagulanyi, meglio conosciuto come Bobi Wine, è cresciuto fino a diventare una seria minaccia al tentativo del presidente di prolungare la sua permanenza nel palazzo presidenziale.

Solo due anni fa sarebbe stato impossibile immaginarlo. È vero, Wine si è costruito una solida carriera come musicista reggae e uomo di spettacolo, e si è incoronato “presidente del ghetto”, in riferimento all’infanzia trascorsa in uno degli slum più poveri di Kampala. Ma fino a oggi era più famoso per i suoi testi e le “contese” di alto profilo con i musicisti rivali che per le sue opinioni politiche.

Se si esaminano quei testi un po’ più da vicino, però, i segnali del vortice politico che stava per scatenarsi erano tutti lì. Nel 2016, quando la maggior parte dei suoi colleghi era stata cooptata per interpretare una canzone elettorale a sostegno di Museveni, Wine ha pubblicato un brano intitolato Dembe (pace), rivolto direttamente al presidente:

Lwaki temulabira ku Mandela (Perché non ti ispiri a Mandela)
Yafuga kimu n’ata bendera (ha governato per un po’ e poi ha rinunciato al potere)
Abakulembeze okulwa mu ntebe (I leader che restano troppo a lungo al potere)
Ky’ekireetera Uganda okufuuka eddebe (sono il motivo per cui l’Uganda è in rovina)

Nell’aprile di quell’anno Wine è entrato in politica. Si è tagliato i dreadlock, ha comprato qualche abito nuovo e si è candidato per conquistare il seggio parlamentare vacante di Kyadondo East, un collegio elettorale di Kampala. Da indipendente ha ottenuto una netta vittoria, superando sia i candidati del National resistance movement (Nrm), il partito di governo, sia quelli del Forum for democratic change, all’opposizione.

“A differenza dei suoi colleghi che cantano di donne, lui faceva musica con un messaggio politico. Perciò quando ha portato il suo messaggio fuori dell’ambiente musicale e nei comizi, un nuovo politico stava conquistando la scena”, ha detto Sadab Kitatta, un giornalista dell’Ugandan Observer che ha documentato l’ascesa di Wine.

La vittoria di Wine è stata uno shock per il sistema politico ugandese, ma all’inizio è rimasto un fatto abbastanza isolato. Kampala dopotutto è da tempo una roccaforte dell’opposizione, e si riteneva che la sua popolarità non sarebbe andata oltre le regioni del paese dove si parla luganda, e questo avrebbe limitato il consenso al livello nazionale.

Si sbagliavano. Dopo aver vinto, Bobi Wine ha sostenuto altri tre candidati, tutti più o meno degli outsider, per altrettanti seggi parlamentari, a Jinji, Bugiri e l’ultimo ad Arua. “Con queste elezioni ha assunto un ruolo di primo piano e sta lanciando il suo movimento, People power. Il movimento sta dimostrando di essere una forza politica seria. A quanto pare i giovani, su cui esercita un grande fascino, stanno accogliendo rapidamente il suo messaggio”, dice Kitatta.

Molti giovani ugandesi non ricordano le guerre e il caos, non chiedono altro che cambiamento

Se Bobi Wine ha davvero catturato l’immaginazione dei giovani ugandesi, la demografia è dalla sua parte: più del 75 per cento della popolazione ha meno di trent’anni. Nemmeno loro si ricordano della prima volta in cui Museveni è stato eletto presidente o della violenta guerra civile che ha preceduto il suo arrivo al potere, la cosiddetta guerra del bush che ha detronizzato Milton Obote e che continua a rappresentare la base su cui Museveni e l’Nrm fondano la loro legittimazione.

“Per un bel po’ di tempo Museveni ha usato gli spettri del passato per giustificare la sua lunga permanenza al potere, ha tenuto gli ugandesi sotto scacco con la minaccia di un ritorno a quei giorni turbolenti se lui fosse stato allontanato dal potere”, ha detto Erias Lukwago, sindaco di Kampala e critico feroce del governo. “Molti ugandesi hanno preso per buona questa retorica, ma sembra che la situazione stia cambiando per la nuova situazione demografica. Molti giovani ugandesi non ricordano le guerre e il caos, non chiedono altro che cambiamento”.

Museveni però non è particolarmente interessato al cambiamento. A gennaio ha firmato una legge per abolire il limite di 75 anni imposto per candidarsi alla presidenza. All’età di 73 anni potrà così presentarsi per un sesto mandato nel 2021.

“L’ultima modifica ha peggiorato la costituzione. Non c’è speranza che quest’uomo se ne vada. Prima la gente diceva, ‘Basta aspettare, a 75 anni se ne andrà’… Ora la gente si chiede cosa succederà”, dice Patrick Wakida, direttore dell’agenzia di ricerca Research world international.

Il clima è cambiato
Il 13 agosto nella città settentrionale di Arua, non distante dal confine con la Repubblica Democratica del Congo, una sassaiola ha colpito il corteo presidenziale mentre passava attraverso una folla inferocita. L’incidente ha fatto precipitare la politica ugandese nel caos, spingendo Bobi Wine ancora più sotto i riflettori. La folla si era radunata per sostenere Kassiano Wadri, candidato a un seggio parlamentare in un’elezione suppletiva che si sarebbe svolta due giorni dopo e che era destinato a vincere. Museveni era in città per sostenere il candidato del partito al governo.

Il presidente ne è uscito fisicamente incolume e nemmeno il suo veicolo è stato danneggiato. Dal punto di vista simbolico però si è trattato di un attacco senza precedenti alla sua autorità e una dimostrazione sbalorditiva del fatto che non ha più il completo controllo del paese.

Dopo aver messo in salvo il loro capo facendolo salire su un elicottero, gli addetti alla sicurezza del presidente sono tornati indietro ad affrontare la folla. Una volta che le acque si sono calmate, almeno 36 persone erano state aggredite o arrestate, e tra loro sei parlamentari e due giornalisti. Yasiin Kawuma, l’autista di Wine, è stato ucciso da un colpo di arma da fuoco mentre era al volante della sua auto.

Bobi Wine, che con il suo supporto è stato determinante per la vittoria di Wadri, era tra i parlamentari arrestati, ma non è stato portato in un commissariato. È stato invece detenuto nella caserma militare di Makindye a Kampala, il 27 agosto è stato rilasciato su cauzione, ma comparirà in tribunale il 30 agosto per rispondere dell’accusa di tradimento. Secondo i suoi familiari è stato picchiato e torturato. Asuman Basalirwa, l’avvocato di Wine afferma che “i capi d’accusa sono assurdi e ridicoli. Non reggono… mentre parliamo stanno fabbricando le prove a tavolino”.

La detenzione di Wine e l’intera vicenda hanno provocato un’ondata di proteste contro il governo. Sui social media l’hashtag #FreeBobiWine ha fatto il giro del mondo, mentre a Kampala grandi manifestazioni sono state disperse dalla polizia con munizioni vere, gas lacrimogeni e un’altra ondata di arresti.

“Siamo arrivati a un punto di non ritorno. Adesso tante persone che stavano dalla parte dello stato capiscono che questa illegalità è completamente folle”, dice Patricia Twasiima Bigirwa, un’avvocata di Chapter four Uganda, un gruppo di attivisti per i diritti umani. “Non si tratta solo di Bobi Wine, sono tutti gli ugandesi a essere spaventati”.

Un avvertimento preoccupante
Museveni ha raccontato una versione diversa dei fatti. È molto attivo sui social network, dove di solito offre consigli pratici sulla selezione delle colture e sulle tecniche agricole, e ha usato il suo blog per parlare della vicenda. In tre diversi post ha accusato Bobi Wine di aver aizzato la folla e ha lodato le forze di sicurezza per come hanno reagito. “Se non fosse intervenuto l’esercito ad Arua, molte persone sarebbero rimaste uccise dal gruppo di questo Bobi Wine”, ha scritto.

La sua sicurezza personale non lo preoccupava affatto: “Il presidente ha la capacità, da solo o con le sue guardie del corpo, di difendersi non solo contro chi lancia pietre, ma contro qualsiasi aggressore”. A quanto pare il suo spirito combattivo non è stato offuscato da decenni di permanenza al potere.

Ed è vero che, almeno dal punto di vista politico, Museveni ha prevalso contro qualsiasi avversario. Ha combattuto contro tutte le fazioni interne al suo partito di governo e contro diverse generazioni di leader di opposizione. Bobi Wine rappresenta davvero una minaccia diversa da tutte le altre?

“Bob Wine offre all’opposizione la possibilità di galvanizzare i giovani con una lingua che capiscono e spingerli a fare domande a uno stato che non è abituato a essere messo in discussione”. Kizza Besigye – uno dei leader dell’opposizione – e Museveni erano assieme durante la guerra del bush a Luweero, perciò Besigye è “un’entità nota” che non rappresenta una minaccia per il ruolo dei militari nella politica. Bobi Wine costituisce invece un nuovo tipo di politico e con la sua fama, la musica coinvolgente e il seguito di cui gode tra i giovani minaccia lo status quo”, ha osservato Nicole Beardsworth, analista politica dell’Interdisciplinary global development centre.

Lukwago, sindaco di Kampala, ha detto che le forze messe in moto da Bobi Wine potrebbero non limitarsi a minacciare lo status quo, ma a rovesciarlo completamente. “I segnali ci sono tutti… le cose possono solo peggiorare. Il paese potrebbe prendere fuoco. Conoscete la storia di questo paese, piena di luci e ombre. Abbiamo visto scorrere abbastanza sangue. Non abbiamo mai assistito a un normale avvicendamento di potere”.

Questo articolo è uscito sul settimanale sudafricano Mail & Guardian, con il titolo Bobi Wine, Uganda’s ‘ghetto president’, upstages the real head of state. Traduzione di Giusy Muzzopappa.

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