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Gli Stati Uniti ormai si interessano più all’Asia che all’Europa

Il segretario di stato statunitense John Kerry durante una conferenza stampa a Manila, nelle Filippine, il 27 luglio 2016. (Erik De Castro, Reuters/Contrasto)

Quando sono troppo presenti suscitano irritazione, quando invece sono troppo assenti provocano un lamento generale, come quello che risuona oggi nelle capitali europee e mediorientali. “Ma che fanno gli americani? Dove sono?”, sentiamo dire sempre più spesso. La risposta è semplice: sono altrove, non più dov’erano prima.

Vincitori della guerra fredda, gli statunitensi non temono più di vedere i carri sovietici avanzare fino alle coste dell’Atlantico. Per loro l’Europa non è più un’area strategica. Ricchi di petrolio e gas da argille, non hanno più bisogno nemmeno del Medio Oriente, che agli occhi di Washington ha perso l’importanza vitale mantenuta per oltre un secolo.

Per la Casa Bianca le due sponde del Mediterraneo hanno ormai un peso relativo, di gran lunga inferiore a quello della Cina. Per gli statunitensi il continente strategico è l’Asia, terra che non vogliono abbandonare all’influenza cinese perché se il paese più popoloso al mondo abbinasse al suo dinamismo economico una vasta rete di alleanze con i vicini, diventerebbe rapidamente la prima potenza del mondo, molto più forte degli Stati Uniti.

La battaglia del secolo

Questo è il motivo per cui gli americani sono così attivi in Asia, continente dove si gioca la più grande battaglia del nostro secolo e dove si concentrano gli sforzi militari di Washington. È in Asia, molto più che in Europa o in Medio Oriente, che gli statunitensi cercano di consolidare le loro alleanze per offrire al continente un’alternativa alla Cina. In poche parole, in Asia l’America difende i suoi interessi per preservare o creare la propria tranquillità.

La svolta asiatica sta impegnando a fondo gli Stati Uniti, e John Kerry, capo della diplomazia americana, ha dedicato molto tempo a questo fronte dell’attività diplomatica. Oggi Kerry si trova a Ginevra per parlare di Ucraina e Siria con Sergej Lavrov, il ministro degli esteri russo. Gli occhi del mondo sono puntati sul loro dialogo.

Ma facciamoci qualche domanda sul recente promemoria dell’Onu a proposito dell’uso di armi chimiche impiegate dal gruppo Stato islamico e dal regime siriano.

Gli Stati Uniti non hanno bombardato Assad per non compromettere l’accordo sul nucleare iraniano

Perché Barack Obama ha rinunciato, tre anni fa e all’ultimo secondo, a bombardare l’aviazione di Bashar al Assad? Perché ha deciso di fare un passo indietro dopo aver dichiarato che l’impiego di armi chimiche da parte di Damasco rappresentava una linea rossa invalicabile? Dicono sia stata incoerenza, leggerezza e viltà, ma non è così.

La verità è che in quel momento gli Stati Uniti stavano lavorando a un grande compromesso con l’Iran sul nucleare. Era una loro priorità perché non volevano che i sauditi e gli israeliani li spingessero a bombardare le strutture nucleari iraniane, di conseguenza non hanno voluto compromettere questo negoziato colpendo l’alleato siriano di Teheran. Hanno scelto la tranquillità su due fronti senza mettere a punto un piano strategico. Anche perché, in Medio Oriente come in Europa, non hanno più alcuna voglia di preparare strategie.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

Bernard Guetta sarà al festival di Internazionale a Ferrara dal 30 settembre al 2 ottobre 2016.

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