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Gli indipendentisti scozzesi cercano il modo di restare nell’Ue

La first minister scozzese Nicola Sturgeon incontra Jean-Claude Juncker, presidente della Commissione europea, a Bruxelles, il 29 giugno 2016. (Eric Vidal, Reuters/Contrasto)

In occasione del referendum del 2014 i nazionalisti scozzesi non erano riusciti a far trionfare l’indipendentismo. La Scozia non aveva voluto avventurarsi sul cammino della separazione, ma questo non le ha impedito di confermare la maggioranza all’Snp, il partito degli indipendentisti scozzesi, nelle elezioni britanniche del 2015 e in quelle amministrative di quest’anno.

Sono ormai dieci anni che l’Snp governa la Scozia, dove la sua influenza è profonda. Il Regno Unito, la Commissione europea e tutte le capitali dell’Unione seguiranno attentamente il congresso del partito che si apre oggi, 13 ottobre, a Glasgow, perché il 62 per cento degli elettori scozzesi ha votato contro la Brexit.

Contrariamente a Inghilterra e Galles ma come Irlanda del Nord e Gibilterra, la Scozia non vuole uscire dall’Unione. Gli scozzesi che hanno rifiutato la Brexit sono ancora più numerosi di quelli che avevano bocciato l’indipendenza due anni fa, e oggi l’Snp dovrebbe inviare un messaggio preciso a Theresa May, prima ministra britannica.

La scelta di negoziare
Se May non troverà il modo di far uscire gli inglesi e i gallesi dall’Unione permettendo alla Scozia e forse all’Irlanda del Nord di restare, l’Snp è pronto a organizzare un altro referendum sull’indipendenza, che stavolta potrebbe davvero vincere.

A priori, la premier britannica non intende accettare. “Abbiamo votato come Regno Unito, negozieremo come Regno Unito e lasceremo l’Unione europea come Regno Unito”, ha dichiarato la settimana scorsa in occasione del congresso dei tory.

Effettivamente c’è un aspetto poco condivisibile nella posizione dell’Snp, che rifiuta di riconoscere il risultato di uno scrutinio a cui ha partecipato come tutti gli scozzesi. Tuttavia, se domani vincesse l’indipendentismo, May sarebbe obbligata a prenderne atto. Prima di ritrovarsi davanti al fatto compiuto e assistere alla secessione della Scozia, a cui potrebbe aggiungersi l’Irlanda del Nord, May farebbe meglio a negoziare con l’Snp, che tra l’altro fa riferimento a un precedente di cui si parla sempre di più a Edimburgo.

Parte autonoma ma integrante del regno di Danimarca, la Groenlandia si è pronunciata nel 1982 in favore dell’uscita dalle Comunità che in seguito sono sfociate nell’Unione europea. Questa scelta poneva un problema serio, perché la Danimarca voleva restare legata all’Europa. Cosa è accaduto allora?

“Cose è accaduto?”, domandano i nazionalisti scozzesi, prima di spiegare in lungo e in largo che la Groenlandia è diventata associata all’Unione europea come il Regno Unito potrebbe diventarlo al termine del futuro negoziato, è uscita mentre la Danimarca è rimasta nell’Unione e tutto questo non ha intaccato l’unità giuridica tra Groenlandia e Danimarca.

Da questo precedente deriva l’idea, avanzata dall’Snp, di una “Groenlandia al contrario”, di una Scozia che possa restare nell’Unione mentre l’Inghilterra fa le valigie. Sarebbe uno sviluppo inatteso. Staremo a vedere.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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