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I mezzi d’informazione hanno fatto bene a prendere posizione su Trump

Un giornalista registra un video di Donald Trump durante il primo dibattito con Hillary Clinton alla Hofstra university di Hempstead, New York, il 26 settembre 2016. (Carlos Barria, Reuters/Contrasto)

In Europa come negli Stati Uniti, è difficile essere un giornalista. È così da anni, ma la situazione è particolarmente difficile dopo l’elezione di Donald Trump, perché i mezzi d’informazione sono stati accusati globalmente di non aver saputo prevedere la sua vittoria. Ci accusano di non aver capito la collera e il rancore delle classi medie e dei più poveri negli Stati Uniti, perché a quanto si dice facciamo parte dell’élite il cui benessere non è minacciato dalla globalizzazione mentre gli altri vedono il loro tenore di vita peggiorare.

È un atto d’accusa che risuona ovunque, ma è totalmente infondato, prima di tutto perché i giornalisti non fanno parte delle classi sociali più avvantaggiate. I loro redditi continuano a calare e la loro professione diventa sempre più precaria. Il giornalismo è in crisi, colpito dalla crescita di internet e dalla riduzione dei lettori e delle inserzioni pubblicitarie. I giornali chiudono i battenti o licenziano buona parte del personale, ed è profondamente ingiusto presentare i giornalisti come privilegiati quando invece sono penalizzati dallo status quo più di molte altre categorie.

Dicono che i mezzi d’informazione hanno ignorato l’ondata che ha portato Donald Trump al potere. Anche questo è falso. Basta leggere quanto è stato scritto dai giornali statunitensi ed europei in vista delle elezioni per trovare una profusione di reportage e di analisi sul malessere dei bianchi americani della classe media, sulle sue molteplici cause e sulla sua profondità. Nessuno ha parlato di ineluttabile sconfitta di Trump e di vittoria scontata per Hillary Clinton.

I più grandi giornali occidentali non avrebbero mai voluto veder vincere Donald Trump, ma è forse un crimine?

Personalmente non ho mai smesso di sottolineare che il risultato dello scrutinio era incerto, e come me tanti altri. In tutto questo bisogna tenere presente che Hillary Clinton ha conquistato un numero inferiore di grandi elettori, ma ha vinto il suffragio popolare.

Questo diluvio di critiche ha motivazioni diverse, nascoste. Quello che si rimprovera alla stampa è di aver sperato in una vittoria di Clinton. Fatta eccezione per Fox News e tutti i media conservatori degli Stati Uniti, è la verità. I più grandi giornali occidentali non avrebbero mai voluto veder vincere Donald Trump, ma è forse un crimine?

Lo hanno detto chiaramente e hanno spiegato le loro ragioni. Hanno denunciato, giustamente, le menzogne e la volgarità di un candidato che, tra le altre cose, ha definito “stupratori” gli immigrati messicani. La vittoria di Trump non rende ragionevoli le sue sparate. Ora non ci resta che aspettare e vedere. Non dobbiamo giudicare a priori, e in questa rubrica ho smesso di attaccare Trump da mercoledì. Detto questo, esprimere la propria opinione non è un crimine. È un dovere.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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