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In Siria le stragi non fermeranno la guerra

Dopo un attacco aereo nella zona della Ghouta orientale, 9 febbraio 2018. (Bassam Khabieh, Reuters/Contrasto)

C’era da aspettarselo. All’inizio della scorsa settimana avevo scritto che la situazione in Siria e in tutto il Medio Oriente si stava aggravando, e il 20 febbraio il ministro degli esteri francese l’ha ammesso senza riserve.

“Il peggio deve ancora arrivare”, ha dichiarato Yves Le Drian, prima di aggiungere che “ci sono tutti gli elementi perché la situazione si aggravi”, elencando l’interruzione del processo di ricerca di una soluzione politica, la prosecuzione della guerra civile nella Ghouta e nella regione di Idlib, l’incursione dei turchi nella zona di Afrin e lo sconfinamento degli iraniani nei cieli di Israele.

Il primo elemento di preoccupazione nasce dal fatto che il regime di Damasco, forte del sostegno dell’Iran, non intende negoziare ma solo schiacciare ciò che resta della ribellione democratica. È per questo che l’esercito di Assad ha lanciato un’offensiva nella regione di Idlib, nel nordest del paese, in cui russi, iraniani e turchi avevano concordato di creare una zona di deterrenza dove trasferire elementi dell’insurrezione e soprattutto gli sfollati in fuga dalla guerra.

Una speranza tragica
Invece questi profughi subiscono una pioggia di fuoco. La loro situazione però impallidisce davanti al tappeto di bombe con cui il macellaio di Damasco ha coperto la zona della Ghouta orientale, alle porte della capitale ma ancora controllata dai ribelli. Gli ospedali sono stati i primi bersagli. Resoconti affidabili parlano di 250 morti in 48 ore. Chi non muore sotto le bombe muore di fame. Questo regime e i suoi alleati ripetono i crimini di cui si erano macchiati ad Aleppo, e la barbarie è talmente atroce da spingerci a desiderare che gli autori vincano al più presto per far cessare il massacro. Ma il massacro non cesserà.

Vittoria militare del regime o meno, questo conflitto non finirà ancora per molto tempo, perché nessuno ricostruirà questo paese fino a quando non sarà raggiunto un compromesso politico, fino a quando i turchi si opporranno alla creazione di un Kurdistan siriano autonomo alla loro frontiera (per questo sono entrati in Siria, nella regione di Afrin), fino a quando gli americani e i loro alleati sunniti e israeliani non si rassegneranno a una completa vittoria degli iraniani in Siria e continueranno a sostenere l’indipendentismo curdo, fino a quando sopravviverà l’improbabile alleanza tra Assad e i curdi e fino a quando in Israele continuerà ad aumentare il nervosismo per la presenza iraniana alle frontiere di Israele con Libano e Siria.

Il ministro Le Drian visiterà presto Mosca e Teheran.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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