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Le sanzioni economiche potrebbero servire anche a Gaza

Gaza, 12 agosto 2021. Un edificio distrutto dai bombardamenti israeliani. (Mohammed Abed, Afp)

Immaginate che Israele invada di nuovo la Striscia di Gaza, causando i soliti massacri, rovina e devastazione. Immaginate decine di migliaia di civili che fuggono per salvarsi la vita dopo aver perso il poco che avevano. Gli edifici crollano come castelli di carta, ma Israele procede come se nulla fosse: i piloti bombardano, i carri armati avanzano, i mezzi d’informazione e la popolazione israeliana esultano.

Ma improvvisamente la comunità internazionale prende una decisione: se Israele non si ritirerà immediatamente, andrà incontro a sanzioni. Se la Striscia di Gaza non diventerà una zona d’interdizione al volo, gli aerei da e per Israele resteranno a terra. Israele ignora l’avvertimento e, come sempre, si giustifica parlando di autodifesa, terrorismo e olocausto. A quel punto scatta la nuova arma definitiva: escludere Israele dal sistema internazionale dei pagamenti bancari e da quello con cui le banche li comunicano. Israele rimane senza lo Swift. Del resto, quello che vale per il paese che ha invaso l’Ucraina dovrebbe valere anche per l’invasore della Striscia di Gaza.

Senza lo Swift, Israele imploderebbe all’istante. Forse il tirannico gigante russo può resistere per un po’, ma non Israele. Nel giro di pochi giorni i signori dell’economia si presenterebbero dai vertici politici e militari con un messaggio chiaro: fermatevi. Così non possiamo andare avanti. Più o meno quello che successe in Sudafrica ai tempi dell’apartheid quando gli imprenditori dissero al governo bianco: stop. A quel punto resterebbe da capire solo per quanti giorni le forze armate israeliane continuerebbero a distruggere Gaza. Un giorno? Due giorni? Una settimana? Ma alla fine i soldati si ritirerebbero, l’assedio si concluderebbe e Gaza sarebbe finalmente libera, per la prima volta in anni. Tutto con un “colpo” di Swift.

Nuovo ordine mondiale
Fino a tre settimane fa uno scenario del genere sarebbe stato impensabile, ma forse sta prendendo forma un nuovo ordine mondiale, in cui a ogni attacco contro gli indifesi, a ogni tentativo di conquista, la comunità internazionale risponderà con misure economiche e politiche punitive. Per convincere un paese intransigente come Israele, i carri armati non servono. Basta chiudere i bancomat all’aeroporto internazionale di Tel Aviv. Gli israeliani non accetterebbero mai di pagare di tasca loro per le campagne di distruzione a Gaza, in Libano, in Siria o nella Cisgiordania occupata.

È innegabile che Israele non possa resistere a una pressione del genere: non lo farebbe. L’indifferenza degli israeliani davanti alle azioni del loro paese e del loro esercito lascerebbe immediatamente il posto alla preoccupazione e alla paura per il loro denaro. Anche i patrioti più convinti e i più inveterati guerrafondai cambierebbero subito idea. Ma la domanda è un’altra: la comunità internazionale prenderebbe mai una simile decisione? Punire la Russia non è un problema, ma Israele? Il pupillo dell’occidente? Chi oserebbe? Le parole “Israele” e “sanzioni” non sono mai state accostate e finora nessuno ha lontanamente immaginato di punire il suo arrogante disprezzo delle risoluzioni approvate dalle organizzazioni internazionali. Ma forse, dopo l’Ucraina, qualcosa è cambiato. Magari dopo aver punito la Russia non si può più perdonare tutto a Israele. Forse il mondo si sta risvegliando.

In un paese dove perfino la guerra in Ucraina è considerata un affare e un’opportunità per il sionismo (la ministra dell’interno Ayelet Shaked ha parlato della possibilità di vendere più armi all’estero mentre il parlamentare Zvi Hauser vorrebbe portare nel paese gli ebrei ucraini) la popolazione potrebbe improvvisamente aprire gli occhi e rendersi conto della realtà. La guerra in Ucraina ha dato al mondo l’occasione di non restare più in silenzio. Rispetto alla Russia, ma anche a Israele.

Gli israeliani saranno disposti a pagare di tasca loro per avamposti illegali come Evyatar, che la maggior parte degli israeliani non ha mai visto e non vedrà mai? Continueranno ad applaudire l’aviazione dopo ogni bombardamento, sapendo che a ciascun crimine seguirà una punizione? Nella nuova e sconosciuta realtà globale tutto è possibile. Forse, quando i cannoni taceranno, tutto tornerà come prima, con Israele che si comporta come crede e ignora il mondo. Ma forse qualcosa cambierà. A Washington si sentono già nuove voci. Queste voci potrebbero diventare più forti quando la guerra sarà finita, e magari il mondo potrà finalmente far sentire la propria voce, agendo non solo contro la Russia ma anche contro lo stato più coccolato del mondo, a cui tutto è permesso.

Un colpo allo Swift, e l’occupazione sarà finita.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

Questo articolo è uscito sul quotidiano israeliano Haaretz. Internazionale ha una newsletter che racconta cosa succede in Medio Oriente. Ci si iscrive qui.

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