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Le aggressioni contro le donne a Colonia

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Se vogliamo discutere di Colonia, dobbiamo schierarci dalla parte delle donne

Una donna davanti alla stazione ferroviaria di Colonia, il 7 gennaio 2016. (Wolfgang Rattay, Reuters/Contrasto)

Per ognuna di loro deve essere stato terrificante. Sono state circondate, molestate e aggredite da gruppi di uomini ubriachi, la notte di capodanno, nel centro di Colonia. A quanto pare gli aggressori erano quasi mille e le loro azioni potrebbero essere state coordinate. Un ministro ha parlato di un “reato di dimensioni completamente nuove”. Secondo il capo della polizia Wolfgang Albers, “ci sono state aggressioni sessuali su larga scala”. E ha continuato: “I reati sono stati commessi da un gruppo di persone che a giudicare dall’aspetto erano in larga misura di origine nordafricana o araba”.

La portata delle violenze a sfondo sessuale contro le donne in tutto il mondo è incredibile: è raccapricciante, dolorosa e suscita molta rabbia. Che le donne si trovino in spazi pubblici o nella presunta sicurezza delle loro case, i reati commessi contro di loro sono infiniti. Per citare le Nazioni Unite: “Si stima che il 35 per cento delle donne in tutto il mondo abbia subìto violenze fisiche e/o sessuali commesse dal compagno o violenze sessuali compiute da una persona diversa dal partner. Tuttavia, alcune ricerche su base nazionale dimostrano che in Germania almeno il 70 per cento delle donne nel corso della vita ha subìto violenza fisica e/o sessuale da parte del partner”.

Le aggressioni a Colonia, dunque, non sono un caso isolato, ma la punta dell’iceberg di una situazione particolarmente grave che, dal punto di vista globale, è sempre stata sul punto di esplodere. Suona troppo drammatico? Ma le statistiche e le testimonianze sono abbastanza precise. Come scrive il Guardian:

Una delle vittime, Katja L., ha riferito al Kölner Express: ‘Quando siamo uscite dalla stazione, ci siamo meravigliate degli uomini che incontravamo, che erano solo stranieri… Abbiamo attraversato un gruppo di uomini che formavano una specie di tunnel, e noi dovevamo passarci in mezzo… Sono stata palpeggiata dappertutto. È stato un incubo. Urlavamo e li colpivamo, ma non si sono fermati. Era orribile, credo di essere stata toccata circa cento volte in duecento metri’. Un inquirente ha riferito al Kölner Express: ‘Le donne vittime delle aggressioni sono state spintonate, avevano lividi sui seni e nella parte posteriore del corpo’.

Il Guardian prosegue:

Le aggressioni sono state l’argomento di conversazione principale su Twitter in Germania. Alcuni hanno accusato i mezzi d’informazione di non aver parlato della vicenda, altri temevano che l’incidente sarebbe stato strumentalizzato dai movimenti di destra contro i profughi.

A questo punto c’è il pericolo reale che le donne aggredite spariscano dall’orizzonte, sommerse da una guerra di parole tra destra e sinistra. A dire il vero sta già succedendo. Perciò ripetiamo cosa è successo: un migliaio di uomini ha aggredito con violenza parecchie donne in un luogo pubblico. Novanta di loro hanno presentato una denuncia alla polizia. La stessa notte si sono verificate aggressioni sessuali simili anche ad Amburgo.

Quegli uomini hanno pensato di avere un diritto assoluto sul corpo delle loro vittime. È sconvolgente.

I fatti di Colonia stanno scatenando polemiche, perché negli ultimi dodici mesi la cancelliera Angela Merkel ha accolto circa un milione di profughi arrivati dalle stesse aree geografiche da cui si dice che provengano gli autori delle aggressioni. Perciò tanti indicano proprio la politica di Merkel come responsabile della loro presenza in Germania.

A voler essere precisi, molti degli aggressori erano già noti alle forze dell’ordine e non erano tra i profughi arrivati di recente.

Però, il dibattito sarà comunque dominato dalla questione razziale, quindi parliamone. La Germania non è particolarmente diversificata dal punto di vista etnico, e la maggior parte dei neri e degli arabi che si vedono in giro appartiene alla classe operaia. I motivi sono vari, uno tra tutti la difficoltà per chi arriva dall’Africa o dal Medio Oriente di ottenere i documenti o di trovare un lavoro.

A Berlino, la città dove vivo, i neri sono in maggioranza poveri, senzatetto, oppure spacciano a Görlitzer o a Warschauer strasse, due delle più affollate stazioni ferroviarie della città. E quando dico maggioranza, intendo qualcosa che si avvicina all’80 per cento, se non di più.

E a rischio di apparire impietoso, penso che le persone interessate a cogliere le sfumature socioeconomiche dei motivi di questa povertà siano molto meno numerose di quanto vorrei. Penso invece che ci sia una tendenza, più diffusa di quanto si vorrebbe ammettere, a considerare gli uomini neri intrinsecamente inaffidabili o criminali.

Lo dico basandomi in parte sulle mie esperienze nella città e in parte su quanto raccontato da amici non bianchi. Uno di loro, un africano, ha avuto enormi difficoltà a trovare un appartamento a Berlino tramite Airbnb, al punto che ha dovuto chiedere a qualcun altro di prenotare al posto suo.

Le storie di neri che hanno difficoltà a trovare stanze e appartamenti sono tantissime. Certo, trovare casa in affitto a Berlino non è facile, tenuto conto della popolarità della città, ma le storie di discriminazione dopo un po’ cominciano ad accumularsi. Più banalmente, mi colpisce constatare quante volte – perfino sui treni più affollati – i bianchi lasciano uno spazio tra loro e me, temendo forse di sedersi vicino a un uomo di aspetto africano. E se vi sembro paranoico, allora vi dirò che me ne sono accorto quando un bianco comprensivo me l’ha fatto notare, scuotendo la testa divertito.

Ai razzisti non importa delle donne che sono state aggredite a Colonia e Amburgo, gli importa solo dimostrare ciò che hanno sempre pensato: che siamo delle bestie

A quanti di voi staranno pensando che sono troppo suscettibile, dirò che sto solo raccontando dei dati di fatto. Adoro questa città, e per viverci vale la pena affrontare simili difficoltà. Ma questi esempi mi fanno capire che i comportamenti nei confronti dei neri in alcune zone della Germania siano già pericolosamente discriminatori. E adesso ci troviamo davanti alle aggressioni di Colonia, probabilmente uno degli episodi più gravi di questo tipo.

E dunque cosa fare con tutte queste analisi? Be’, in realtà è semplice. Schieriamoci dalla parte delle donne. In Germania come altrove, i razzisti odiano comunque gli uomini neri. Hanno pensato che fossimo stupratori e pervertiti appena ci hanno visto. Ai razzisti non importa delle donne che sono state aggredite a Colonia e Amburgo, a loro importa solo dimostrare quel che hanno sempre pensato – o sperato: che siamo delle bestie.

A me, di loro non importa. Né mi importa delle persone che non vogliono sedersi accanto a me sul treno. La paura di ciò che non si conosce è difficile da superare. Mi preoccupa molto di più la sicurezza delle donne che adesso potrebbero sentirsi più vulnerabili nei luoghi pubblici. Non penso che le donne si siano mai sentite particolarmente tranquille di fronte a folle di uomini ubriachi e aggressivi, a prescindere dalla loro razza. Ma indipendentemente dalle loro intenzioni, le donne saranno più intimorite di prima dai gruppi di giovani nordafricani e arabi.

Perciò ecco la mia proposta. Perché non partiamo dal presupposto che camminare per strada senza essere molestata è un diritto fondamentale di ogni donna, in qualunque parte del mondo? Per noi uomini, a prescindere dalla nostra appartenenza etnica, è arrivato il momento di condannare sul serio il trattamento riservato alle donne negli spazi pubblici: dobbiamo rifiutare con decisione l’idea che siano le convenzioni sociali a spingerci a trattare le donne come oggetti, o che siamo condannati dai nostri incontrollabili desideri sessuali a saltargli addosso mentre ci passano accanto.

Dobbiamo fare tutto il possibile per sfidare la misoginia che da troppo tempo domina nel mondo, e dobbiamo respingere ogni atteggiamento di repressione sessista che ci sia stato impartito. Perché le donne sono stanche di parlarci di tutto questo, e sfinite da una battaglia che è stata sottovalutata troppo a lungo.

(Traduzione Giusy Muzzopappa)

Questo articolo è uscito sul settimanale britannico New Statesman.

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