×

Fornisci il consenso ai cookie

Internazionale usa i cookie per mostrare alcuni contenuti esterni e proporti pubblicità in linea con le tue preferenze. Se vuoi saperne di più o negare il consenso, consulta questa pagina.

L’Europa deve avere una strategia comune per affrontare la Cina

Un manifesto con un ritratto del presidente cinese Xi Jinping a Nuanquan, nella provincia di Hebei, il 19 febbraio 2019. (Greg Baker, Afp)

L’Europa sta provando a definire una posizione comune rispetto alla Cina. Era ora, verrebbe da dire. Se l’Unione europea (a 27 o 28) ha ancora un senso, infatti, è proprio quello di operare in contesti in cui la politica delle singole nazioni non è più una soluzione praticabile, che si tratti delle multinazionali o, come in questo caso, dell’ascesa della potenza cinese.

Negli ultimi anni, in un contesto sempre più segnato dal braccio di ferro tra la Cina e gli Stati Uniti, i paesi europei si sono limitati a curare ognuno i propri interessi, permettendo a Pechino di approfittarne. Può sembrare una problematica distante, ma in realtà la posta in gioco è enorme: riuscirà l’Europa a sopravvivere anche nel ventunesimo secolo come un blocco capace di difendere i propri interessi economici, sociali ed ecologici? Non è un interrogativo da poco.

Il 12 marzo la Commissione europea ha pubblicato una lista di dieci proposte in merito ai rapporti tra l’Unione europea e la Cina che saranno discusse nelle prossime settimane dai capi di stato e di governo.

È la prima volta che Bruxelles interveniente con un simile senso d’urgenza e gravità, e la scelta è tanto più significativa se consideriamo che arriva alla vigilia della visita del presidente Xi Jinping in Europa, prima in Italia e poi in Francia. Pochi giorni dopo, a Bruxelles si terrà il vertice annuale tra l’Ue e la Cina. I contatti, insomma, si intensificano in un momento decisivo.

La Francia, che ospiterà il presidente cinese dopo l’Italia, ha bocciato l’accordo italiano sulle nuove vie della seta

Durante i preparativi per l’arrivo di Xi Jinping è emersa una spaccatura all’interno dell’Europa dopo la decisione del governo italiano di firmare un memorandum tra Pechino e Roma sulle nuove “vie della seta” cinesi. La Francia, che ospiterà il presidente cinese dopo l’Italia, ha bocciato l’accordo, così come la Germania, con cui Parigi mantiene un’intesa di ferro sull’argomento.

Si tratta di un tema estremamente delicato, perché le principali economie europee hanno sempre respinto la richiesta di Pechino di avallare la strategia d’influenza cinese attraverso accordi di questo tipo.

Ma ora l’Italia, alla disperata ricerca di investimenti, ha rotto il fronte di opposizione e si è unita ai paesi dell’Europa centrale, alla Grecia e al Portogallo, che in passato hanno spalancato le proprie porte all’influenza cinese. Si tratta, tra l’altro, dell’ennesima divergenza tra italiani e francesi.

Una buona notizia
La proposta della commissione non risolverà tutte le contraddizioni, ma offre una base di posizioni comuni condivisibili che spaziano dalla necessità di reciprocità negli scambi economici a un’approccio comune al rischio legato all’utilizzo della tecnologia dell’azienda cinese Huawei per la rete 5g europea (tema caldissimo) o ancora al rafforzamento del filtro per gli investimenti cinesi sul continente.

È il segno del ruolo ormai assunto dalla Cina. Durante l’attuale viaggio del presidente francese Emmanuel Macron in Africa orientale, l’ombra cinese è apparsa onnipresente nei tre paesi visitati (Gibuti, Etiopia e Kenya), un’ombra economica, politica e perfino militare, con la base cinese in Gibuti. Le vie della seta sono tutt’altro che un’evocazione romantica di un passato lontano.

La coordinazione europea davanti all’avanzata cinese è dunque una buona notizia, perché ci ricorda, in un momento in cui molti dubitano, qual è la vera ragion d’essere dell’Europa.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

pubblicità