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Biden è attento alle alleanze ma non rinuncia alla leadership statunitense

Il presidente statunitense Joe Biden alla Casa Bianca, Washington, 25 gennaio 2021. (Jabin Botsford, The Washington Post via Getty Images)

A piccoli passi, in appena una settimana, la nuova amministrazione statunitense ha operato una svolta in politica estera rispetto all’epoca di Donald Trump. Come prevedibile, la squadra di Biden ha adottato una filosofia diversa, con una grande attenzione alle alleanze e a un approccio multilaterale, laddove Trump aveva agito in modo del tutto unilaterale.

Al contempo si percepisce nettamente da parte dei nuovi leader la volontà di riaffermare la leadership statunitense all’interno di uno “schieramento occidentale” che tuttavia mantiene una certa reticenza all’idea di costituirsi come blocco. È soprattutto il caso dell’Europa, dopo i traumi provocati da Trump.

Ad aver espresso questa riserva è la cancelliera tedesca Angela Merkel, nel suo intervento (virtuale) al vertice di Davos di questa settimana. Merkel ha evocato la tensione persistente tra Stati Uniti e Cina, unico elemento di continuità tra le due amministrazioni. “Vorrei evitare la costituzione di blocchi”, ha dichiarato Merkel, sottolineando di non voler scegliere tra due giganti. “Non è così che immagino le cose”.

Un clima da guerra fredda con la Cina
Sulla Cina le prime dichiarazioni segnano una continuità con l’amministrazione precedente, che si tratti del destino degli uiguri, di Taiwan o della tecnologia. La vera differenza sta nell’intenzione di Biden di costituire un fronte unito delle democrazie per affrontare Pechino, in un clima da guerra fredda che non piace agli europei.

Per il momento questa contrarietà si esprime in modo molto ovattato, sovrastata dal sollievo per l’avvento di un’amministrazione più amichevole a Washington. Una delle prime telefonate fatte da Biden è stata al segretario generale della Nato Jens Stoltenberg, per riaffermare l’impegno degli Stati Uniti sull’articolo 5 dell’accordo atlantico, che garantisce un sostegno automatico all’Europa in caso di aggressione. A Donald Trump era servito un anno prima di fare lo stesso, controvoglia e costretto.

I primi segni di cambiamento a Washington riguardano soprattutto il Medio Oriente, dove la svolta è stata spettacolare

Biden ha chiamato anche Emmanuel Macron e Angela Merkel per manifestare la sua volontà di lavorare insieme. Il nuovo segretario di stato Antony Blinken, confermato in settimana dal senato, ha rapidamente allacciato i contatti con gli alleati tradizionali degli Stati Uniti.

I primi segni di cambiamento a Washington riguardano soprattutto il Medio Oriente, dove la svolta è stata spettacolare. La nuova amministrazione ha infatti congelato i contratti per la vendita di armamenti all’Arabia Saudita e agli Emirati Arabi Uniti, che saranno oggetto di una “revisione”.

La squadra di Biden appare inoltre decisa a rilanciare il negoziato con l’Iran, e questo ha provocato l’ostilità di Israele e dei sauditi. Una campagna aggressiva ha preso di mira anche il capo negoziatore con l’Iran incaricato da Biden, Robert Malley, ex collaboratore di Barack Obama, oggi alla guida del think-tank International crisis group di Bruxelles e accusato di essere troppo compiacente con Teheran.

La nuova amministrazione ha ribadito il suo sostegno alla soluzione dei due stati per Israele e la Palestina, riallacciandosi alla posizione tradizionale da cui si era allontanato Trump.

Resta da capire in che modo questi cambiamenti si tradurranno in politiche durature. Dopotutto sono passati appena otto giorni da quando Biden ha sostituito Trump, un presidente che il resto del mondo aveva fretta di dimenticare.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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