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In Ucraina la guerra psicologica è già cominciata

L’ambasciata statunitense a Kiev, Ucraina, 14 febbraio 2022. (Aris Messinis, Afp)

Una notizia arrivata il 14 febbraio evidenzia la gravità ma anche la stranezza della situazione attuale. Gli Stati Uniti hanno annunciato di voler chiudere la loro ambasciata a Kiev e inviare il personale a Leopoli, nei pressi della frontiera polacca. Soprattutto i diplomatici hanno ricevuto l’ordine di distruggere documenti e computer prima di lasciare l’ambasciata, come hanno fatto a Kabul lo scorso agosto e a Saigon quasi cinquant’anni fa.

Ciò che sorprende di questa decisione presa dalla prima potenza mondiale è che sia arrivata prima ancora che un singolo colpo fosse esploso dall’esercito russo, il tutto mentre il presidente ucraino Volodimyr Zelenskij continuava a scherzare sugli annunci di un’invasione prevista per il 16 febbraio, ovvero due giorni dopo. L’ex comico diventato leader di un paese che potrebbe essere alla vigilia di una guerra ha deciso che il 16 febbraio sarà il giorno dell’unità e ha chiesto agli ucraini di esporre le bandiere alle finestre.

Difficile non condividere il sentimento di molti ucraini, che in queste ore potenzialmente tragiche si ritrovano soli davanti a una minaccia senza eguali in Europa dopo la seconda guerra mondiale.

Il mondo intero resta con il fiato sospeso per l’enormità di questo evento, con il ritorno della minaccia di guerra da parte di uno stato contro un paese sovrano, a prescindere dalle ragioni storiche antiche e recenti.

Quando è stata l’ultima volta che abbiamo visto in Europa 130mila soldati ultra- equipaggiati e ammassati alle frontiere di un altro paese, con la minaccia (finora senza conseguenze) di un’invasione? Non è mai successo almeno dalla fine della guerra fredda, nel 1991, mentre un’invasione reale non si vede dal 1945.

Putin ha diverse carte in mano, i suoi avversari vogliono restare fuori del gioco e a conti fatti gli ucraini sono soli

Fino a qualche mese fa nessuno avrebbe creduto a una simile possibilità, anche se in Ucraina una guerra è già in corso dal 2014 e in precedenza c’erano stati i conflitti in Georgia e Moldova. Ma in questo caso la scala è totalmente diversa.

A stupire è anche la distanza tra l’accettazione dell’atto di guerra da parte del capo di un’ex superpotenza che vorrebbe tornare a esserlo e i suoi avversari europei, che negli ultimi settant’anni hanno costruito un’unione nel culto della pace, stanchi delle guerre senza fine.

Tutto questo rende la guerra inevitabile? Di sicuro è già cominciata una guerra psicologica. Il semplice fatto che il mondo sia in tensione è una vittoria per Vladimir Putin e la chiusura dell’ambasciata degli Stati Uniti rafforza la convinzione del presidente russo di un’America che ha perso il fuoco sacro della potenza.

Di contro Putin non ha necessariamente bisogno di far scattare l’apocalisse per vincere la partita. Il dispositivo militare russo lascia aperte tutte le opzioni, compresa quella di non attaccare per evitare sanzioni potenzialmente molto dannose.

Putin potrebbe anche “congelare” il conflitto a proprio beneficio. Inoltre l’ipotesi di un riconoscimento da parte di Mosca delle due repubbliche separatiste di Donetsk e Luhansk, in Ucraina orientale, permetterebbe al Cremlino di inviare le truppe nella zona e bloccare l’adesione dell’Ucraina alla Nato.

Evidentemente Putin ha diverse carte in mano, mentre i suoi avversari si rifiutano di farsi trascinare nel suo gioco. Questo significa che gli ucraini, alla fine dei conti, sono soli.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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