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L’assedio di Mariupol contraddice il negoziato tra russi e ucraini

Mariupol, Ucraina, 28 marzo 2022. (Alexander Ermochenko, Reuters/Contrasto)

Come valutare i progressi dei negoziati tra Russia e Ucraina? O meglio, poniamo la domanda in modo diverso: possiamo sperare di essere più vicini alla fine della guerra dopo l’incontro tra i rappresentanti dei due paesi organizzato il 29 marzo a Istanbul? Tutti vorrebbero crederlo, ma la realtà è che siamo ancora molto lontani.

Il primo motivo di questa constatazione è la regola base di qualsiasi negoziato: niente è deciso fino a quando non si ha la certezza di un accordo. Il secondo, più importante, è che molti aspetti inquietanti sono ancora in sospeso, e questo smorza considerevolmente le speranze create dagli annunci del 29 marzo.

Lo stato maggiore russo ha comunicato che avrebbe allentato la morsa attorno alla capitale Kiev per “favorire la fiducia” dei negoziatori durante il faccia a faccia tra russi e ucraini. Le autorità ucraine, di contro, hanno reso note le loro proposte, che contengono importanti concessioni alla Russia.

Corridoi umanitari in difficoltà
Tuttavia la situazione sul campo dice il contrario di ciò che lascia intendere questo clima diplomatico relativamente positivo. Innanzitutto perché l’esercito russo presenta come un gesto di buona volontà la riduzione della pressione militare, laddove nel nord i russi sono in difficoltà o addirittura in arretramento. Negli ultimi giorni l’esercito ucraino ha condotto una controffensiva che gli ha permesso di recuperare posizioni nella regione di Kiev.

Ma soprattutto la situazione di Mariupol, la città martire sul mare di Azov, nel sud, contraddice palesemente questa idea di progresso. Centosessantamila civili sono assediati in questa città portuale che ha subìto bombardamenti terribili. Il 29 marzo Vladimir Putin si è rifiutato di dare il via libera al presidente francese Emmanuel Macron, che lo aveva chiamato al telefono per proporre un’operazione umanitaria con il sostegno della Turchia, paese dove si volgono i negoziati, e della Grecia, in ragione della storica presenza di una comunità greca a Mariupol.

La Russia ha accettato che l’Ucraina possa entrare a far parte dell’Unione europea

Appoggiandosi al diritto internazionale umanitario, la Francia ha chiesto una tregua per permettere ai civili di partire nella direzione che preferiscono, con la consegna degli aiuti umanitari attualmente bloccati. Putin ha dichiarato che avrebbe riflettuto sulla proposta. Una risposta non molto incoraggiante considerando che si tratta della situazione più grave in Ucraina, oltre che contraddittoria rispetto agli altri annunci.

La realtà è che Putin ha bisogno di conquistare Mariupol per poter ottenere un successo chiaro in questa guerra che diventa sempre più costosa. Mariupol, inoltre, è la chiave della continuità territoriale tra le repubbliche separatiste del Donbass e la Crimea, annessa nel 2014.

Ai negoziati di Istanbul la delegazione ucraina ha proposto di mettere da parte la questione del Donbass e della Crimea per 15 anni per raggiungere un primo accordo, accettando di assicurare la neutralità del paese ma con garanzie di sicurezza da parte delle potenze esterne per evitare nuove aggressioni.

La Russia, dal canto suo, ha accettato che l’Ucraina possa entrare a far parte dell’Unione europea, una concessione importante. Sono state dunque dimenticate le richieste massimaliste di “denazificazione” e “demilitarizzazione” che erano state il pretesto di questa guerra. In tal modo Putin riconosce implicitamente che non raggiungerà il suo obiettivo iniziale e abbozza un passo indietro.

Queste posizioni sarebbero incoraggianti se solo corrispondessero a una diminuzione della tensione. E invece il calvario di Mariupol è il simbolo tragico di quello che sembra un negoziato ma è purtroppo ancora molto lontano da un accordo di pace.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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