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Teheran usa la diplomazia degli ostaggi per negoziare sul nucleare

Teheran, 11 maggio 2022. Il capo negoziatore per il nucleare e viceministro degli esteri iraniano Ali Bagheri Kani, a destra, incontra Enrique Mora, il coordinatore dell’Unione europea per i colloqui sul nucleare. (Ministro degli esteri iraniano/Wana/Reuters/Contrasto)

Come si negozia con un paese che prende ostaggi? È il problema posto dall’Iran, che ha appena aggiunto due persone al gruppo di cittadini francesi che marciscono nelle sue galere. In questo caso si tratta di una coppia di turisti, arrestati “senza fondamento” secondo il ministero degli esteri francesi che pretende un accesso consolare che per il momento gli è negato, nel disprezzo delle regole diplomatiche.

Nessuno di questi detenuti è ufficialmente un ostaggio, certo, ma a prescindere dalle accuse nei loro confronti è evidente che queste persone fungono da moneta di scambio. Esattamente come Nazanin Zaghari-Ratcliffe, la giornalista britannica di origine iraniana liberata a marzo dopo sei anni di detenzione grazie allo sblocco di un debito britannico da 500 milioni di dollari.

Roland Marchal, un ricercatore francese, ha trascorso nove mesi in prigione prima di essere scambiato nel 2020 con un ingegnere iraniano arrestato in Francia. La sua compagna, Fariba Adelkhah, ricercatrice francese della facoltà di Sciences Po di origine iraniana, è stata arrestata nel giugno del 2019 e condannata a cinque anni di prigione. Un altro francese, Benjamin Brière, è stato condannato a gennaio a otto anni di carcere per “spionaggio”.

Vicenda complessa
Questa “diplomazia degli ostaggi” è forse l’arma del debole davanti al forte, ma è soprattutto una pratica indegna di uno stato che si è posizionato da sé nella condizione di paria. Difficile non vedervi un mezzo per fare pressione sugli occidentali in un momento in cui il negoziato sul nucleare iraniano è all’impasse e rischia il fallimento.

La vicenda, complessa, ha vissuto diversi alti e bassi. Nel luglio del 2015 l’Iran ha firmato un accordo che prevedeva il congelamento del suo programma nucleare in cambio della cancellazione delle sanzioni. Teheran ha continuato a rispettare i termini dell’accordo, ma l’elezione di Donald Trump ha cambiato le carte in tavola. Nel 2018 Trump ha portato gli Stati Uniti fuori dell’accordo, ristabilendo le sanzioni. Nel 2021 Joe Biden è arrivato alla Casa Bianca e ha deciso di resuscitare l’accordo del 2015.

Da marzo un testo è pronto per la firma, ma l’Iran avanza una pretesa che non ha alcun legame con il nucleare: gli statunitensi devono togliere i Guardiani della rivoluzione iraniani dalla lista della organizzazioni terroriste. Da questo elemento deriva l’attuale impasse.

Il 12 maggio i diplomatici francesi esprimevano un certo pessimismo sulle possibilità di trovare un’intesa. Gli arresti degli stranieri potrebbero essere il segnale di un fallimento annunciato. Fonti diplomatiche mettono in guardia gli iraniani invitandoli a non “perdere tempo” in modo da sviluppare il loro programma fingendo di negoziare. In questo momento un diplomatico europeo si trova a Teheran per tentare di sbloccare la situazione, insieme all’emiro del Qatar Sheikh Tamim.

L’alternativa è un Iran che si avvicinerebbe pericolosamente alla soglia nucleare in una regione che è costantemente sull’orlo del baratro. L’Iran prossimo all’arma atomica comporterebbe il rischio di un conflitto con Israele e le monarchie del Golfo e la garanzia di tensioni estreme con gli occidentali, oltre che un calvario prolungato per gli ostaggi, che non vengono nemmeno riconosciuti come tali.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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