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Le ambizioni di New Delhi prendono il volo grazie ad Air India

L’aeroporto internazionale Indira Gandhi a New Delhi, 2020. (Money Sharma, Afp)

Dopo 17 anni in cui non aveva ordinato nuovi aerei, il 14 febbraio Air India ha firmato il contratto del secolo: 470 aerei in un solo colpo, il più grande ordine della storia dell’aviazione. 250 Airbus e 220 Boeing saranno consegnati alla compagnia di bandiera indiana, privatizzata nel 2022 e ormai animata da grandi ambizioni. Per l’occasione il primo ministro indiano Narendra Modi ha parlato in videoconferenza prima con Emmanuel Macron e poi con Joe Biden.

Fino a qualche anno fa questo genere di annuncio spettacolare era tipico della Cina o delle compagnie aeree del golfo. L’India era il parente povero del mondo emergente, ricca di talenti ma gravata da problemi che le impedivano di fare un balzo in avanti.

Quelle limitazioni appartengono al passato? Gli indiani vorrebbero crederlo, anche perché il loro paese registra una delle crescite economiche più sostenute al mondo e dovrebbe diventare la terza economia mondiale entro la fine del decennio, alle spalle solo di Stati Uniti e Cina. Nel terzetto di testa ci saranno dunque i due giganti asiatici.

Equilibrismo sottile
Questo risveglio indiano si ripresenta nel posizionamento geopolitico di New Delhi, come ha dimostrato la guerra in Ucraina. È un equilibrismo sottile che evidenzia la portata del cambiamento su scala mondiale.

L’India si è rifiutata di condannare la Russia per l’invasione dell’Ucraina e ha perfino incrementato gli acquisti di idrocarburi da Mosca, approfittando del calo dei prezzi.

Ma questo non la rende un alleato di Putin e ancora meno del suo vicino cinese, a cui è opposta da una rivalità storica. Al contrario, l’India si è avvicinata agli Stati Uniti in ottica anticinese.

L’India è all’avanguardia di questo “non-allineamento” di nuova generazione

È un gioco di equilibri che può sembrare complesso e perfino pericoloso, ma rispecchia l’approccio di molte potenze del sud globale nel grande rimescolamento geopolitico attuale. Questi paesi rifiutano di allinearsi e vogliono limitarsi a perseguire i propri interessi.

L’India è all’avanguardia di questo “non allineamento” di nuova generazione, sposato anche dall’Arabia Saudita, dal Sudafrica e ormai pure dal Brasile di Lula. I paesi occidentali, che si aspettavano una condanna unanime dell’aggressione russa in nome del diritto internazionale, sono rimasti sorpresi da questa emancipazione di quelli che per molto tempo hanno considerato come alleati acquisiti.

In un mondo realmente multipolare, l’India aspira a esserne uno dei poli principali. Lo dimostra il fatto che quest’anno abbia affermato il suo peso presiedendo due istituzioni molto diverse tra loro: il G20, che riunisce le grandi economie mondiali, e l’Organizzazione per la cooperazione di Shanghai, il “club” inizialmente fondato da Russia e Cina con uno spirito antioccidentale.

In questa manovra acrobatica l’India sta sviluppando un’alleanza con un paese meno ingombrante rispetto agli Stati Uniti come la Francia, per esempio nella fabbricazione e fornitura di armamenti. Il presidente francese andrà in India in primavera. Recentemente Parigi, New Delhi ed Emirati Arabi Uniti hanno annunciato un partenariato a tre, segno dei legami multipli che si stringono in questo nuovo mondo che ignora i vecchi blocchi.

Questo approccio ha un profumo di realpolitk e obbliga a chiudere gli occhi sugli aspetti più discutibili dei paesi alleati. Il nazionalismo induista di Modi è uno di essi. Ma nella definizione del nuovo mondo, in piena guerra in Ucraina, la questione dei diritti umani è purtroppo marginale.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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