03 ottobre 2015 13:54

Da scrittore a scrittore David Van Reybrouck, autore di Congo (Feltrinelli 2014), racconta a Nicola Lagioia, vincitore del Premio Strega 2015, l’esperienza della scrittura tra inchiesta e racconto, quando la storia e le vite umane si intrecciano.

«La storia è un piatto abominevole preparato con i migliori ingredienti» ~ cita Lagioia riferendo un passo di “Congo”. Questo “abominevole” è reso da Van Reybrouck attraverso un continuo effetto di spiazzamento che non permette di schierare facilmente i personaggi dalla parte del bene o del male. «Il libro che ho scritto – afferma lo scrittore belga – va al di là di una storia binaria», e ricorda come la sua formazione scientifica da archeologo e l’attività di ricercatore presso l’Università di Lovanio, gli abbiano fornito gli strumenti metodologici per rompere in profondità, attraverso più di 5000 fonti e almeno 500 interviste, le dicotomie tradizionali associate agli studi africani, come l’idea di un colonialismo cattivo e di un popolo oppresso buono, o di personaggi antidemocratici negativi contro un anelito tutto positivo alla democrazia. Esemplare l’operazione culturale di Mobuto che, pur negli angusti confini di una «dittatura shakespeariana», ha saputo arginare i movimenti separatisti e «unificare il Congo che in soli dieci anni sembra essere molto più unito dell’Europa dopo cinquanta», oppure la realizzazione di elezioni democratiche nel 2006 e nel 2011 che della democrazia sembrano avere solo un pallido volto.

«Come in un gioco di specchi questo libro permette di leggere la storia del Congo attraverso l’Europa e viceversa» nota Lagioia, riferendo la centralità che il Congo ha rivestito nel capitalismo globale. «Il Congo ha avuto sempre la risorsa naturale giusta al momento giusto: gli schiavi, il caucciù, l’uranio con cui venne fabbricata la bomba atomica sganciata su Hiroshima e Nagasaki, ma anche il coltan, materiale fondamentale per la fabbricazione dei telefoni cellulari e – aggiunge Van Reybrouck – non ha esaurito questo ruolo, basta pensare all’acqua potabile e alle risorse rinnovabili». Eppure, osservano gli ospiti, il Congo è vittima di una «maledizione delle risorse naturali» che spingono molti investitori a voler competere, arricchendo le élite e lasciando la ricchezza sempre meno partecipata con il popolo. Il ruolo contemporaneo che l’Africa gioca nel settore tecnologico non va al passo con la democrazia.

Un détour sulla crisi in Europa mette in luce come l’abbassamento della soglia democratica si correli anche all’incapacità di gestire la crisi migratoria odierna. «Si nasconde dietro un problema di gestione, una questione morale: che fare delle frontiere nell’Era della globalizzazione? Come decidere quali competenze dovrebbero restare nazionali e quali diventare europee?». Poichè è già fonte di discriminazione nascere in un determinato luogo geografico, è necessario che si rifletta su come affrontare la sfida delle pari opportunità. «Gli obiettivi millenari non sono solo per l’Africa, valgono anche per l’Europa» afferma Van Reybrouck. Il Congo sta attraversando uno stato di transizione democratica molto fragile in un mondo in cui le stesse democrazie europee riducono il loro potere. Con amarezza, alla domanda di un ragazzo africano se il Congo possa essere visto come libero e indipendente, Van Reybrouck risponde di no: «benchè si sia dichiarato indipendente nel 1960, il Congo non ha ancora assaporato la sua indipendenza».

(Sara Campanella)

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