04 ottobre 2016 19:56

Qual è il tesoro più grande che possiede una città? I palazzi, i musei? Non proprio. Il vero tesoro sono le relazioni tra gli abitanti. Al legame tra relazioni e beni comuni è stato dedicato l’incontro di domenica al Teatro Nuovo di Ferrara nell’ambito della edizione 2016 del Festival di Internazionale.

A livello mondiale la percentuale di popolazione che vive nelle città ha superato da qualche anno quella che vive fuori dai grandi centri. Per il futuro delle società urbanizzate sarà sempre più importante non solo trovare punti di coesione ma scoprire modi per rendere fruibili spazi e beni a favore di tutti, specialmente in tempi di crisi come quelli che stiamo attraversando.

Nel corso degli ultimi dieci anni si sono moltiplicate le esperienze di gruppi di cittadini interessati trasversalmente a un obiettivo comune, piccolo o grande: riportare a nuova vita il parco del quartiere, fare acquisire nuove abilità ad una parte di popolazione svantaggiata o fragile, dotare un’area della città di servizi utili facendo tesoro delle multicompetenze presenti in un gruppo.

Per chi fa questo è stato coniato il termine city makers, gruppi di cttadini che focalizzano esigenze, opportunità, beni e si adoperano per raggiungere un risultato che rende la città più vivibile, più alla portata, secondo un processo che gli esperti chiamano democrazia collaborativa.

In questa prospettiva è stato ulteriormente ridefinito il concetto di bene comune come spiega Christian Iaione docente nel Dipartimento impresa e management della Università Luiss “Si pala di bene comune quando sono compresenti tre elementi: una risorsa che ha bisogno di essere resa accessibile, una comunità, la voglia di essere gestori in maniera aperta e collaborativa secondo una modalità di governance democratica del bene”. Insieme ai suoi studenti Iaione ha creato LabGov, laboratorio universitario di governance dei beni comuni che segue progetti nella periferia romana e in molti comuni italiani, da nord a sud. “Nei nostri progetti i giovani lavorano per la comunità generando nuovo valore”, conclude.

Molto avanzata l’esperienza di New York raccontata oggi da Sheila Foster, docente alla Fordham University, alla quale l’intervistatriceAlessia Maccaferri, giornalista di Nova 24, periodico del Sole24ore, ha chiesto quali siano i beni comuni sui quali quella grandissima area urbanizzata sta investendo. “Stiamo lavorando a tre grandi progetti” spiega Foster “il primo è l’estensione della banda larga in quartieri come Harlem nei quali il mancato accesso a internet determina l’impossibilità di stare al passo con i programmi scolastici sin dalle scuole elementari, il secondo è la creazione di una rete elettrica supplementare autogestita che entra in funzione in caso di calamità naturali ormai sempre più frequenti per via dei cambiamenti climatici, il terzo è un polo per l’imprenditorialità nel Bronx, il quartiere più povero della città”. Quale è il ruolo dell’autorità pubblica in tutto questo? “Deve essere un facilitatore” afferma Foster “deve rendere possibile sviluppare i progetti, affiancandosi con politiche di sostegno e attraendo anche risorse private”.

Ugualmente incoraggiante l’esperienza di Amsterdam raccontata da Joachim Meerkerk impegnato nel settore programmazione e strategia della associazione culturale Pakhuis de Zwijger e collaboratore di LabGov Amsterdam, progetto che mette insieme istituzioni e privati per sperimentare nuovi metodi di gestione dei beni comuni. “La nostra associazione aveva iniziato aggregando persone attraverso iniziative culturali, ma nel 2012 abbiamo capito che potevamo fare molto di più con la promozione di progetti destinati a far vivere meglio la comunità”. Da allora tante realtà olandesi ed europee hanno preso spunto da noi, provando a replicare il nostro modello e a fare rete. La collaborazione con Christian Iaione di LabGov ci ha dato un metodo, aiutandoci a indirizzare meglio le nostre belle energie. In fondo questo è un modo diverso di concepire la democrazia”.

Massimo Lepore, fondatore della TAM Associati, studio che si occupa di architettura sostenibile, urbanistica e progettazione del paesaggio ha raccontato la esperienza dell’Italian Pavilion alla Biennale di Architettura in corso a Venezia “Sotto il titolo Taking Care abbiamo raccolto e proposto venti progetti già attuati di valorizzazione di beni comuni. Siamo convinti che l’azione e l’esempio siano gli strumenti più efficaci per veicolare questa cultura. La caratteristica che collega queste esperienze, tra l’altro, è l’essere state realizzate tutte con budget molto bassi. La gestione dello spazio riguarda la vita di tutti noi. Siamo convinti che l’architettura non sempre sia una questione di costi ma di visione di insieme”.

Irene Marcello

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