20 giugno 2013 14:00
Un campo profughi a Jalozai in Pakistan, il 26 aprile del 2013. (Fayaz Aziz, Reuters/Contrasto)

Il 20 giugno è la giornata mondiale del rifugiato. Ma che differenza c’è tra essere un immigrato, un rifugiato o un profugo?

Apolide

L’apolide è una persona che non ha la cittadinanza di nessun paese (convenzione di New York del 1954 relativa allo status degli apolidi).

Migrante/immigrato

Chi decide di lasciare volontariamente il proprio paese d’origine per cercare un lavoro e condizioni di vita migliori. A differenza del rifugiato, un migrante non è un perseguitato nel proprio paese e può far ritorno a casa in condizioni di sicurezza.

Immigrato regolare/irregolare

L’immigrato regolare risiede in uno stato con un permesso di soggiorno rilasciato dall’autorità competente. Il migrante irregolare è una persona che:

  • è entrato in un paese evitando i controlli di frontiera;
  • è entrato regolarmente in un paese, per esempio con un visto turistico, ma ci è rimasto anche quando il visto è scaduto;
  • non ha lasciato il paese di arrivo anche dopo che questo ha ordinato il suo allontanamento dal territorio nazionale.

Clandestino

In Italia si è clandestini quando pur avendo ricevuto un ordine di espulsione si rimane nel paese. Dal 2009 la clandestinità è un reato penale.

Profugo/profugo interno

Profugo è un termine generico che indica chi lascia il proprio paese a causa di guerre, invasioni, rivolte o catastrofi naturali. Un profugo interno non oltrepassa il confine nazionale, restando all’interno del proprio paese.

Rifugiato

La condizione di rifugiato è definita dalla convenzione di Ginevra del 1951, un trattato delle Nazioni Unite firmato da 147 paesi. Nell’articolo 1 della convenzione si legge che il rifugiato è una persona che “temendo a ragione di essere perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza a un determinato gruppo sociale o opinioni politiche, si trova fuori del paese di cui ha la cittadinanza, e non può o non vuole, a causa di tale timore, avvalersi della protezione di tale paese”.

Dal punto di vista giuridico-amministrativo è una persona cui è riconosciuto lo status di rifugiato perché se tornasse nel proprio paese d’origine potrebbe essere vittima di persecuzioni. Per persecuzioni s’intendono azioni che, per la loro natura o per la frequenza, sono una violazione grave dei diritti umani fondamentali, e sono commesse per motivi di razza, religione, nazionalità, opinione politica o appartenenza a un determinato gruppo sociale. L’Italia ha ripreso la definizione della convenzione nella legge numero 722 del 1954.

L’anno scorso nel mondo ci sono stati più di 45,2 milioni di rifugiati.

Richiedente asilo

Un richiedente asilo è una persona che, avendo lasciato il proprio paese, chiede il riconoscimento dello status di rifugiato o altre forme di protezione internazionale. Fino a quando non viene presa una decisione definitiva dalle autorità competenti di quel paese (in Italia è la Commissione centrale per il riconoscimento dello status di rifugiato), la persona è un richiedente asilo e ha diritto di soggiornare regolarmente nel paese, anche se è arrivato senza documenti d’identità o in maniera irregolare.

Beneficiario di protezione umanitaria

Chi beneficia della protezione umanitaria non è riconosciuto come rifugiato, perché non è vittima di persecuzione individuale nel suo paese ma ha comunque bisogno di di protezione e/o assistenza perché particolarmente vulnerabile sotto il profilo medico, psichico o sociale o perché se fosse rimpratriato potrebbe subire violenze o maltrattamenti. Le norme europee definiscono questo tipo di protezione “sussidiaria”.

Protezione sussidiaria

La protezione sussidiaria è una forma di protezione internazionale prevista dall’Unione europea riconosciuta a chi rischia di subire un danno grave se rimpatriato, a causa di una situazione di violenza generalizzata e di conflitto. Inoltre può ottenere la protezione sussidiaria chi corre il pericolo di subire tortura, condanna a morte o trattamenti inumani o degradanti per motivi diversi da quelli previsti dalla convenzione di Ginevra.

(Anna Franchin)

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