26 novembre 2015 13:03

Dopo il secondo tragico episodio di terrorismo di cui Parigi è stata oggetto nel 2015, è legittimo chiedersi quali potranno essere le ricadute sull’economia francese.

Ovviamente, è difficile prevedere l’evoluzione della situazione nei prossimi mesi, ma è possibile identificare alcuni canali di trasmissione. In sintesi, è improbabile che l’impatto degli attentati di novembre si riveli significativo, ma è probabile che sia più consistente di quello dell’attacco di gennaio.

Innanzitutto sul turismo, che rappresenta il 7,4 per cento del pil francese del 2014. La Francia è la prima destinazione mondiale per numero di arrivi stranieri e la terza in termini di ricavi, mentre Parigi è la terza destinazione più popolare, dopo Londra e Bangkok. Sono sempre più frequenti gli asiatici e gli americani (del nord e del sud) che pernottano più a lungo e spendono di più, ma in compenso hanno una maggiore avversione al rischio.

Il contraccolpo è immediato in settori come trasporto aereo, alberghi e ristorazione e lusso. Printemps e Galeries Lafayette hanno perso rispettivamente il 30 per cento e il 50 per cento di visitatori nella settimana dopo il 13 novembre. Negli alberghi, il tasso d’occupazione è calato del 20 per cento nel primo weekend e i ricavi per camera ancora di più. Alcune attività sono state annullate (in particolare il congresso annuale dei sindaci, con decine di migliaia di partecipanti), altre confermate, ma con controlli rinforzati.

Anche per livello, composizione e modalità dei consumi interni ci saranno conseguenze nel breve periodo. Il consumatore potrebbe risparmiare di più, di fronte alla maggiore incertezza, mentre in senso opposto giocherebbe la coesione sociale che si manifesta dopo un attacco. L’evidenza da recenti episodi è che il secondo sembra prevalere. I consumi privati sono cresciuti dell’1,5 per cento negli Stati Uniti nel trimestre successivo all’11 settembre (contro lo 0,2-0,3 per cento nei tre precedenti), mentre secondo la relazione 2004 del Banco de España, “sebbene a inizio anno sia sorta incertezza rispetto alle possibili conseguenze economiche degli attentati dell’11 marzo a Madrid, alla fine questi eventi non hanno prodotto effetti duraturi”.

I consumatori potrebbero poi orientare i propri acquisti verso i negozi di prossimità, a scapito dei centri commerciali. Nel caso della ristorazione, già nei primi giorni si è osservato un calo delle presenze nei bistrot (e ancor più nei ristoranti stellati), mentre in compenso è aumentato il ricorso ai servizi a domicilio. In tutti questi casi l’impatto immediato è molto più forte che nella terza settimana di gennaio.

Ridotti del 10 per cento anche i transiti sulla metropolitana; il rovescio della medaglia è l’aumento del traffico stradale: il 17 novembre alle 9 del mattino c’erano 530 chilometri di rallentamenti intorno a Parigi rispetto ai 240 chilometri di un normale martedì. Si confermano così i risultati di uno studio di Gary Becker secondo cui un’esplosione su una linea di bus in Israele provoca una flessione del 30 per cento nel numero di viaggiatori nei giorni successivi.

Il mercato immobiliare

Terzo canale è quello del mercato immobiliare parigino, soprattutto per la clientela straniera che rappresenta l’8 per cento delle transazioni (e gli italiani sono il primo contingente). È facile anticipare che nella fascia alta del mercato (sopra i 5 milioni), dove l’80 per cento degli acquirenti sono stranieri. Americani, inglesi e cinesi si faranno più rari nei prossimi mesi. E già nel primo weekend dopo gli attentati varie transazioni sarebbero saltate all’ultimo momento. È probabile, peraltro, che si tratti soltanto di rinvii, e del resto nei primi dieci mesi dell’anno, malgrado Charlie Hebdo e Hyper Casher, il mercato del lusso è stato molto dinamico. Ben diversa la situazione laddove il terrorismo è un fenomeno ricorrente: uno studio di Asaf Zussman mostra che nelle città del nord d’Israele, bersaglio dei razzi di Hezbollah tra il 2006 e il 2012, i prezzi delle case sono diminuiti del 6-7 per cento.

In prospettiva, i canali principali di trasmissione del terrorismo potrebbero essere quelli del mercato assicurativo e dei controlli delle frontiere. Gli eventi in Francia nel 2015 (salvo lo Stade de France, dove fortunatamente alla fine il bilancio è stato limitato) hanno avuto natura molto diversa rispetto ai precedenti episodi quando erano state colpite infrastrutture come le Twin Towers, la stazione di Atocha o la metropolitana di Londra. Di conseguenza il costo per gli assicuratori è molto ridotto ed è improbabile che aumentino le tariffe o si riducano le garanzie.

Diverso è il caso per i controlli sugli scambi di beni e la mobilità delle persone. Già oggi le misure introdotte in Ungheria e Slovenia aumentano i tempi di passaggio alla frontiera: secondo il Cips, nel settore automotive i costi logistici per le società tedesche sono cresciuti del 10 per cento.

In Francia, dopo gli attacchi di gennaio il pil è cresciuto dello 0,7 per cento nel primo trimestre, più che a fine 2014. Quelli erano obiettivi chiaramente definiti: a novembre la strategia dei terroristi è stata diversa e non si può escludere che si traduca in comportamenti più cauti da parte dei consumatori. In ogni caso, le previsioni di crescita dipendono innanzitutto dall’orientamento della politica monetaria nell’eurozona e dalle politiche strutturali delle autorità francesi.

Questo articolo è stato pubblicato su Lavoce.info.

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