09 marzo 2017 09:50

L’Ungheria vuole controllare in modo ancora più stretto l’immigrazione sul suo territorio, anche se questo può scontrarsi con i vertici dell’Unione europea (Ue). Il 7 marzo il parlamento di Budapest ha votato con 138 sì, 6 contrari e 22 astensioni in favore della detenzione automatica di tutti i richiedenti asilo presenti nel paese.

Il provvedimento, che era stato abbandonato nel 2013 sotto la pressione congiunta dell’Ue, dell’Alto commissariato delle Nazioni unite per i rifugiati (Unhcr) e della Corte europea dei diritti dell’uomo (Cedh), prevede che i richiedenti non potranno lasciare le “zone di transito” organizzate alle frontiere con la Serbia e la Croazia finché le autorità non avranno deciso sul loro caso. L’Onu mette in guardia contro il “terribile impatto fisico e psicologico” di un’iniziativa del genere.

Attualmente quasi settemila persone sarebbero bloccate in Serbia in condizioni umanitarie drammatiche, in attesa di poter entrare nel territorio ungherese – possibilità offerta con il contagocce solo a poche persone al giorno.

Le giustificazioni xenofobe di Orbán
Diversi gruppi della società civile e organizzazioni per la difesa dei diritti umani hanno criticato la legge, che per loro serve gli “obiettivi di propaganda politica xenofoba e discriminatoria” del governo. Lo stesso Consiglio d’Europa ha espresso la sua preoccupazione, mentre il commissario europeo incaricato delle migrazioni Dimitris Avramopoulos ha detto di volere una “discussione seria” con le autorità di Budapest.

Nel frattempo il primo ministro conservatore Viktor Orbán ha difeso questa scelta, affermando che l’Unione europea non è degna di fiducia e che la crisi migratoria continuerà finché non saranno eliminate le sue cause. Secondo il primo ministro l’afflusso di migranti non è altro che il “cavallo di Troia del terrorismo”.

Presentandosi come il garante della sopravvivenza del vecchio continente, Orbán, al potere dal 2010, considera i migranti (per lo più musulmani) come un pericolo mortale per l’identità e la cultura cristiana d’Europa.

Il capo del governo ungherese fa spesso leva sull’elemento nazionalista, sia per convinzione personale sia per calcolo politico, cioè per impedire agli elettori del suo partito, Fidesz, di votare per il partito di estrema destra Jobbik. Nel frattempo quest’ultimo in vista delle elezioni politiche del 2018 non esita ad ammorbidire la sua immagine e il suo discorso, per rendere più presentabile questo partito con un’operazione simile a quella condotta in Francia dal Front national, scrive il Financial Times.

(Traduzione di Andrea De Ritis)

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