22 giugno 2015 08:57

Da sabato c’è un po’ più di serenità nella voce dei negoziatori. Durante il fine settimana i contatti politici e tecnici sono stati numerosi e soprattutto fruttuosi, e se anche la riunione dell’eurozona di lunedì a Bruxelles non dovesse sfociare nel compromesso tanto atteso, giovedì e venerdì ci sarebbe comunque la possibilità di arrestare la crisi greca in occasione del Consiglio europeo, il vertice dei 28 capi di stato e di governo.

In altre parole, non siamo ancora al default di pagamento, a un’uscita della Grecia dalla moneta unica e alle crisi che ne seguirebbero. La Grexit resta una possibilità, ma perché la situazione è così difficile e incerta nonostante nessuno voglia l’uscita di Atene dall’euro?

Il primo motivo è che dietro un negoziato se ne può nascondere un altro. Per quanto riguarda l’iva, le pensioni e l’avanzo primario le divergenze sono minime. Siamo quasi arrivati all’intesa, ma affinché la volontà politica superi le ultime difficoltà i leader greci pretendono garanzie quanto meno su una ristrutturazione del debito.

Questo è il principale pomo della discordia, perché il debito greco è in gran parte nelle mani degli stati europei (i cui leader non vogliono chiedere ai loro contribuenti di pagare per Atene) e qualsiasi acrobazia finanziaria ha bisogno di molto tempo.

Il secondo motivo dell’incertezza attuale è che il Fondo monetario internazionale (Fmi), diventato un elemento fondamentale per la soluzione della crisi, deve rispettare regole meno flessibili di quelle degli europei, la cui unica regola è il compromesso permanente.

Il terzo motivo è che molti paesi europei sono meno inclini alle concessioni di quanto non siano il presidente della Commissione, la cancelliera tedesca e il presidente francese. Al nord sono ossessionati dall’equilibrio di bilancio, mentre al sud temono che la nuova sinistra greca possa indicare il cammino ad altri partiti simili ottenendo eccessive concessioni finanziarie e creando un precedente che, per esempio, potrebbe essere immediatamente sfruttato da Podemos a Madrid.

L’aspetto elettorale della vicenda è particolarmente delicato, come si capisce dalla quarta difficoltà che devono affrontare i negoziatori, di natura prettamente lessicale. Il primo ministro greco Alexis Tsipras deve infatti poter vendere il compromesso ai suoi elettori, ma la formula dev’essere accettabile anche per tutti quelli che temono eccessive concessioni. Il conto alla rovescia è cominciato.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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