07 ottobre 2015 15:03

I messaggi lanciati dal gruppo “La rivoluzione siriana di Kafranbel”, dal nome di un villaggio della regione di Idlib, nel nord ovest della Siria, si presentano come striscioni – a volte spiritosi, a volte disperati – e da quattro anni danno il polso delle reazioni dei siriani che vivono sotto i bombardamenti aerei.

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A proposito dei bombardamenti russi, il villaggio di Kafranbel ha prodotto questa settimana due striscioni: “La scelta di Obama di mettere fine al ruolo di leader dell’America ha incoraggiato il mostro russo a massacrare liberamente persone innocenti . Il secondo diceva, con la scritta anche in cirillico: “Chiesa russa! I tuoi soldati sono qui per uccidere degli innocenti: è questo che chiami ‘guerra santa’?”.

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Per chi vive la situazione in prima persona, i discorsi sulle guerre sante sono lontani: molte vignette pubblicate sui giornali arabi insistono soprattutto sui raid aerei internazionali e sulla situazione reale dei civili, sempre meno presi in considerazione.

La stampa araba, a immagine dei paesi della regione, è divisa sull’intervento russo. L’unico consenso è quello intorno all’idea che è stata l’inerzia statunitense, e occidentale in generale, ad aver creato le condizioni perché Mosca scendesse in campo. Secondo molti editorialisti il mondo arabo è, ancora una volta, al centro dei giochi sporchi delle grandi potenze.

Amici e nemici

Jihad al Khazen scrive su Al Hayat: “La vendetta è l’unico motivo dell’intervento russo. Fino a quando gli Stati Uniti non apriranno un negoziato – ufficiale o dietro le quinte – sulle sanzioni che hanno imposto a Mosca dopo il conflitto in Ucraina, la battaglia in Siria continuerà”.

In un’intervista ad Asharq al Awsat, Abdul Rham, direttore dell’Osservatorio siriano per i diritti umani si chiede: “I russi stanno bombardando Homs e Idlib: ma dov’è il gruppo Stato islamico a Homs e Idlib? Posso assicurarvi che non ci sono tracce di jihadisti in questi luoghi. Ci sono gruppi installati nella campagna a est di Homs, ma lì lo Stato islamico non è stato toccato minimamente dai raid”. Secondo Abdul Rham “I russi stanno cercando di prendere possesso degli aeroporti per facilitare i loro rifornimenti” e, soprattutto, per continuare il lavoro dei veri terroristi. Cioè “gli alleati del regime di Assad, iraniani e russi, che vorrebbero svuotare la regione dei suoi abitanti. È l’antico piano già avviato da Bashar al Assad e dagli iraniani: costruire una ‘Siria utile’” cioè con una popolazione omogenea in termini di affiliazione politica e religiosa e quindi facile da amministrare.

Il quotidiano libanese Al Akhbar, più vicino al regime di Assad, sostiene invece l’azione russa. Secondo il loro inviato, “chiunque si aggiri per Damasco può sentire il clima positivo che si è instaurato dopo l’intervento russo”, perché Putin è qui per “chiudere, finalmente, la crisi”.

Al Akhbar ha anche intervistato alcuni generali russi nei loro uffici, “sulle cui pareti erano visibili le cartine di Israele e del Golan”, la regione siriana occupata da Israele dal 1967. Secondo uno dei generali russi “né la Russia né la Cina possono essere fuori dell’equazione per la sicurezza mondiale” e “la Russia combatte una guerra seria per mantenere in vita lo stato siriano, mentre gli Stati Uniti parlano da anni di guerra al terrorismo senza ottenere nessun risultato per la regione”.

Mosca invia un messaggio molto potente: se sei amico della Russia, la Russia combatterà a fianco a te

Per The National, che ha sede negli Emirati Arabi Uniti, l’inazione dell’America è grave quanto l’azione russa. Per l’editorialista Faisal al Yafai, Obama “ha lasciato il campo alla Russia”. “Intervenendo con forza accanto a Bashar al Assad, Mosca invia un messaggio molto potente: anche se il mondo intero è contro di te, anche se hai commesso i peggiori crimini, se sei amico della Russia, la Russia combatterà a fianco a te. Prevedo che questo messaggio porterà molti nuovi amici a Putin nei prossimi mesi e anni”.

Lo scrittore e intellettuale libanese Elias Khoury, in un editoriale per Al Quds al Arabi, ricorda che anche il destino del Libano era nelle mani di forze esterne durante la guerra che ha annientato il paese. Ma “il crollo della Siria è ancora più pericoloso. La Siria si trova nel cuore della regione e, senza la Siria, la Palestina e il Libano rimarranno sotto una ghigliottina per molto tempo”. Secondo lui, dal 2003,con l’operazione Desert storm, gli statunitensi hanno ridotto l’Iraq in pezzi e l’hanno lasciato in mano a fondamentalisti di ogni tipo, in primis gli iraniani e i jihadisti dello Stato islamico: ora i russi vengono semplicemente a completare il quadro”.

Però, scrive Khoury, è importante ricordare sempre che “il gioco non avrebbe preso questi sentieri selvaggi se non fosse per i regimi dittatoriali della regione che hanno dato il via alla distruzione dei paesi e all’umiliazione delle persone, facilitando la missione di forze esterne che non nascondono la loro natura selvaggia”.

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