02 febbraio 2015 16:16

Il trailer di Birdman

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Birdman

Cos’è. È il nuovo film di Alejandro Iñárritu in uscita il 5 febbraio in Italia. Racconta di un attore svaporato, un tempo celebre per avere interpretato il supereroe Birdman, che decide a sessant’anni di sfuggire all’oblio e tornare a recitare. Lo fa mettendo in scena uno spettacolo teatrale a Broadway tratto da Di cosa parliamo quando parliamo d’amore di Raymond Carver. Il film mostra gli ultimi giorni di prove fino alla prima dello spettacolo, ed è ambientato interamente nel teatro e sulle strade adiacenti. Nel cast ci sono anche Edward Norton, Emma Stone, Naomi Watts e Zach Galifianakis. Birdman è candidato a nove Oscar, tra cui film, regia, fotografia, sceneggiatura e migliore attore protagonista per Michael Keaton.

Com’è. Birdman racconta quello che c’è dietro a uno spettacolo teatrale, ma soprattutto dal punto di vista esistenziale, cioè vita e le intenzioni di chi vi è coinvolto. Non è solo la trama a perseguire questo obiettivo, ma la forma tutta del film. Alejandro Iñárritu è un rappresentante di questa linea di cineasti messicani (con Alfonso Cuarón e Guillermo del Toro) che stanno idealmente tra l’Europa e Hollywood, e fanno un cinema d’autore compatibile con il sistema industriale americano. Questa volta il regista di 21 Grammi e Babel sta lontano dai temi e dai toni del passato, per prendere una strada più funambolica, virtuosistica e divertente. Birdman non è un film che accompagna lo spettatore in un mondo di finzione in cui immedesimarsi: lo fa salire su una specie di giostra esaltante che va ben oltre i confini del realismo, dove è sempre molto chiaro che si sta vedendo un film, e un film che non sta fermo un secondo.

Le caratteristiche formali che rendono questo film atipico sono diverse. Per prima cosa Birdman è un unico piano sequenza: significa che non ci sono stacchi tra una scena e l’altra, e tutto scivola fluido come un’unica inquadratura. Ovviamente dal punto di vista tecnico gli stacchi ci sono, ma sono nascosti un po’ come in Nodo alla gola di Hitchcock. A differenza di Nodo alla gola e altri piani sequenza infiniti, qui non c’è unità di tempo: il film dura due ore ma racconta una vicenda che si estende per alcuni giorni, quindi a volte i personaggi si danno appuntamento al giorno dopo, cambiano stanza, e come per magia il giorno dopo è arrivato. Non solo il punto di vista è così mobile e il tempo va a fisarmonica, ma la colonna sonora è quasi sempre rappresentata da una batteria sola, suonata dal jazzista Antonio Sánchez e registrata come se lo spettatore fosse seduto al suo posto. In più ci sono momenti in cui la realtà del protagonista, non condivisa dagli altri, prende vita con effetti surreali fantasiosi. La visione del film risulta ricca e avvincente, impegnativa visivamente ma mai astrusa, piena di dialoghi. La macchina da presa sta sotto agli attori, li scruta, li guarda recitare e poi li molla per andare altrove: si ha la sensazione di essere a bordo di un volatile che, mentre si muove di nascosto tra la gente, fa dal cinema.

Perché vederlo. Il film ha lo slancio di chi osa, e osa molto. Ma l’ambizione di Iñárritu prende la forma di una ritrovata incoscienza giovanile, lasciandosi alle spalle una certa pesantezza retorica del passato. Birdman è un film che gioca con lo spettatore, svolazza gradasso e irresistibile, incarna il supereroe che gli fa sia da titolo che da totem e coro greco, e nel fare questo mette allegria. La colonna sonora è l’unica veramente notevole dell’anno hollywoodiano, anche se non è agli Oscar perché comprende alcuni brani classici. Gli attori sono tutti in assoluto stato di grazia, e il contesto è perfetto per dare spazio al loro virtuosismo senza obbligarli in ruoli punitivi e tormentati. Edward Norton fa i fuochi d’artificio, ma è Michael Keaton che merita una mozione speciale: abbandona la sobrietà di tante sue parti del passato per incarnare un uomo scisso, megalomane e disperato, supereroe e povero cristo, che balla sotto la pioggia della vita. La regia è quasi protagonista, e ogni elemento del film se ne frega solennemente del rischio di risultare sopra le righe. Birdman fa, strafà, esagera, e lascia a bocca aperta.

Perché non vederlo. Se cercate una storia semplice, cercate altrove. Se cercate una storia raccontata in maniera leggera e trasparente, idem. Se volete immedesimarvi in qualcuno, forse ci riuscirete un pochino con il protagonista, ma solo nei suoi momenti riflessivi più pacati. Ma anche se volete un film che vi emozioni veramente, nel profondo, e non vi riempia solo di divertimento, ammirazione ed estasi centrifuga, sappiate che Birdman non fa per voi. Perché Birdman ha un solo vero difetto: è un film gaglioffo, un film che sta in equilibrio compiaciuto tra l’esaltazione e il disincanto, e non dice quasi niente di sostanziale. È più un bel film che una grande storia, insomma: la bravura di tutti, dal regista in giù, sovrasta per così dire la verità. Ultima avvertenza: per qualcuno c’è il rischio di quel mal di mare da macchina da presa iperdinamica che procurano i film girati a spalla o i videogiochi in prima persona.

Una battuta. La popolarità è la cugina troia del prestigio.

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