23 aprile 2012 09:47

Ancora prima della formazione dello stato di Israele, la comunità ebraica in Palestina tendeva a esagerare la minaccia posta dagli arabi in generale e dai palestinesi in particolare. È una delle principali conclusioni di un saggio del sociologo israeliano Yagil Levy, e corrisponde alla mia esperienza degli ultimi 18 anni. Levy sostiene che i politici e i militari israeliani hanno volutamente esagerato la minaccia palestinese per giustificare l’uso della forza e la rinuncia a una soluzione politica. Ma questa tesi si può applicare anche alla questione iraniana, con il governo israeliano che vuole arrivare allo scontro armato con Teheran.

Secondo Levy, la politica israeliana ha alimentato la spirale della violenza, mentre l’opinione pubblica veniva indottrinata e convinta che gli aggressori erano sempre gli arabi. Quello che Levy non poteva prevedere era che l’esagerazione della minaccia sarebbe stata applicata anche ai cittadini stranieri, com’è accaduto per l’iniziativa Benvenuti in Palestina di domenica scorsa. Come previsto, il governo ha chiesto alle compagnie aeree di cancellare i voli su cui viaggiavano centinaia di attivisti occidentali che volevano raggiungere la Cisgiordania. Sono stati cancellati anche alcuni voli con passeggeri estranei all’iniziativa, tra cui diplomatici e uomini d’affari. Solo dodici persone, forse meno, sono riuscite a raggiungere Betlemme. Ma l’assenza degli altri ha fatto molto più rumore di quanto ne avrebbe fatto la loro presenza.

*Traduzione di Andrea Sparacino.

Internazionale, numero 945, 20 aprile 2012*

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