31 ottobre 2013 11:06

Dieci errori che i giornalisti devono evitare quando parlano di persone lgbt. Uno al giorno, per dieci giorni.

  1. Coming out

  2. Immagini

  3. Lesbiche

  4. Mamma

  5. Mondo gay

  6. Relazioni

  7. Transessualità

  8. Famiglie gay

  9. Icona gay

  10. Parole

L’argomento di oggi è la mamma, quindi preparate i fazzoletti. Perché la stampa italiana tratta la questione mamma con una buona dose d’amore. E con una drammaticità decisamente eccessiva.

“La mamma è sempre la mamma”, su questo siamo tutti d’accordo. Quello che non tutti sanno, invece, è che “la madre non è sempre la mamma”. Anche se spesso coincidono, madre e mamma hanno due significati ben distinti ed è necessario che in certi casi il giornalista sappia fare la differenza.

Facciamo un esempio facile facile: per una figlia adottiva, la donna che l’ha adottata è sua madre. Ed è anche la sua mamma, che la cresce, la educa, la rimprovera, la accudisce e fa tutte le cose che fa un genitore. In questo caso le due parole coincidono e sono sinonimi.

Al contrario, la donna che l’ha messa al mondo è sì sua madre, la sua madre biologica, ma non la sua mamma. Perché essere mamma è un ruolo genitoriale che non ha necessariamente a che fare con la procreazione.

Questa piccola ma fondamentale differenza di significato è ben nota a tutte le madri che adottano un bambino e si sentono dire frasi del tipo “Ma la mamma l’avete conosciuta?”. “La mamma la conosciamo benissimo perché sono io”, dovrebbero rispondere loro in quel caso. “Semmai ti riferisci alla madre biologica”.

La stessa cosa avviene per le famiglie con due papà: nel caso di ricorso alla gestazione per altri la donna che dona l’ovulo e poi quella che ha portato avanti la gravidanza non sono mamme.

La donatrice di ovulo può essere considerata la madre biologica, ma usare il termine mamma per definire queste donne è solo una forzatura, se non una vera e propria distorsione della realtà, che serve ad aumentare la reazione emotiva del lettore e il sensazionalismo della notizia.

Guardate questo titolo del Corriere Della Sera:

Leggendo il titolo t’immagini che il marito di Elton John si è messo una parrucca e il grembiule e si è messo a fare la mamma: “Ragazzi, a tavolaaa!”. E ti viene da dire: “Povera creatura”.

Mentre invece leggendo l’articolo si scopre che la notizia è tutt’altra: il modulo dell’anagrafe californiana non prevedeva una casella per due padri e così Furnish ha inserito il suo nome in quella riservata alla madre. Tra l’altro un tema di stretta attualità in Italia.

Ora, è chiaro che c’è una bella differenza tra dire “il compagno Furnish ha usato la casella del modulo riservata alla madre” e “il compagno Furnish è la mamma”.

Andiamo avanti, restando sullo stesso tema. Ancora il Corriere:

Se avessero scritto “madre in affitto” sarebbe stata un’espressione irrispettosa ma almeno con un suo senso logico. “Mamma in affitto” invece è un’espressione irrispettosa e anche sbagliata: perché se mi dicono “mamma in affitto” a me viene in mente al massimo una tata, cioè una donna che cresce, educa, rimprovera, accudisce e fa tutte le cose che fa un genitore, ricevendo un salario a ore.

È chiaro che la questione di come si usa il termine mamma riguarda soprattutto le coppie di genitori maschi, ma il problema si presenta anche per le donne: se ci sono due madri, ci sono due mamme, e al limite c’è una sola madre biologica. Ma la mamma non è solo lei. E poi il donatore di seme può essere definito il padre biologico, ma non papà.

Insomma, per molti di noi “mamma” è stata la prima parola che abbiamo imparato a dire. Sarebbe ora che imparassimo anche a usarla.

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