26 marzo 2012 14:35

Una volta Fabio Baldas, arbitro e poi designatore, ha detto che “in Italia la questione arbitrale è più importante di quella meridionale”. Ovviamente, è un’esagerazione. Ma non così tanto.

La settimana scorsa, la Gazzetta dello Sport ha pubblicato un articolo (che riempiva una pagina intera) intitolato “Veleni, sviste, pressione. In A servono più arbitri”. L’articolo analizzava i venti arbitri che lavorano in Serie A oggi. Per ogni arbitro c’era il cognome, l’età e la media del voto in questa stagione. Solo tre dei venti arbitri raggiungono la sufficienza. Per la stampa italiana, il 68 per cento degli arbitri è insufficiente. E per i tifosi in generale, il giudizio è molto, molto peggiore.

Perché l’arbitro è così odiato, ma al tempo stesso così importante, nel calcio italiano? Secondo me, l’arbitro in Italia è una figura quasi tragica. Gli arbitri sono condannati per il fatto di applicare la legge - ma è il loro lavoro a richiederlo. È come se fossero intrappolati all’interno della legalità dentro un mondo dominato dall’illegalità. Tuttavia, senza l’applicazione di tutte le sue regole e punizioni, la partita di calcio non avrebbe alcun senso.

E tutto questo in un paese dove lo stato è spesso ignorato, o deriso, o mal sopportato. Il ruolo storico dello stato e della legge in Italia ha determinato una forte crisi di legittimità di molti istituzioni che governano o applicano le leggi. Allo stesso tempo, molti italiani si basano sulla dietrologia per spiegare i fatti e costruirsi un’opinione. Non è importante quello che vediamo con nostri occhi, conta solo quello che succede dietro le quinte, i complotti, le vere ragioni che non possiamo vedere.

In un contesto del genere, cosa possono fare i poveri arbitri, bersagliati da giornalisti, giocatori, presidenti, moviole, commentatori televisivi e tifosi comuni, ogni giorno, in ogni bar, sempre e comunque? Come ha scritto il grande Gianni Brera, l’arbitro è un “prepotente… che insiste nel ritenere che la legge va rispettata anche a costo di infastidire il prossimo”.

Non deve sorprendere che così pochi arbitri raggiungano la sufficienza. Fanno un lavoro quasi impossibile.

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