01 marzo 2012 20:41

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Itaca (1971), perché mi è passata per le orecchie esattamente tre ore prima di leggere che Lucio Dalla se n’era andato; proprio stamattina è uscita dallo shuffle dell’iPhone mentre pedalavo verso la redazione. Faceva parte dell’album che lo fece scoprire (Storie di casa mia) e affrontava il tema del ritorno (per ripassarsi tutto il periodo, essenziale mettere le mani su un’antologia come Lucio Dalla-Gli anni settanta).

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**Nuvolari **(1977), perché invece fu il primo 45 giri che comprai, a parte le sigle televisive tipo Orzowei o La vita l’è bela di Cochi e Renato (sigla di canzonissima). Ne avevo letto sul Corriere dei ragazzi, e m’incuriosiva molto quella storia di eroe dell’automobilismo, tappo e coriaceo come l’autore della canzone.

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Il motore del 2000 (1977). Era il lato B di quel 45 giri di Nuvolari (ed entrambe erano sull’album, Automobili), che non era da meno. Anzi: è rimasta nel mio cuore, anche quella canzone, con il suo tocco di poetico ruggito proto-ecologista. E quel tanto di ironico scetticismo sulle cavolate moderne che era un altro segno distintivo.

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Com’è profondo il mare. (1978) “Poi una storia di catene, bastonate, e chirurgia sperimentale”. Chissà perché, tra i versi che sono rimasti. Ma di che diavolo parlava, dell’evoluzione della specie umana tipo? Boh, fatto sta che rimane un altro pezzo indimenticabile. Come l’album omonimo. Da cui anche la mitica:

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**Disperato erotico stomp. **(1978) Biricchina, biriccò. Peccaminoso e divertente inno degli anni in cui alcuni avevano scoperto il sesso libero e altri si stavano, con qualche affanno, documentando.

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**Milano. **(1979) “Vicino all’Europa” ma anche “senza fortuna mi porti con te sotto terra o sulla luna”. Per uno non nato ma cresciuto qui, la sigla definitiva della città. Da quell’album famoso con la coppoletta di lana,* Lucio Dalla*, nove pezzi e manco uno che non fosse un capolavoro. La tracklist (L’ultima luna, Stella di mare… fino a L’anno che verrà) è rimasta nella memoria, come tre anni dopo la formazione ZoffGentileCabrini. E comunque: “con quest’aria da commedia americana sta finendo anche questa settimana”, vale quasi sempre.

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Futura. (1980) I russi, i russi gli americani. Erano anni così, ancora. E canzoni così, infondevano speranza e battezzavano discoteche sopra il mare.

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Caruso. (1986) È una sorta di metacanzone napoletana: la bio stilizzata di un eroe della lirica; però allo stesso tempo è genuinamente strappacore. Colpo di genio e, giustamente, bestseller.

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Attenti al lupo. (1990) E si arriva agli anni novanta, assieme a Ron, uno dei migliori derivati di Dalla. E vabbè, forse aveva già dato il meglio di sé ai tempi: però questa filastrocca reggaeggiante restava ancora appiccicato addosso.

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Ciao. (2003). Poi da quegli anni lì lo avevo perso di vista e di ascolto, Dalla. Ma il bello è che Lucio Dalla ha saputo parlare a generazioni diverse, in decenni diversi. E stamattina, quando è arrivata la notizia, ho visto tutti gli amici dei socialcosi che postavano il loro Dalla preferito a mo’ di requiem, e quasi miracolosamente ognuno ne metteva una diversa. E la mia collega Valentina, di circa ventimila anni più giovane di me, stamattina ha postato questa canzone dell’ultimo periodo, che io quasi non avevo registrato ma che invece non era male. Che “ad esempio una canzone/ mentre la stai cantando/ di là qualcuno muore/ qualcun altro sta nascendo/ è il gioco della vita”. Ciao.

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