Questo articolo è uscito il 26 marzo 2022 a pagina 22 del numero 20 dell’Essenziale. Puoi abbonarti qui.

Di scuola si parla sempre per alcuni aspetti laterali: l’esame di maturità, i protocolli per il covid, la dad; mentre è difficile trovare discussioni che affrontino i nodi importanti, ossia come s’insegna? Come s’impara? A che serve la scuola?

Eppure l’esperienza scolastica viene sempre più spesso raccontata come la matrice delle relazioni tra adulti, dal momento che gli altri luoghi novecenteschi di educazione informale e formale come la famiglia, la parrocchia, l’associazione, il partito o il lavoro non riescono più a essere esemplari. Lo si vede anche in due romanzi recenti di Mondadori, uno appena pubblicato, La materia alternativa di Laura Marzi, l’altro di prossima uscita, I giudizi sospesi di Silvia Dai Prà: nello spazio della classe si può ancora riconoscere il modello del nostro stare al mondo presente e futuro.

Ma nelle discussioni sulla scuola è bene anche aver presente lo stato dell’arte della pedagogia e della didattica. Negli ultimi mesi per esempio è uscito un testo che tutti gli insegnanti dovrebbero leggere, l’ha scritto Gert J.J. Biesta e l’ha pubblicato Raffaello Cortina, s’intitola Riscoprire l’insegnamento e ha due ottimi paratesti, la prefazione di Francesco Cappa e la postfazione di Paolo Landri.

Quest’ultimo è ricercatore del Cnr e nel periodo della pandemia i suoi testi sono stati una luce nel dibattito sulla didattica digitale. Qui s’intuisce ancora meglio il valore della sua visione pedagogica: siamo abituati a pensare alla teoria dell’educazione come a una disciplina per addetti ai lavori e ci stiamo purtroppo abituando a riflettere sull’educazione con formule trite che ne sottolineano solo l’aspetto operativo (life long learning, didattica per competenze), mentre dovremmo considerare la pedagogia una metadisciplina che fa proprie le riflessioni della filosofia, della psicologia e delle neuroscienze contemporanee. Tutto questo vuol dire ricordarsi della vocazione politica della pedagogia.

Strumento di emancipazione

Altrettanto prezioso è il lavoro instancabile di traduzione di pedagogisti contemporanei e del novecento su cui è impegnato Enrico Bottero, in particolare di Philippe Meirieu, di cui cura costantemente una sezione online dei contributi in italiano sul sito enricobottero.com.

Sempre di Bottero è uscito un ottimo testo intitolato semplicemente Pedagogia cooperativa ed edito da Armando. Le cosiddette “tecniche Freinet” sono state lo strumentario di base per migliaia di maestre, educatori e insegnanti ma oggi i suoi testi sono praticamente tutti fuori catalogo. Invece è ancora vivo in Italia il Movimento di cooperazione educativa che è nato ispirandosi a Freinet e ha da poco festeggiato i settant’anni di attività.

Ha settant’anni anche un volume da poco riedito dalla casa editrice Junior che è un classico praticamente sconosciuto della pedagogia italiana contemporanea: Educazione e autorità nell’Italia moderna di Lamberto Borghi. Si tratta di una storia culturale e politica della scuola italiana, dall’unità alla fine del fascismo. Però non è solo un’analisi delle sue tare genetiche, ma una riflessione su come trasformare un’istituzione autoritaria, selettiva, classista e regressiva in uno strumento di emancipazione su larga scala.

Oggi c’interroghiamo molto meno di quanto facessimo in passato su come costruire una scuola democratica. Ma possiamo ritenere che questo tipo di interrogativo trovi una sua continuità nelle attuali riflessioni sull’inclusione.

Dai maestri del cinema e dai nostri colleghi da loro immaginati si può imparare sempre molto

C’è ormai un accordo tra gli studiosi dell’educazione che la pedagogia sperimentale e la pedagogia inclusiva convergono nei loro obiettivi e nei loro metodi; quello che impariamo nelle relazioni educative più complesse, magari con persone con disabilità o con disturbi dell’apprendimento, è un tesoro di conoscenze da poter riapplicare poi in contesti solo apparentemente più facili.

Per una panoramica sulla ricerca nella didattica inclusiva è utile leggere il saggio edito da Erick­son di Andrea Canevaro e Dario Ianes Un’altra didattica è possibile. Esempi e pratiche di ordinaria didattica inclusiva e l’ultimo libro di Fabio Bocci Pedagogia speciale come pedagogia inclusiva edito da Guerini. Ognuno di questi testi riflette sull’insegnamento nel modo più semplice che si possa immaginare: moltiplicando la possibilità degli stili didattici.

Ecco, una pratica che continua a latitare moltissimo a scuola: non si fa osservazione. A nessun docente viene chiesto di osservare il lavoro di qualcun altro; sembra quasi che questo tipo di confronto produca delle lese maestà. Così, visto che questa pratica di osservazione avviene pochissimo dal vivo si può approfittare di una guida appena uscita ai modelli di docenti che il cinema italiano ci ha raccontato: l’ha scritto Davide Boero e si intitola Storia cinematografica della scuola italiana, edito da Lindau. Dai maestri del cinema e dai nostri colleghi da loro immaginati si può imparare sempre molto.

I libri

Gert J.J. Biesta, Riscoprire l’insegnamento, Cortina, 177 pagine, 16 euro.

Enrico Bottero, Pedagogia cooperativa, Armando, 208 pagine, 18 euro.

Fabio Bocci, Pedagogia speciale come pedagogia inclusiva, Guerini, 248 pagine, 23 euro.

Davide Boero, Storia cinematografica della scuola italiana, Lindau, 200 pagine, 18 euro.


Questo articolo è uscito il 26 marzo 2022 a pagina 22 del numero 20 dell’Essenziale. Puoi abbonarti qui.

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