Dopo oltre cento giorni di sciopero della fame, lo scorso 30 gennaio Alfredo Cospito, anarchico detenuto al 41 bis nel carcere di Bancali a Sassari, è stato trasferito nell’istituto penitenziario di Milano Opera. Cospito sta protestando contro il regime carcerario e le condizioni detentive a cui è sottoposto dall’aprile del 2022. Il trasferimento è dovuto al fatto che ultimamente la salute di Cospito si è aggravata. “È arrivato a perdere cinque chili in una settimana. L’indebolimento muscolare, unito all’immobilità, nei giorni scorsi aveva causato una caduta nella doccia che ci aveva allarmato”, spiega la dottoressa Angelica Milia, cardiologa che ha seguito Cospito durante la detenzione a Bancali.

La struttura milanese, a differenza di quella in Sardegna che prevede solo la disponibilità di un medico per il monitoraggio quotidiano, è dotata di un centro clinico – il cosiddetto csi, centro sanitario interno – con specialisti che possono intervenire in caso di peggioramento improvviso delle condizioni del detenuto.

“Dalle analisi risultano fortemente in calo sia le piastrine sia i globuli bianchi, con un maggiore rischio di infezioni”, dice Milia, che ha supportato la richiesta dell’avvocato Flavio Rossi Albertini di trasferire Cospito. In un primo momento, il dipartimento di amministrazione penitenziaria (dap) aveva risposto che non c’erano le condizioni per spostare il detenuto, per poi tornare sui suoi passi.

“Il centro clinico è necessario perché in caso di episodi acuti, come un’aritmia cardiaca importante legata al calo del potassio o un’insufficienza respiratoria, il reparto di terapia intensiva può intervenire nell’immediato”, aggiunge la cardiologa. Nell’eventualità in cui le condizioni dovessero precipitare e richiedere un ricovero, Cospito verrebbe trasferito all’ospedale collegato all’istituto penitenziario.

Negli ultimi giorni Milia – che ha ricevuto una diffida dalla direzione di Bancali a rilasciare dichiarazioni all’emittente radio Onda d’urto dopo le visite a Cospito, per il rischio di “vanificare le finalità del 41 bis” – aveva raccontato che il suo paziente era molto debole, si muoveva perlopiù usando una sedia a rotelle e doveva indossare quattro o cinque maglie e tre paia di pantaloni per il freddo. È dimagrito più di quaranta chili da quando ha iniziato lo sciopero della fame. In seguito alla caduta nella doccia si è rotto il naso perdendo molto sangue.

L’ultima persona ad aver visto Cospito in ordine di tempo, ha riferito il legale Rossi Albertini in un collegamento con Radio onda rossa, è un’avvocata di Milano, parte del collettivo di legali che sta seguendo la vicenda. L’ha trovato “dimagrito e provato”, ma “lucido e determinato”.

Nella stessa intervista l’avvocato ha specificato che alla notizia del suo trasferimento, Cospito ha fatto notare ai medici di Bancali che nel penitenziario sono detenuti al 41 bis soggetti in condizioni di salute peggiori e di non voler “essere privilegiato nel trattamento” solo perché il suo caso “ha bucato la cappa mediatica”.

La linea del governo

Nei mesi scorsi la vicenda aveva fatto raramente capolino sulla stampa. Erano stati pochi gli esponenti politici che si erano pronunciati, pochissimi quelli che erano andati a Bancali. Nelle ultime settimane, invece, il caso è diventato una notizia a livello nazionale. Un cambio di paradigma dovuto da un lato al peggioramento delle condizioni di Cospito e dall’altro al ritorno sulla scena pubblica di quello che esponenti della maggioranza hanno definito “pericolo anarchico”.

Seppur trasferito a Opera, comunque, Cospito resta al 41 bis. La linea del governo è che lo sciopero della fame costituisce un ricatto, a cui lo stato non può cedere.

Lo scorso 13 gennaio gli avvocati di Cospito avevano presentato al ministro della giustizia una richiesta di revoca del 41 bis fondata su nuovi elementi. Da quella data Nordio ha trenta giorni di tempo per esprimersi. Nel caso di mancata risposta vale il silenzio diniego e l’istanza sarà automaticamente considerata respinta, senza la possibilità di conoscere le motivazioni.

Al termine del consiglio dei ministri del 30 gennaio, palazzo Chigi ha fatto sapere che “per la parte di propria competenza”, il ministro della giustizia “ritiene di non revocare il regime di cui all’articolo 41 bis”.

Il giorno successivo, in conferenza stampa insieme al ministro dell’interno Matteo Piantedosi e quello degli esteri Antonio Tajani, Nordio ha affermato che il trasferimento di Cospito “non è un minimo cedimento dello stato” ma “il riconoscimento che una cosa è la doverosa espiazione della pena, altro l’assoluta tutela della salute”. La decisione sul mantenimento del 41 bis “sarà presa dopo un maturato studio della situazione giuridica” e l’acquisizione “dei pareri delle autorità giudiziarie”.

Piantedosi ha detto che “la minaccia del suicidio in carcere o di lasciarsi morire di fame” non può “stravolgere i princìpi democratici riguardo al trattamento penale stabilito dai processi. Nella costituzione non c’è scritto che lo sciopero della fame può alterare il sistema di funzionamento della democrazia”.

Se il ministero della giustizia non interverrà nei prossimi dieci giorni, bisognerà dunque attendere la cassazione, chiamata a pronunciarsi sul mantenimento del regime carcerario dopo il rifiuto opposto lo scorso dicembre dal tribunale di sorveglianza di Roma.

L’udienza era stata inizialmente prevista per il 20 aprile. Per quel giorno, aveva commentato la dottoressa Milia, Cospito “sarà morto”.

Dopo il ricorso degli avvocati del detenuto è stata anticipata al 7 marzo. Considerate le condizioni di salute, però, anche quella è una data troppo lontana. “Non penso possa arrivare a marzo senza integratori e in queste condizioni, anche perché rifiuta l’alimentazione forzata”, spiega la cardiologa.

In ogni caso, i tempi sono lunghi: la decisione favorevole della cassazione potrebbe essere un annullamento con rinvio, e la vicenda passerebbe nuovamente nelle mani del tribunale di sorveglianza. “Alfredo non tornerebbe automaticamente in as2 (il circuito di alta sicurezza)”, ha spiegato l’avvocato Rossi Albertini.

Solidarietà e repressione

Nelle ultime settimane si sono susseguiti appelli di organizzazioni umanitarie e associazioni per chiedere al governo un intervento sul caso Cospito. Parallelamente si sono intensificati presidi e manifestazioni di solidarietà per le strade, nonché azioni dimostrative rivendicate dal movimento anarchico, in Italia e all’estero, tra cui quelle nei confronti di sedi diplomatiche ad Atene, Barcellona e Berlino.

Il 28 gennaio a Roma, nel quartiere Trastevere dove ha sede il ministero della giustizia, le forze dell’ordine sono intervenute duramente nei confronti di un presidio – che si era svolto per tutta la settimana – organizzato in solidarietà alla protesta di Cospito, che è stato sciolto causando inseguimenti e disordini. Una quarantina di persone, in maggior parte studenti, sono state denunciate a piede libero, dopo essere state diverse ore chiuse in un garage. La polizia ha dato la notizia di un agente ferito, in circostanze ancora da chiarire (secondo alcuni testimoni sarebbe stato colpito accidentalmente dalle stesse forze dell’ordine).

Il governo ha detto di non voler “scendere a patti” con “chi usa violenza e minaccia come strumenti di lotta politica”, “tanto meno se l’obiettivo è quello di far allentare il regime detentivo più duro per i responsabili di atti terroristici”.

Secondo Nordio “questa ondata di violenze e gesti vandalici e intimidatori” sarebbero la prova che del legame tra Cospito e i suoi compagni esterni, “cosa che tenderebbe a giustificare il 41 bis”. Il ministro degli esteri Tajani ha parlato di “campagna internazionale anarchica”. Piantedosi, al Viminale, ha paventato il rischio di “ricompattamento di frange della galassia dell’antagonismo”.

Toni allarmistici condivisi da tutta la maggioranza, ripresi da gran parte dei mezzi d’informazione, con la pubblicazione di report e “mappe delle organizzazioni anarchiche”.

Il 31 gennaio pomeriggio, mentre Nordio, Tajani e Piantedosi riferivano in conferenza stampa, in aula alla camera il deputato di Fratelli d’Italia e vicepresidente del Copasir Giovanni Donzelli ha definito Cospito “un influencer che la mafia sta utilizzando per far cedere lo stato sul 41 bis”.

Donzelli ha citato presunti colloqui, provenienti da intercettazioni ambientali, che l’anarchico avrebbe avuto con due detenuti al 41 bis per reati di mafia. Parole che però sarebbero contenute in documenti riservati del dap, a disposizione del ministero e da non divulgare. Il giorno dopo l’intervento, Andrea Delmastro, sottosegretario alla giustizia con delega al dap, ha affermato di aver condiviso quelle informazioni con Donzelli, dicendo però che non si tratta di informazioni riservate e che qualsiasi parlamentare avrebbe potuto chiederle.

Le opposizioni hanno chiesto le dimissioni di entrambi, mentre Angelo Bonelli, deputato di Alleanza verdi e sinistra, ha presentato un esposto alla procura di Roma che ha aperto un fascicolo.

Il ministro Nordio ha preso tempo: ha affermato che “tutti gli atti riferibili a detenuti in 41 bis sono per loro natura sensibili” ma che prima di valutare è necessario capire di che tipo di documenti si tratta, e che dunque bisognerà attendere le verifiche del capo di gabinetto del ministero della giustizia e le indagini della procura di Roma.

Oltre 100 giorni

La vicenda dello sciopero della fame di Cospito ha aperto probabilmente per la prima volta un dibattito sul 41 bis in Italia e sulle condizioni di detenzione. Da mesi, infatti, si moltiplicano le iniziative per discutere di questi argomenti. Intellettuali, docenti, legali, appartenenti al mondo dello spettacolo hanno preso posizione. Raramente, inoltre, anche all’interno del parlamento e dell’opinione pubblica si è parlato così tanto di carcere.

Gli studiosi Elton Kalica e Francesca Vianello hanno scritto che il rischio della morte di Cospito travalica il caso specifico, “rendendo temporaneamente accessibile una tematica estremamente complessa”: “Attraverso il suo corpo, ormai in rovina, Cospito traduce in un linguaggio comprensibile a tutti secoli di interrogativi filosofici: può un sistema di diritto coincidere con la violenza al punto da portare un uomo a preferire la morte?”.

Nell’ultima lettera al suo legale, Cospito ha affermato che andrà “avanti fino alla fine, contro il 41 bis e l’ergastolo ostativo”, perché “la vita non ha senso in questa tomba per vivi”: “Alla loro spietatezza e accanimento opporrò la mia forza, tenacia e la volontà di un anarchico e rivoluzionario cosciente”.

Nonostante ci sia chi parli di ricatto, di fatto “Cospito sta portando avanti una lotta contro il carcere duro. Ingerisce solo l’acqua e lo zucchero per mantenersi lucido ed essere in grado di affrontare i colloqui con i medici e l’avvocato. Vuole accelerare il suo decorso clinico”, spiega la dottoressa Milia. In carcere l’anarchico ha scritto due documenti, in cui dichiara espressamente di rifiutare l’alimentazione forzata.

“Da tempo ha smesso di prendere gli integratori che aveva assunto inizialmente. Non che abbia voglia di morire, perché un detenuto che va in sciopero della fame ha tutto tranne che voglia di morire”, dice Milia. “Vuole sollecitare l’opinione pubblica. Vuole arrivare alla fine di questa battaglia in un senso o in un altro, e gli integratori potrebbero prolungare l’agonia”.

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