Quando parla di Il segreto, il suo secondo disco, Venerus usa spesso la metafora dell’appartamento. “È come se entri dentro una stanza e apri tutte le finestre. A quel punto può succedere qualsiasi cosa. Se comincia a piovere, piove dentro. Ma sei tu che hai creato le condizioni perché succedesse qualcosa d’inaspettato”, dice guardando il giardino sul retro dell’Angelo Mai, il circolo Arci di Roma che si trova alle spalle delle Terme di Caracalla.

Del resto l’album è nato proprio nella casa studio del cantautore milanese ed è stato registrato con la sua band in presa diretta, senza metronomo o successivi edit. È un disco intimo, arrangiato insieme al produttore Filippo Cimatti, costruito su un suono caldo che omaggia la tradizione degli anni sessanta e settanta. E nel quale si sentono passi, risate e, per citare il suo autore, entrano anche cose dalla finestra, come il rumore del treno.

Tra un paio d’ore Venerus salirà sul palco dell’Angelo Mai per presentare a un pubblico selezionato di fan le nuove canzoni, arrivate a due anni di distanza dal suo esordio Magica musica. Porta una maglietta bianca e dei jeans strappati, dai quali spuntano i tatuaggi che si è fatto sulle gambe. Il cantautore rivendica con forza il metodo che ha scelto per registrare Il segreto, anzi lo considera una svolta per la sua carriera.

Anche il titolo stesso del lavoro viene fuori da un’improvvisazione fatta dal batterista Danilo Menna, da lui definita “una cosa speciale che è difficile spiegare agli altri”, e vuole rappresentare l’atmosfera speciale che si respirava tra i musicisti. “Stavolta ho fatto le cose come vorrei farle veramente. Ho suonato insieme ai miei musicisti, che sono prima di tutti i mei amici. In post produzione abbiamo aggiunto solo le voci e qualche strumento. È stato come tornare a quando ero ragazzino, quando ho cominciato a suonare la chitarra. Nelle produzioni contemporanee è tutto troppo filtrato, mentre in questo album fin dal primo brano, Istruzioni, senti subito una voce calda e pulita, ti sembra di essere lì nella stanza con noi.

È un disco anni settanta nello spirito, anche se non è il frutto di una jam session improvvisata, anzi. Io e Filippo Cimatti avevamo già scritto e arrangiato tutti i brani prima di registrarli e avevamo le idee chiare sul suono che volevamo ottenere. Infatti a registrare ci abbiamo messo due giorni”.

Le cose sono andate così bene, sostiene Venerus, che ha deciso di non lasciar passare troppo tempo tra questo e il prossimo lavoro. “Sto già scrivendo delle canzoni. Voglio far uscire un altro album l’anno prossimo. Penso che, per come funziona il mercato discografico oggi, il fatto di essere stato fermo per due anni mi abbia un po’ penalizzato”.

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Tra i temi centrali di Il segreto c’è sicuramente l’amore. “Sì, gran parte dei brani parlano di relazioni tra le persone, ma si tratta quasi sempre di relazioni inventate. Al centro di questo disco non c’è una storia, ma un punto di vista sul mondo, il mio. È una specie di film che si svolge dentro la mia testa, dove ogni tanto tiro fuori lo sguardo del bambino che è in me, come in Non imparo mai. Altrove, come in Fantasia, riprendo il tema della vicinanza con la natura, ma in generale questo non è un concept album. Rispetto al passato, però, per comporre sono partito spesso dai testi, piuttosto che dalla musica”.

A proposito di amore, c’è un brano intitolato Il tuo cane che ha un testo che sfiora il surrealismo puro, nel quale Venerus sogna di trasformarsi nel cane della sua partner. “Può sembrare strano, ma quello è il testo che mi rappresenta di più. È un po’ ironico, ma al tempo stesso esprime il mio lato vulnerabile. Essere il cane di qualcuno ovviamente non è una cosa feticista alla Iggy Pop, è più la voglia di sentirsi coccolati da un’altra persona, di farsi piccoli per lei”.

È paradossale che un musicista di trent’anni faccia un disco così, in un periodo storico in cui nell’industria discografica si discute di streaming e intelligenza artificiale. “Non sono contro il progresso, ovviamente. Né sono un talebano della chitarra elettrica o contrario a priori all’intelligenza artificiale”, spiega il musicista. “Ma penso semplicemente che fare un album del genere al giorno d’oggi sia rilevante, perché tutto il resto del mondo sta andando da un’altra parte. Se la musica si fa sempre di più costruendo la canzoni con dei software e usando blocchi scomponibili, valorizzare la cifra umana mi sembra molto interessante. E poi io ho un sano senso di competizione. Mi piace il fatto che quando pubblico qualcosa la gente possa pensare: ‘Ma come cazzo ha fatto a farlo suonare così?’”.

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Negli anni scorsi Venerus ha frequentato molto la scena hip hop italiana, registrando diversi ep e un disco (proprio Magica musica) insieme al producer Mace, ma anche prestando la sua voce a brani dei rapper Gemitaiz e Massimo Pericolo. Eppure adesso, parlando con lui, si ha l’impressione che voglia prendere un po’ le distanze da quel mondo. “Non ho la fissa di fare i featuring, non è certo quello che dà valore a un disco, altrimenti sembra il Fantacalcio, tipo: ‘Tu chi hai? Io ho Sfera’. Io non voglio diventare un ritornellaro, uno che è famoso perché canta nei pezzi degli altri. Tra l’altro questo fatto in passato ha creato delle ambiguità sul mio conto: qualcuno mi aveva addirittura definito un rapper, una cosa che non sono assolutamente. Non perché disprezzi quel mondo, anzi, ma proprio non mi appartiene”, spiega.

E aggiunge: “Il metodo di fare la canzoni con i software ha senso nell’hip hop, ma il problema è che ora si sta applicando quell’estetica anche al pop, appiattendo tutto. Negli anni settanta e novanta sentivi persone come i Nirvana, che volevano fare musica e basta, che si beccavano tutti i giorni solo per suonare insieme. Quando lavoravo a questo disco ho ascoltato soprattutto Abbey road dei Beatles. E per fare Il segreto per me è stato fondamentale il documentario Get back, che per me è la stele di Rosetta della musica pop. Mi ha cambiato la vita. È stato più importante di tutti i dischi usciti negli ultimi dieci anni. Paul McCartney era dio, eppure la mattina arrivava presto in studio ed era in sbattimento perché doveva scrivere i pezzi nuovi”.

Cosa farà Venerus nelle prossime settimane? “Andrò in tour, non vedo l’ora. Del resto ho cominciato a fare musica perché mi piace suonare dal vivo. Poi mi sono appassionato anche alla scrittura di canzoni, ma quello è venuto dopo. A dirla tutta, sono più contento se qualcuno viene a vedere un mio concerto piuttosto che se si compra il mio disco. E preferisco suonare di fronte a tante persone che fare milioni di riproduzioni sui servizi di streaming, che tanto alla fine non mi cambia niente. Una roba è vera, l’altra è virtuale”. ◆

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