Davanti al vecchio faro di Fiumicino, una trentina di chilometri a sudovest di Roma, le nuvole proiettano ombre dai confini netti sul mare. Dalla sabbia emergono un motorino, ormai ridotto solo a ruggine, e un seggiolino da bambini. Qui sembra che il tempo si sia incagliato nella rete di un pescatore o nelle trame di amministrazioni tutt’altro che trasparenti. Il mare, al contrario, è pulito, limpido.

Su questa lingua di terra tra il delta del Tevere e il Tirreno, punto strategico per l’antica Roma, dovrebbe nascere un nuovo grande porto. Nel febbraio del 2022 infatti la Fiumicino Waterfront, società controllata dalla Royal Caribbean, ha comprato all’asta una concessione demaniale che comprende una vasta zona di costa: 55mila metri quadrati di terreno e 988mila metri quadri di specchio acqueo. Il progetto prevede 800 posti barca e due attracchi per navi da crociera di classe Oasis, grattacieli del mare alti 72 metri, più di due volte l’altezza del vecchio faro, simbolo di Fiumicino e guardiano storico di quel tratto di costa.

Preoccupati per l’impatto che la struttura potrebbe causare in termini di inquinamento, viabilità e salute, più di trenta associazioni locali si sono riunite nel comitato Tavoli del porto, che ha raccolto circa duemila firme per contestare la destinazione all’uso commerciale e crocieristico proposta dalla Royal Caribbean. “Chi conosce il mare sa che è una follia”, dice Renato Barucca, 85 anni, mentre si sistema il cappello da comandante. Come la costa dietro di lui, ha la pelle erosa dal lavoro lento e invisibile di vento, sole e tempo. Pesca in queste zone da quando, ancora bambino, rubava la bici del padre per correre al faro con la canna in spalla. Indica un gozzo più avanti e dice sicuro: “Anch’io, che ho la barca più piccola del porticciolo, sono rimasto più volte insabbiato, figuriamoci una nave che pesca nove metri sotto, non ci passerà mai”.

Gli attivisti del collettivo No porto, che si battono contro le speculazioni edilizie sul litorale, hanno salutato la messa all’asta dell’area protestando con una valigetta piena di finti contanti, una cravatta e un cartellone con scritto “Svendesi”, per chiedere la revoca della concessione e la riqualificazione pubblica. “Questo posto era di tutti e ora diventerà solo di qualcuno”, sospira Emiliano Bovo, 47 anni passati tra Fiumicino e Ostia, costeggiando i bilancioni. Così si chiamano le palafitte da pesca che, finite per lo più in disuso, fanno del luogo un set cinematografico naturale. Non a caso, nel giugno del 2022, la via è stata intitolata a Claudio Caligari, regista di Amore tossico e Non essere cattivo.

Nel 2013 alcuni membri del collettivo hanno occupato uno dei bilancioni abbandonati “per creare un’alternativa alla speculazione”, spiegano Bovo e Luigi Giambra detto Gigi, due tra i primi militanti del collettivo. “In mancanza di veri spazi sociali la gente si prende la strada. Abbiamo deciso che il posto era di tutti e non più solo di qualcuno o abbandonato”, dice Bovo. Anche Giambra si mostra orgoglioso: “Abbiamo creato un polo culturale autogestito, dal basso, da cui nessuno ha mai tratto profitto, organizzando eventi di poesia, cinema, teatro, cucina”. Tra le varie attività c’è la scuola di vela popolare Velisti antagonisti e radio Risacca, un’emittente online che trasmette live dal bilancione.

Entrambi ricordano quando si tuffavano da qui in mutande. Era un rito di passaggio, dicono, che ora non esiste più: dove una volta schizzavano gli amici, le correnti deviate hanno creato una spiaggia. La causa dell’insabbiamento progressivo è un molo di 800 metri mai concluso, eredità del fallito porto della Concordia. Nel 2010 infatti, la regione Lazio aveva rilasciato una concessione, della durata di 90 anni, per la costruzione del “più grande porto turistico del Mediterraneo”: un’opera da 400 milioni di euro che avrebbe ospitato circa 1.500 imbarcazioni. Solo due anni dopo però l’area è stata messa sotto sequestro a causa di un’inchiesta della magistratura che vedeva coinvolto, con l’accusa di truffa nelle pubbliche forniture, Francesco Bellavista Caltagirone, responsabile di Iniziative portuali, la società che aveva ottenuto l’appalto.

A dieci anni di distanza la stessa concessione è stata messa all’asta, perdendo di valore. La Royal Caribbean se l’è aggiudicata per soli 11 milioni e 450 mila euro: una spesa minima per l’azienda, considerando che la costruzione di una sua nave costa 1,4 miliardi di dollari. “Noi scherzando dicevamo: ora se si abbassa un altro po’ il prezzo, mettiamo dieci euro a testa”, sorride Jacopo Salustri, trentenne di Ostia attivo anche lui nel collettivo del bilancione. Sorseggiando il caffè, aggiunge: “Le persone qui non percepiscono affatto l’impatto che un’opera come questa avrà sulle loro vite”.

Per visualizzare questo contenuto, accetta i cookie di tipo marketing.

Sopra il bancone del bar davanti al vecchio faro la scritta free love accompagna l’annuncio di vendita di un’imbarcazione da diporto. “Secondo stime dell’Unione europea, una sola nave inquina come 14mila automobili”, dice preoccupato David di Bianco, portavoce dei Tavoli del porto. Il dipartimento di epidemiologia della regione Lazio ha stimato che a Civitavecchia, cittadina del litorale laziale dove attualmente attraccano le navi da crociera, la popolazione residente entro 500 metri dal porto è soggetta a un incremento di mortalità del 31 per cento per tumori al polmone. Ma a Fiumicino, cresciuta negli ultimi decenni grazie all’aeroporto, le grandi opere vengono percepite come positive da molti cittadini.

Flavio Gullacci, gestore del ristorante di pesce Il vecchio faro, alza la voce per sovrastare il volume dei tavoli immersi nella cornice del pranzo domenicale: “Beh, sono posti di lavoro. Ci sarà più turismo e quando scenderanno si fermeranno qui”. Mentre dietro di lui una cameriera passa con due piatti di pasta alle vongole, aggiunge: “So che tantissimi non vogliono il porto, ma è tutto degradato. A questo punto…”. Lungo la costa le strutture abbandonate ospitano cumuli di spazzatura e il cantiere fantasma ha lasciato sulla sabbia grossi scheletri di macchinari costruiti solo a metà. Il paesaggio perfetto per un film distopico.

“È la strategia del degrado”, sostiene Martina Pierdomenico, ricercatrice residente a Fiumicino: “Lo spazio è stato lasciato a se stesso di proposito, per rendere poi inoppugnabile la promessa di riqualificazione, sia pure con il grande compromesso di renderlo privato e inaccessibile ai suoi stessi cittadini”. In questo modo, spiega la ricercatrice, il comune ottiene dalla Royal Caribbean finanziamenti per i lavori pubblici. L’azienda, infatti, a seguito della Conferenza di servizi preliminare del ministero dell’ambiente, ha promesso un investimento complessivo di oltre 350 milioni di euro per potenziare le infrastrutture pubbliche dell’area.

La Royal Caribbean attualmente ha ottenuto la concessione sulla base del vecchio progetto del porto della Concordia, può perciò costruire un porto senza l’attracco per grandi navi. Cambiando la destinazione d’uso da porto turistico a porto commerciale e crocieristico, il piano dovrà passare per diverse procedure amministrative. L’intenzione dell’azienda di realizzare una banchina per transatlantici violerebbe la legge 84 del 1994 che attribuisce allo stato la funzione di collocare i porti commerciali e turistici. “Manca il benestare dell’autorità portuale, l’ente di competenza, che ha scelto Civitavecchia per la funzione di attracco per le navi da crociera”, spiega il vicesindaco di Fiumicino, Ezio di Genesio Pagliuca. “Di solito il privato può solo comprare l’attracco, non tutto il porto. È come se la Ryanair si costruisse un aeroporto”. Per Pagliuca, tuttavia, bisogna trattare con i nuovi proprietari per definire in accordo i dettagli del progetto e ottenere la ristrutturazione del faro e dei bilancioni.

Un impianto per la produzione del cemento abbandonato sulla spiaggia dal 2011, eredità del cantiere del porto della Concordia. Fiumicino, maggio 2023. (Marianna Gatta)

Un progetto di riqualificazione alternativo ci sarebbe ed è quello dell’architetta Barbara Serpietri che collabora con i Tavoli del porto: “Vogliamo restituire il luogo alla fruizione dei cittadini senza alterarne i tratti storici e identitari”. L’architetta immagina l’integrazione dei tre sistemi costieri: le abitazioni, l’area storica del faro e la natura circostante, mentre il porto della Royal Caribbean prevede una barriera verde che lo isoli dal contesto urbano. L’isolamento è una delle paure più sentite dagli abitanti del luogo. Questo territorio, spartito storicamente tra imperatori, famiglie nobili e papato, è stato per lo più sfruttato come area di servizio per Roma. “Porti, aeroporti, centri commerciali, luoghi per il passaggio in massa di merci e persone. Chi vive qui resta schiacciato dalle grandi infrastrutture. Invece di altre opere private, ci sarebbe bisogno di una stazione ferroviaria cittadina, che non esiste più dai primi duemila”. Dal bilancione non si vede più il sole cadere nel mare, coperto dal molo di Caltagirone, e Martina Pierdomenico ha l’aria stanca: “Siamo un crocevia, una terra di passaggio, via aria, via terra, via mare, a Fiumicino si passa e non si resta. E noi che rimaniamo?”.

Da sapere
L’impatto economico e ambientale delle crociere

◆ Anche se l’emergenza covid-19 ha determinato una decrescita nel settore crocieristico, le previsioni del Cemar agency network rilevano che al termine del 2022 sono stati circa 8,8 milioni i turisti passati dai porti italiani, un aumento del 340 per cento rispetto al 2021. Lo sviluppo economico del settore si sta quindi riprendendo, per tornare ai livelli pre pandemia: una ricerca del 2018, che prendeva in esame Costa Crociere, valutava un impatto di 2,6 miliardi di euro sui mercati europei, con la creazione di 63.084 posti di lavoro. Tuttavia la maggior parte degli introiti per i paesi coinvolti proviene dalla gestione dei cantieri navali e dall’occupazione del personale impiegato a bordo, non dal turismo. La ricerca Environmental and human health impacts of cruise tourism: a review pubblicata nel 2021, evidenzia che tra i miti da sfatare c’è quello che vedrebbe una popolazione locale arricchita dall’indotto. “Il cliente delle crociere, sulla terraferma spende meno del normale turista”, spiega Lora Fleming, una delle autrici: “Tende infatti a rimanere nella sua bolla di comfort, acquistando prodotti e servizi offerti dalla compagnia navale, che di solito sono inclusi”. Confrontando più di duecento ricerche precedenti sulla salute delle persone e sull’impatto ambientale delle navi da crociera in Europa, lo studio dimostra che una sola imbarcazione inquina come 12mila automobili, mentre un pernottamento a bordo consuma 12 volte più energia rispetto a un soggiorno in hotel. Civitavecchia, il più grande scalo del Tirreno, è al quarto posto della classifica europea dei porti crocieristici più inquinati: con 76 navi che vi stazionano per 5.466 ore l’anno, emette 22.293 chili di ossido di azoto (quasi 55 volte la quantità di quelli prodotti dalle 33.591 auto circolanti in città) e 500.326 chilogrammi di ossido di zolfo (pari a 381 volte quelli emessi dai veicoli circolanti).


Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it