Cultura Suoni
Crawler
Idles (Tom Ham)

In cinque anni e quattro dischi gli Idles si sono imposti come uno dei gruppi rock più interessanti in circolazione. La voce di Joe Talbot è ancora sfrontata e malconcia, proprio come quelle di Gang of Four, Bauhaus e Fear, padri fondatori del post punk europeo. Con Crawler però la band ha deciso di diventare un po’ più accessibile per gli ascoltatori meno affezionati. La sostanza è sempre lì, ma il gruppo, invece che urlare, si dedica a una ricerca attenta alla narrazione. Il quintetto britannico abbraccia così la parte tranquilla delle sue tendenze hardcore, realizzando un album che riflette su temi come la dipendenza, la malattia mentale e il successo. Ad affiancare gli Idles stavolta c’è Kenny Beats, compositore e produttore statunitense che dopo i traguardi raggiunti con i rapper Denzel Curry e Vince Staples affronta una nuova sfida. Il suo tocco si sente dappertutto, come negli impulsi elettronici e nella voce distorta di Progress o in The wheel, dove punta verso nuove vette di ferocia perfino per gli standard della band di Bristol. Ma è impossibile apprezzare la grandezza dell’album senza partire dal singolo The Beach­land ballroom, che prende il titolo dall’omonimo locale di Cleveland. In questo brano Talbot parla delle sue performance sul palco da due prospettive diverse, descrivendole come attacchi di panico o come momenti esaltanti. Canta: “Potevano sentirmi urlare per chilometri / Il silenzio che risuona per giorni” su un’unica nota suonata con il piano. Crawler parla d’imperfezione e guarigione. È una nuova gemma per il rock che non ha mai paura di affrontare paure ed emozioni.

Matt Mitchell,
Paste Magazine

Flying dream 1

Si è sempre tentati di accogliere i nuovi album degli Elbow con un po’ di indifferenza: eccoli, con la solita incantevole sincerità romantica, la commozione, la sperimentazione gentile e il pop espansivo. Ma sarebbe un errore pensare che i loro dischi sono tutti uguali. Se Giants of all sizes, uscito nel 2019, li aveva spinti ancora di più nelle realtà cupe del mondo moderno, Flying dream 1, registrato durante la pandemia al Theatre Royal di Brighton, li rimette in una bolla più dolce. Scorrono ricordi d’infanzia (nel brano che dà il titolo al disco e in Calm and happy), riflessioni sulla bellezza della vita (What am I without you, dove si sentono echi del disco The seldom seen kid) e dichiarazioni d’amore da adulti (The only road). Il lirismo di Guy Garvey, il leader della band di Manchester, è elevato dalla complessità della musica, dei clarinetti, dei cori e delle tastiere da chiesa che sussurrano attraverso gli spiragli di queste canzoni, provocando un bel fermento emotivo.

Victoria Segal, Mojo

Lee “Scratch” Perry’s guide to the universe
New Age Doom (We Are Busy Bodies)

Dalla sua scomparsa, avvenuta ad agosto, ci sono stati molti tributi commoventi al genio visionario di Lee “Scratch” Perry, scritti da persone che conoscevano il musicista giamaicano molto meglio di me. Quindi mi limito a dire che uno dei progetti finali di Perry, questa collaborazione con gli sperimentatori canadesi New Age Doom – il cui eccellente album Himalayan dream techno è stato un successo nascosto del 2020 – è una testimonianza della creatività sconfinata e dell’irrequietezza di quel grande uomo. Combinando parti di basso e drone music con i tipi di eco e riverbero che hanno attraversato gran parte della produzione di Perry, ogni brano di Lee “Scratch” Perry’s guide to the universe è un colosso ribollente, su cui la voce di Perry ha ampio spazio per predicare, incantare e comandare.

Luke Cartledge, Loud and Quiet

Ljapunov: 12 studi d’esecuzione trascendentale

Florian Noack è un acceso sostenitore dei lavori per pianoforte di Sergej Ljapunov (1859-1924). Ora affronta il suo magnum opus, i 12 studi d’esecuzione trascendentale. Anche se ogni tanto hanno somiglianze stupefacenti con gli studi di Liszt, nei confronti dei quali Ljapunov dichiara il debito già dal titolo, sono lavori profondamente russi, tanto per l’atmosfera quanto per l’ombra di Balakirev che aleggia spesso su di loro. Dopo l’inizio tutto dolcezza e cantabile del primo studio, Berceuse, Noack dimostra un virtuosismo straordinario già nello scintillio del secondo, Rondes des fantômes, e da qui rimane sempre all’altezza delle sfide della partitura. È una registrazione che nella comprensione di questi studi va più a fondo delle altre, comunque eccellenti. Dopo la storica versione di Louis Kentner, questa epopea pianistica non è mai stata servita così bene.

Bertrand Boissard, Diapason

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1437 - 26 novembre 2021

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