Cultura Suoni
How is it that I should look at the stars
The Weather Station (Brendan George Ko)

I grandi album spesso hanno un impatto forte sugli ascoltatori perché sono unici. Raramente gli artisti tentano di dare seguito a lavori davvero riusciti con dei dischi gemelli. Vengono in mente Depression cherry e Thank your lucky stars dei Beach House, usciti nel giro di pochi mesi. O i Big Thief, che hanno pubblicato U.F.O.F. e Two hands nello stesso anno solare. Ora Tamara Lindeman, la cantautrice dietro al progetto The Weather Station, ha dato seguito al suo opus magnum, Ignorance, con How is it that I should look at the stars. In realtà non è necessario aver ascoltato Ignorance per apprezzare pienamente il potere seducente di questo lavoro, perché sono molto diversi tra loro. Se il primo era elegante, raffinato e con una produzione ricca, il secondo è intenso e intimo. Endless time, il cuore emotivo dell’album, riassume il motivo per cui questi brani funzionano. La morbidezza, la bellezza delicata e la nostalgia struggente colpiscono profondamente. Spesso viene in mente Joni Mitchell, specialmente nel brano di apertura Marsh. Ma se avete seguito la carriera di Lindeman, questa non è una sorpresa.
Ross Horton, MusicOHM

Donda 2

In un mondo in cui i fan hanno aspettato quasi cinque anni per il seguito di Damn di Kendrick Lamar o quasi vent’anni per un disco solista di André 3000, c’è stato qualcosa di stranamente catartico nella pubblicazione di Donda 2 di Ye, precedentemente noto come Kanye West. È arrivato senza aspettare che la polvere si depositasse sul suo predecessore, arrivato in cima alle classifiche. Ma V2.22.22 Miami, come si chiama l’attuale versione del nuovo album, è un lavoro incompiuto. Al momento è disponibile solo sul dispositivo Stem Player, creato dallo stesso Ye, dove gli ascoltatori possono manipolare i brani a loro piacimento. Questo li rende una parte del processo creativo di Ye: un’idea coinvolgente, anche se il prezzo di 200 dollari dello Stem Player è alto per l’ascoltatore medio. Lo stesso Stem Player è un prodotto innovativo, un altro esempio del talento pionieristico di Ye: la musica di Donda 2 invece lo è meno. L’album è in gran parte ispirato dal divorzio da Kim Kardashian. Ye non è felice, lo ammette lui stesso. Il risultato è una musica che, nel bene e nel male, cattura questo momento, anche se West non ha per le mani delle vere hit e non raggiunge mai il livello a cui ci ha abituato.
Riley Wallace, Exclaim

Painless
Nilüfer Yanya (Ato Records)

Il secondo album di Nilüfer Yanya di certo non è privo di dolore, a differenza di quello che suggerisce il titolo. Stavolta la musicista angloturca non espone i suoi sentimenti senza limiti; sempre piena di passione, come nel debutto Miss Universe, ma con una sterzata verso l’ansia e la paranoia. La maturazione di Painless si traduce nel perfezionamento della sua estetica che rinforza la narrazione. Yanya scava di più nella sua vita personale e crea tanti piccoli mondi pop, gli stessi che si vedono nel collage della copertina. Questa crescita coincide con The dealer, un pezzo dance rock robusto; nonostante l’uso dell’elettronica, il suono di Painless è caldo, come dimostra anche Midnight sun, una canzone di protesta intima, melodica e rumorosa allo stesso tempo. Che le parole provengano da un’esperienza personale o no, Yania è capace di connettersi con il suo pubblico come pochi altri musicisti sanno fare oggi. La musica pop non risolverà i problemi del nostro mondo, ma se ascoltiamo attentamente Painless troveremo un rifugio sicuro, dove regnano pazienza, stabilità e voglia di non arrendersi. Proprio quello di cui abbiamo bisogno.
Tim Sentz, Beats Per Minute

Bartók: concerto per orchestra; musica per percussioni, archi e celesta

È da decenni che non esce un album così riuscito con questi due iconici lavori di Béla Bartók. Di solito se uno è molto ben riuscito, l’altro no. Qui sono tutti e due fantastici. Cominciate con la musica per percussioni, archi e celesta. Nessuno (tranne forse Fritz Reiner, 1958) cerca di farla durare esattamente quanto raccomandava l’autore, poco più di sei minuti per movimento: sono tutti più lenti, a volte davvero troppo. Mälkki suona perfetta. E anche nel concerto: la cosa più chiara che posso dire è che si sente una vera collaborazione tra orchestra e direzione. Non c’è niente che non sia di un livello assoluto. La Bis ha registrato tutto con un suono straordinariamente presente. È un disco eccezionale.
David Hurwitz, ClassicsToday

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1451 - 11 marzo 2022

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