Cultura Suoni
This is a photograph
Kevin Morby (Chantal Anderson)

Di sicuro oggi non c’è carenza di cantautori che attingono alla grande tradizione americana. Troppo spesso però si sente la differenza tra chi possiede un’ispirazione naturale e chi è un semplice imitatore. In passato la carriera di Kevin Morby poteva essere collocata nella seconda categoria: la qualità c’era, ma Morby non sferrava mai pugni dove fa veramente male. This is a photograph cambia tutto. Il musicista texano si è ritrovato a sfogliare foto d’infanzia in seguito a problemi di salute all’interno della sua famiglia. Così ha scavato nella sua storia personale, riflettendo sullo scorrere del tempo. Ne è nato uno di quei rari album che partono bene e riescono solo a migliorare canzone dopo canzone. I suoi maestri (Lou Reed, Leonard Cohen, Bob Dylan) riecheggiano di continuo e la città in cui è stato registrato il disco, Memphis, offre un’ambientazione perfetta per sprazzi di soul e rock’n’roll. Per un album registrato con vari collaboratori, c’è un sentimento unitario, come se fosse suonato dal vivo. Ma prima dell’energia di Rock bottom c’è spazio anche per un dittico ipnotico dalle tinte seppia formato da Disappearing e A coat of butterflies (con Makaya McCraven alla batteria), entrambe infestate dalla morte di Jeff Buckley, affogato nel Mississippi nel 1997. Morby devia dai temi dominanti solo per un’ode alla sua compagna Katie Crutchfield, in arte Waxahatchee. Il disco si chiude davanti a un falò con Goodbye to good times, in cui il musicista canta “non li fanno più così”, riferendosi ad artisti come Tina Turner e Otis Redding. Quando This is a photograph vi avrà catturato (e lo farà), penserete che invece alcuni li fanno ancora così.
Janne Oinonen, The Line of Best Fit

Harry’s house

Con Fine line nel 2019 Harry Styles aveva tentato di reinventarsi come un camaleonte alla Bowie. Ma, se quell’album si dilettava con i suoni e l’estetica del folk e del pop degli anni settanta, il seguito Harry’s house si sposta verso gli anni ottanta, attingendo alla new wave e al synth pop e ricoprendo gli arrangiamenti di lucentezza. I suoni del synth pop sono predominanti in brani come Daydreaming e Satellite. Anche se è bello ascoltare gli stili del passato che abbracciano quelli più contemporanei, il risultato finale è poco profondo, come se gli elementi fossero stati semplicemente messi insieme durante il mixaggio. Inoltre diverse canzoni sono deboli, sicuramente non dello stesso calibro di Adore you o del singolo principale As it was. Harry Styles sarà sicuramente un punto di riferimento nel mondo della moda, ma in questo disco sembra intento a provare stili diversi nel tentativo di trovare il suo.
Thomas Bedenbaugh, Slant

Hypnos
Ravyn Lenae (Quil Lemons)

Non è un segreto che siamo in una sorta di epoca d’oro dell’rnb. Un gruppo di artisti ha ridefinito il genere, innovando le tecniche di produzione e mescolandole con le radici profonde della tradizione statunitense. Eppure, anche in mezzo a questo campo affollato, la cantante di Chicago Ravyn Lenae offre qualcosa di diverso, carico di un’energia molto personale. Il nuovo album Hypnos, che si apre con Cameo – una canzone che sembra un omaggio all’omonimo gruppo electro-funk degli anni ottanta – è caratterizzato dalla forte dedizione creativa di Ravyn. Come collaboratori la cantante ha scelto alcuni dei migliori in circolazione: da Kaytranada a Steve Lacy, da Smino a Fousheé. Questo disco d’esordio è un progetto complesso e sfaccettato.
Robin Murray, Clash

Bacewicz: pezzi per pianoforte

Questo disco piacerà sia ai seguaci della letteratura per piano meno popolare sia agli appassionati di musica del novecento. Grażyna Bacewicz (1909-1969) era un’ottima compositrice e, anche se le sue opere per violino restano le più note, aveva una grande sensibilità per la sonorità e i colori del pianoforte. Tutta la musica di questo bellissimo album merita di essere conosciuta. Come ogni autore polacco che si rispetti, Bacewicz segue le tracce dei suoi più celebri predecessori, Chopin e Szymanowski su tutti. Ma nel mix alla base dei suoi lavori riesce a mettere anche la sua personalità, sempre vigorosa. In particolare le due sonate sono di grande effetto. La seconda era la sua opera per piano preferita ed è già stata registrata molte volte, in particolare da Krystian Zimer­man, ma Peter Jablon­ski non teme nessuna concorrenza. Prendete questo album e ascoltatelo subito tutto: non avrete un attimo d’incertezza nel vostro entusiasmo.
David Hurwitz, ClassicsToday

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1462 - 27 maggio 2022

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