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In fuga uno degli attentatori di Bruxelles

Tre attentatori sono stati identificati. Ibrahim el Bakraoui e Najim Laachraoui si sono fatti esplodere all’aeroporto di Zaventem. Khalid el Bakraoui, fratello di Ibrahim, si è fatto esplodere nella stazione della metropolitana Maelbeek. Un quarto terrorista presente all’aeroporto di Bruxelles, non ancora identificato, è in fuga. Negli attentati del 22 marzo sono morte 31 persone, i feriti sono 270.

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Gli attentati di Bruxelles nascono dalla guerra in Siria

Due donne ferite nelle esplosioni all’aeroporto Zaventem di Bruxelles, il 22 marzo 2016. (Ketevan Kardava, Georgian public broadcaster/Ap/Ansa)

La verità è che il terrorismo che ha colpito Bruxelles il 22 marzo, dopo la Francia e altri paesi nel passato recente, non finirà in tempi brevi. Ma è altrettanto vero che non durerà in eterno, perché la mobilitazione delle forze di polizia e l’orrore che ispirerà nella gente finiranno per prevalere.

È accaduto alla banda Baader-Meinhof in Germania, alle Brigate rosse in Italia e al Fronte islamico di salvezza in Algeria. Il problema è che queste battaglie sono state lunghe e dolorose (ben dieci anni in Algeria) e inoltre questa nuova ondata di attentati terroristici potrebbe prolungarsi ulteriormente perché non è ideologica, o comunque lo è molto poco.

Anche se religiosa, l’ideologia finisce infatti per scontrarsi contro la realtà, mentre lo Stato islamico (Is), l’organizzazione che è all’origine di questi attentati, è il frutto di un progetto politico nato dal caos del Medio Oriente.

L’eterno scontro tra sciiti e sunniti

L’Is è il risultato di un’improbabile fusione tra due forze sunnite estranee l’una all’altra. Da una parte ci sono gli estremisti islamici siriani che Bashar al Assad ha fatto liberare nel 2011 – sei mesi dopo le prime manifestazioni contro il regime – per devastare un’opposizione ancora dominata da laici e democratici. Il regime siriano ha concentrato i suoi attacchi contro l’opposizione risparmiando i jihadisti, che sono diventati una forza su cui il regime contava per poter dire al mondo “l’alternativa è tra noi e loro” e successivamente sconfiggerli.

Da un punto di vista cinico, il calcolo era ragionevole, ma questi fanatici hanno rapidamente trovato alleati di peso tra gli ex ufficiali iracheni cacciati dall’esercito (in quanto sunniti) dalla maggioranza sciita a cui l’intervento americano aveva consegnato il potere a Baghdad. Questi ufficiali non avevano un orientamento religioso, ma hanno scelto di allearsi con i jihadisti siriani per creare uno stato sunnita a cavallo tra Iraq e Siria.

Lo Stato islamico ha un obiettivo chiaro: creare un califfato sunnita esteso fino all’Africa

E così l’Is ha trovato l’appoggio dei paesi sunniti, decisi a contrastare l’Iran sciita. Il gruppo Stato islamico è uno degli elementi del rimescolamento in corso in Medio Oriente, e gli attentati che mette in atto reclutando poveri imbecilli a cui offre una ragione di esistere hanno un obiettivo chiaro e razionale. Il terrorismo veicola un messaggio: “Smettete di attaccarci. Smettete di allearvi contro di noi e lasciateci costruire il nostro stato”.

È un ricatto a cui non bisogna assolutamente cedere, perché questa gente sogna di stravolgere tutte le frontiere per creare un califfato sunnita che si estenda fino all’Africa.

Queste persone rappresentano un pericolo per il pianeta. Bisogna combatterle, ma al contempo bisogna rendersi conto che, fino a quando il conflitto siriano non sarà stato risolto e non sarà trovato un nuovo equilibrio tra le diverse potenze e comunità del Medio Oriente, sbarazzarsi dell’Isis e mettere fine agli attentati sarà un processo lungo e difficile.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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